Arriva il via libera da Roma alla centrale A2A di Monfalcone, superato il carbone si passa al metano ma si raddoppia tutto. Allarmati gli ambientalisti

Il Ministero per la transizione ecologica ha espresso un giudizio positivo di compatibilità ambientale per il progetto di modifica della centrale termoelettrica A2A-Energie future di Monfalcone. Verranno dismessi gli impianti a carbone che lasceranno il posto al gas metano, con un sensibile incremento di potenza. In particolare dagli attuali 330 MW infatti si passerà a 860 MW  con due impianti, uno base a turbogas da 579 MW a cui si affiancherà un generatore di vapore a recupero che alimenterà una turbina a vapore per ulteriori 280 MW.  Nel decreto sulla valutazione di impatto ambientale l’alimentazione è prevista a gas metano ma un’ipotesi progettuale integrativa di A2A introduceva una quota variabile di idrogeno che verrà definita successivamente ma su cui però non vi è alcuna certezza e sembra stata inserita con lo scopo di quietare le proteste ambientaliste. Ma queste non solo non hanno apprezzato ma  evidenziano che l’incremento di potenza dell’impianto porterà comunque ad un aumento di CO2 nell’atmosfera, raddoppiando anche le emissioni di ammoniaca da 45 tonnellate annue a 100.  Anche l’amministrazione monfalconese con il sindaco Cisint esprime il suo rammarico, schierandosi con chi protesta e  affermando che il progetto di A2A non è un valore per il territorio trattandosi di una tecnologia energetica obsoleta che porterà ricadute negative anche in termini occupazionali. Ma è soprattutto Legambiente che sta alzando la voce e parla di “Approvazione della VIA per la centrale A2A  schiaffo per il Clima e per il territorio”. Il  Ministero per la Transizione Ecologica, spiega l’associazione ambientalista  “ha approvato la VIA per il progetto di trasformazione a gas naturale della centrale a carbone di A2A Energiefuture, dimostrando tutta l’inadeguatezza di un ministro che, a distanza di oltre sette mesi dal suo insediamento, si è distinto per l’endorsement all’agonizzante tecnologia nucleare, per aver espresso perplessità sulla mobilità elettrica e ora per dare il via libera a riconversioni a gas naturale. Un vero capolavoro! Indietro tutta, verrebbe da dire, con buona pace delle centinaia di migliaia dei giovani dei Fridays for Future, scesi in piazza pochi giorni fa per chiedere di fermare le emissioni di gas climalteranti. La drammatica situazione climatica, testimoniata ogni giorno da nuove tragedie causate da eventi climatici estremi (oltre 200 nei soli primi sette mesi di quest’anno!), il rapido espandersi delle tecnologie legate alle fonti rinnovabili di energia (Eolico off shore, Agrivoltaico, sistemi di accumulo elettrochimico sempre più efficienti) tenuti a freno a tutto beneficio delle lobby del petrolio e del gas, sembrano lasciare indifferenti coloro che dovrebbero imprimere una svolta decisa verso la decarbonizzazione.  Nel caso specifico di Monfalcone, A2A ha preferito adagiarsi su collaudate e obsolete modalità produttive piuttosto che creare nuove opportunità di sviluppo per il territorio. La politica non ha aiutato, divisa su una questione dirimente per la città e per la Regione stessa, le organizzazioni sindacali ancora meno, concentrati a difendere posti di lavoro senza proporre alcunché di nuovo, anzichè studiare un modello per creare ancora più occupazione”. Nel sito si sarebbero potute, aggiungono da Legambiente, sviluppare molte opportunità, come abbiamo proposto in questi anni: un Parco Fotovoltaico di alcuni MW di potenza installata e sistemi di acculo elettrochimico; un “Distretto industriale delle Rinnovabili e dell’Idrogeno”, dedicato alla produzione di componenti e sistemi per Fonti Rinnovabili e per la produzione di Idrogeno verde in collaborazione con imprese, università e centri di ricerca; impianti dedicati al recupero di materiali derivanti dalla differenziazione di quei rifiuti che hanno difficoltà a “chiudere il ciclo” per la mancanza di un bacino di produzione adeguato o hanno la necessità di trovare modalità di smaltimento efficienti e sostenibili (raccolta e trattamento dei Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche- Raee, massimizzando il recupero e la valorizzazione dei materiali).  Lo sviluppo delle attività portuali avrebbe, infine, favorito nuovi traffici e garantito un saldo occupazionale decisamente positivo”.  Naturalmente, l’autorizzazione del progetto non significa automaticamente la realizzazione dell’impianto, nel senso che, mentre la produzione di energia da combustibili fossili non ha più nulla da dire in termini di evoluzione tecnologica ed anzi potrebbe auspicabilmente essere ancora penalizzata da sistemi di tassazione della CO2, il settore delle rinnovabili e degli accumuli è in grande espansione ed a costi sempre più competitivi per cui resta la speranza di un ravvedimento tecnologico. Anche il M5s regionale si dice contrario al progetto e lo fa per bocca della consigliera regionale Ilaria Dal Zovo:  “Non condividiamo la scelta del Ministero per la Transizione Ecologica di esprimere giudizio positivo di compatibilità ambientale per la nuova mega centrale a metano di A2A a Monfalcone”. “In questi anni ci siamo battuti per la chiusura, e non per la riconversione, della centrale, presentando interrogazioni, chiedendo studi e analisi, avanzando le nostre osservazioni al progetto – continua la portavoce M5S -. Ci sarebbe piaciuto avere un appoggio in questo senso dalle altre forze di Governo, a partire dalla sottosegretaria all’Ambiente, Vannia Gava, ma evidentemente poco o nulla è stato fatto”. “Ci preoccupa l’emissione di sostanze inquinanti, con conseguenti rischi per la salute della popolazione monfalconese e delle aree limitrofe, da parte di una centrale a gas che peraltro in Friuli Venezia Giulia esiste già a Torviscosa – aggiunge Dal Zovo -. Riteniamo che questa zona abbia già dato molto in termini di imprese impattanti sul proprio territorio”. “Abbiamo sentito più volte parlare di un ‘green new deal’ in Friuli Venezia Giulia, ma poi nei fatti ci troviamo ancora oggi a occuparci di fonti fossili – conclude la consigliera regionale -. Non è questa la transizione ecologica di cui l’Italia ha bisogno”.