I laureati in Italia nel 2024 secondo i dati del Rapporto di AlmaLaurea
Molto interessanti come sempre i dati diffusi dalla recente Indagine sul “Profilo dei Laureati 2024” di AlmaLaurea. Ancora una volta si rileva una forte differenziazione nella composizione per genere dei vari ambiti disciplinari, confermando la maggiore propensione delle donne a scegliere percorsi umanistici rispetto a quelli scientifici. L’indagine in particolare rileva come nel 2024, il 42,4% dei laureati abbia conseguito il titolo nella stessa provincia in cui ha acquisito il diploma di scuola secondaria di secondo grado e un quarto si sia spostato in una provincia limitrofa (25,3%): ne consegue dunque che il 67,7% dei laureati ha studiato al più nella provincia limitrofa a quella di conseguimento del diploma. Per quanto riguarda, invece, l’età alla laurea, per il complesso dei laureati nel 2024, è pari a 25,8 anni, con evidenti differenze in funzione del tipo di corso di studio: 24,5 anni per i laureati di primo livello, 27,1 per i laureati magistrali a ciclo unico e 27,4 per i laureati magistrali biennali. Mentre il voto medio di laurea rilevato tra i laureati del 2024 è 103,8 su 110, valore in tendenziale aumento negli ultimi anni (era 102,2 su 110 nel 2014). Anche quest’anno AlmaLaurea evidenzia il permanere dei forti divari nell’accesso all’istruzione di terzo livello, con i genitori dei laureati che sono più frequentemente in possesso di un titolo di studio universitario rispetto al complesso della popolazione di pari età.
I laureati con origine sociale elevata, ossia i cui genitori sono imprenditori, liberi professionisti e dirigenti, sono nel 2024 il 22,4% (20,9% fra i laureati di primo livello, 22,0% fra i magistrali biennali, ben il 32,2% fra i laureati magistrali a ciclo unico). Di converso, i laureati di estrazione sociale meno favorita, i cui genitori svolgono professioni esecutive (operai e impiegati esecutivi), sono il 23,2% (25,0% fra i laureati dei corsi di primo livello, 21,8% fra i laureati magistrali biennali, 17,4% fra i laureati magistrali a ciclo unico). Pur nella loro schematicità, questi dati evidenziano il peso dell’origine sociale sulle scelte e sulla possibilità di completare con successo un percorso di istruzione universitaria.
Per quanto riguarda le prospettive di lavoro, alla storica mobilità per studio/lavoro lungo la direttrice Sud-Nord, che continua a caratterizzare il nostro Paese, si affianca, oramai da diverso tempo, quella verso i Paesi esteri, che costituiscono un obiettivo al quale guarda un numero consistente di laureati, non solo per lo studio, ma anche come possibile meta lavorativa, in virtù delle migliori condizioni offerte generalmente negli altri Paesi. “La disponibilità a lavorare all’estero, si legge nel Rapporto, è dichiarata dal 45,4% dei laureati, quota inferiore di 3,4 punti percentuali (tra i laureati magistrali a ciclo unico raggiunge addirittura -10,9 punti percentuali) rispetto a quella registrata nel 2014 (era il 48,8%): dopo aver oltrepassato il 50% nel 2015, negli anni successivi si è registrata una contrazione, particolarmente evidente tra il 2020 e il 2023, per poi registrare una lieve ripresa nel 2024. Questa riduzione, già in atto prima della pandemia, è stata certamente rafforzata dalla diffusione dello smart working e più in generale dalla possibilità di svolgere attività di remote working dal proprio Paese di origine. Distinguendo per tipo di corso, tale quota è il 47,1% per i laureati di primo livello, il 38,4% per i magistrali a ciclo unico e il 44,7% per i magistrali biennali. I laureati più disponibili a lavorare all’estero sono quelli dei gruppi linguistico (56,8%), informatica e tecnologie ICT (53,6%), seguiti dai gruppi politico-sociale e comunicazione e ingegneria industriale e dell’informazione (rispettivamente 52,3% e 52,2%). Il 27,7% si dichiara addirittura pronto a trasferirsi in un altro continente”. (Fonte Almalaurea-Pressenza)