Giuseppe Conte è caduto, lo sgambetto di Salvini è riuscito. Ma a farsi male è stato il leader della Lega che rischia di essere marginalizzato all’opposizione

Il governo Conte è caduto ma a farsi male è Salvini che accecato dalla bramosia del potere non ha considerato come possibilità che in Parlamento qualcuno si ricordasse che la Repubblica italiana non è sistema maggioritario presidenziale, ma che l’attuale legge elettorale, prevalentemente proporzionale, (votata anche dalla Lega) presuppone la possibilità (e spesso la necessità assoluta) di trovare accordi e alleanze dopo il voto. In sostanza valgono i consensi e i seggi ottenuti da ciascun partito nel momento del voto reale che nel nostro caso è quello delle politiche del 4 marzo dello scorso anno. Il risultato finale resta incerto ma è possibile, se non probabile che Salvini invece di prendere il potere assoluto perda quello che aveva e finisca per essere marginalizzato all’opposizione e per di più con il caso Russia gate che incombe e nessuno scudo “ministeriale” che lo protegge. Insomma per lui potrebbe essere finita la pacchia. Quello che invece è certo che questa sera il presidente del consiglio Giuseppe Conte metterà nelle mani del Presidente della Repubblica il proprio mandato e si aprirà una fase, che dal Quirinale fanno sapere dovrà essere breve, di consultazioni, che non è detto portino alle tanto agognate da Salvini e Meloni nuove elezioni. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione (art. 1) recita la Costituzione che prevede che l’eventuale scioglimento anticipato delle Camere sia una prerogativa del Presidente della Repubblica (art. 88). Possibile invece che si formi una nuova maggioranza parlamentare. Del resto la Costituzione, prevede che la fiducia ad un Governo provenga da una maggioranza parlamentare (art. 94) e non da coalizioni elettorali, contratti o altre formule sprurie.
Spesso le forze politiche fingono di ignorare che nella Carta fondamentale stia scritto con chiarezza che ogni parlamentare rappresenta la nazione e svolge le sue funzioni senza vincolo di mandato (art. 67). Per questo così come quello fatto l’anno scorso fra M5S e Lega non era un inciucio non lo sarebbe oggi quello fra Pd, M5s e probabilmente Leu di cui si parla poco ma che potrebbe avere un ruolo di mediazione che va oltre il suo peso in seggi. Il Parlamento, come si può cogliere dal significato del termine, è il luogo in cui i rappresentanti eletti dal popolo sovrano si parlano e si confrontano con il compito di approvare leggi adeguate a rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo delle persone e l’effettiva partecipazione dei lavoratori (art. 3) e con la necessità di dare la fiducia ad un Governo capace di applicare con competenza le norme promulgate. Negli ultimi anni, sulla spinta degli ideali berlusconici si è insinuato il tarlo del maggioritario che però per funzionare deve necessariamente prevedere la bipolarità. Una bipolarità che in passato si era sfiorata ma mai consolidata probabilmente perchè lontana dalla concezione italica e frammentata della politica. Per questo chi invoca, quando è conveniente in base a sondaggi favorevoli, il ritorno alle urne come un diritto, dovrebbe sapere che è invece un dovere essere fedeli alla Repubblica e osservare la Costituzione e le leggi (art. 54). Salvini che in questi mesi della Costituzione ha spesso fatto carta straccia (vedi il decreto sicurezza bis) nel suo discorso di oggi al Senato ha dimostrato quanto fosse sopravalutato. Il suo intervento è stato un deludente ritornello propagandistico, un gonfiare i muscoli basato sui sondaggi e su tornate elettorali diverse per natura e base di votanti. Amministrative ed Europee non dimostrano nulla. Basta pensare al 40% preso da Renzi alle Europee e al successivo crollo alle politiche. Il discorso di Giuseppe Conte è invece stato molto efficace, nei fatti ha accolto tutte ce critiche che nei mesi sono state fatte al suo ministro degli Interni dalle opposizioni e dalla stampa, ma ha avuto il difetto di essere tardivo. Un difetto che molti interventi gli hanno fatto notare. Ora i nodi da sciogliere sono molti, uno è già stato tolto di mezzo dall’interessato, Matteo Renzi che come è noto è d’accordo con l’ipotesi di un governo Giallo-rosso si è detto fuori dalla possibile compagine di governo. Questo è certamente un primo elemento di chiarezza che non potrà non pesare nel dibattito.