Democrazia italiana malata gravemente. Meloni novella femina accabbadora?

Questa mattina la nota agenzia di sondaggi Swg ha trasmesso un interessante report di sintesi post elezioni al centro fra l’altro le dinamiche del voto e il futuro governo. Ora se è vero, come evidenzia Swg che “l’esito delle elezioni politiche è stato piuttosto chiaro” è altrettanto veritiero che l’esito è stato condizionato dall’orribile legge elettorale che nessuno, pur potendo, ha voluto cambiare. L’esito ha premiato in termini di seggi in maniera sproporzionata chi era in coalizione rispetto a chi è andato al giudizio degli elettori colpevolmente “sparpagliato”. Il risultato, ma più ancora come si è arrivati a questo con liste decise dai capi-partito e creazione di manipoli o legioni di fedelissimi in tutto “l’arco costituzionale” sono stati l’ulteriore ferita ad una sistema democratico partitico che in realtà  della reale volontà dell’elettore si cura poco, cercando di incanalarla con cervellotici lacci, lacciuoli e “flipper” procedurali nei desiderata dei vari capibastone. La scusa è sempre la stessa, la mitica,  governabilità attraverso un maggioritario che in realtà per oltre un decennio, ha reso il paese ingovernabile producendo governi tecnici, governi contro-natura, o governi di salvezza nazionale. Ora viene visto con grande attenzione il ritorno del pallino in mano ad una maggioranza “politica” capeggiata dalla prima donna premier, votata, ci dice in una tabella Swg, per curiosità ma che ad una settimana dal voto genera in ordine di percentuale:  amarezza, speranza, paura, indifferenza, soddisfazione. La speranza da parte nostra è invece che Giorgia Meloni, che sta già verificando, come prima di lei  altri, l’inaffidabilità dei suoi soci di maggioranza, non finisca per essere una “femina accabadora” e che alla fine, la democrazia come l’abbiamo conosciuta, la butti in un fosso. Per chi non lo sapesse femina accabadora”  è termine sardo che letteralmente si può tradurre in  “colei che finisce”. La storia/leggenda narra della figura di una donna che si incaricava di portare la morte a persone di qualunque età, nel caso in cui queste fossero in condizioni di malattia tali da portare i familiari o talvolta la stessa vittima a richiederla. La leggenda narra che le pratiche di uccisione utilizzate dalla femina accabbadora variavano a seconda del luogo, ma con alcune caratteristiche comuni. La accabadora entrava  nella stanza del morente vestita di nero ( e questo visti i trascorsi ideologici di Giorgia ci potrebbe stare) per terminare il malcapitato (nel nostro la Costituzione nata dalla Resistenza),   tramite incruento soffocamento con un cuscino (bicamerale), oppure colpendolo con un colpo secco (di maggioranza d’Azione allargata)  sulla fronte o dietro la nuca tramite un bastone d’olivo. Comunque vada sono già in molti i “familiari” che anziché un ritorno curativo ad un proporzionale puro, preferiscono un presidenzialismo che ucciderebbe il nostro sistema per sostituirlo con uno più confacente alle logiche dell’uomo (o donna) forte al comando. Lasciando perdere suggestioni letterarie a tornando all’analisi del voto del 25 settembre scorso, appare interessante, ci dicono i sondaggisti “capire quali siano state le spinte emotive e i ragionamenti alla base delle scelte degli elettori”. “Fratelli d’Italia, spiga Swg, è uscito vincente dalla sfida elettorale principalmente perché ne è stata apprezzata la coerenza” facilitata da essere forza d’opposizione ovviamente ma “un merito notevole lo ha avuto Giorgia Meloni”. Questo dimostra ancora una volta come l’elettorato sia ancora attratto non dai programmi, ma dalla presenza del personaggio politico del momento che sembra dare affidabilità. E’ stato così fin dalla discesa in campo di Berlusconi, passando per Renzi e Salvini. Sappiamo poi come è andata, l’affascinamento dura poco, e in genere con questo parametro gli elettori prendono grandi cantonate. Difficile dire se per Meloni sarà eguale, lei furbescamente, sta cercando affermarsi come politicamente equilibrata ma il limite che appare chiaro, oltre alla presenza in coalizione del perdente Salvini che cerca comunque di affermare un suo ruolo personale minacciando di scappare con il pallone. Nell’ambito delle opposizioni, racconta ancora Swg “il PD ha avuto soprattutto il ruolo di argine alla destra e in parte è stato scelto per via della sua chiara impronta europeista”. Mentre il consenso del M5S, sul quale pendeva la spada di Damocle di un tracollo annunciato, è ormai in buona parte ascrivibile al leader Giuseppe Conte, unica cosa azzeccata dall’ormai in libera uscita Luigi Di Maio (dignitosamente scappato senza il pallone) è aver bollato il nuovo movimento come ” partito di Conte”, non capendo però, che quello che lui considerava quasi un insulto, è stato invece accolto dal popolo grillino, o almeno da una metà di questo, come elemento salvifico. Ridicolo atteggiamento  autoconsolatorio sventolar vessilli vittoriosi per aver “solo” dimezzato i voti. Ma si sa, chi si contenta gode. Dal canto la strana coppa Calenda-Renzi leader bifronte di  “Azione-Italia Viva, spiega Swg, è stata votata principalmente per i contenuti che ha trattato” e per l’appoggio, aggiungiamo noi, più o meno palese di forze per le quali è bene cambiare tutto per non cambiare niente, soprattutto la possibilità di fare profitti, compresi quelli “extra”, gente co altissimi redditi che hanno convinto molti di quelli con redditi bassi ma garantiti, che il nemico fossero i poveri, chapeau!.  “Un dato trasversale a tutti gli elettorati, conclude Swg, è che pochi hanno fatto la loro scelta in base ai candidati presenti nelle liste. Soltanto 4 su 10 conoscevano il candidato del collegio uninominale associato alla lista votata e a 6 su 10 era noto almeno un candidato della parte proporzionale”. Interessante è invece l’analisi per quanto riguarda gli astenuti. Sappiamo che una parte consistente dell’elettorato (45%) ha optato per il non voto soltanto negli ultimi giorni, il che significa che, oltre agli astensionisti convinti, il 16% del corpo elettorale era in qualche modo disponibile a votare ma alla fine non lo ha fatto. La ragione principale è che non ha trovato una forza politica di riferimento, ma occorre sottolineare che un terzo degli astenuti ha dichiarato di aver avuto impedimenti di vario genere.

Fabio Folisi