Le dieci opere che servono al Friuli – Venezia Giulia?

Alcuni giorni fa i presidenti delle Camere di Commercio della Regione, Paoletti e Da Pozzo, hanno presentato uno studio di Unioncamere sulle infrastrutture (ed altre opere) che vengono ritenute necessarie per dare più spazio economico alle attività che riguardano il territorio regionale. Tale elenco di 10 opere, pur rappresentando soprattutto una indicazione comunicativa collegata con l’evento del 2025 su Nova Gorica – Gorizia quale “capitale europea della cultura”, esprime una interpretazione di quanto le “categorie economiche” richiedano per il superamento di difficoltà oggi esistenti. Che poi le proposte possano essere realizzate tutte in occasione dell’avvenimento citato mi pare piuttosto illusorio.
Nove degli interventi identificati riguardano le ferrovie, i porti e il collegamento stradale della “pedemontana friulana” (Cimpello-Sequals-Gemona). Il decimo è relativo all’uso per l’agricoltura delle acque in uscita dalla centrale idroelettrica di Somplago. Di fatto l’asse di riferimento è l’adeguamento del sistema di trasporto, merci ma non solo, sia per quanto riguarda i traffici originati in regione che quelli di transito. L’attenzione principale è al sistema ferroviario ed alla sua implementazione soprattutto per quanto riguarda la intermodalità.
Il libro bianco di Unioncamere parte da una valutazione di massima che vede nel porto di Trieste e nella rete logistica collegata lo sviluppo dell’intero tessuto regionale e, pur nella logicità di gran parte delle richieste, da una certa impressione di squilibrio nella comprensione del quadro regionale nelle diverse dimensioni e caratteristiche che lo distinguono. Tuttavia val la pena entrare nel merito delle singole proposte cercando di capire non tanto la loro legittimità quanto l’attuale stato di discussione sulla loro procedibilità. Anche perché va rivista la cattiva abitudine di colpevolizzare sempre le “burocrazie” di bloccare tutto: quando ci si appella al modello Genova si fa pura propaganda. Un conto è rifare un ponte distrutto, altro è decidere una infrastruttura nuova.
Due sono le indicazioni che riguardano direttamente la Capitale Europea della Cultura Nova Gorica-Gorizia: il collegamento della linea Trieste-Gorizia-Udine con le ferrovie slovene grazie alla famosa lunetta verso Nova Gorica, e l’aeroporto di Merna da trasformare in “risorsa strategica europea”. Il primo intervento appare da tempo necessario e tuttavia richiama una questione mai affrontata seriamente: quella di una integrazione ampia dei sistemi ferroviari sloveno ed italiano sulla base di obiettivi definiti sia per il trasporto delle merci che per i passeggeri. Il secondo tema aeroportuale riguarda anch’esso una qualche collaborazione tra Italia e Slovenia di carattere industriale nel settore della mobilità aerea ma le lungaggini di molti anni fanno intendere che non ci sia una reale definizione concordata delle prospettive; e comunque una valutazione di impatto, per quanto mi consta, non è mai stata fatta.
Ma nell’elenco presentato vi sono due opere ben lontane dall’avere una definizione accettabile, anzi sono proprio al centro da lunghi anni di conflitti sociali ed ambientali.
La pedemontana friulana è stata dapprima pensata come superstrada Cimpello-Sequals-Gemona ed è naufragata in favore di una autostrada inserita nella programmazione e pianificazione regionale con una gara attuativa di una dozzina di anni fa andata buca per la evidente insostenibilità economica dl progetto. Il tutto in assenza di una valutazione (strategica ed ambientale) adeguata e per gli effetti ambientali addirittura richiamata da quanto fatto sul progetto primitivo venti anni fa. La Regione in questa legislatura si era impegnata alla costruzione di un quadro interpretativo aggiornato dei riferimenti trasportistici che giustificherebbero questa opera ma non mi pare si sia arrivati ad alcuna conclusione. Alcuni personaggi pordenonesi, e il coro delle rappresentanze di categoria ne amplificano l’eco, continuano a esaltare l’opera ma l’impressione è che si tratti di pura ideologia “padronale” fuorviante, un po’ come in campo energetico il nucleare e le trivelle in Adriatico.
Di piena attualità è invece la vicenda del Lago di Cavazzo e della gestione delle acque di scarico della centrale elettrica di Somplago. La richiesta delle Camere di Commercio è quella dell’utilizzo di queste acque per l’agricoltura con una immissione nel sistema di irrigazione e non con il ritorno all’alveo del Tagliamento. L’intervento non può essere escluso nella sua finalità ma la progettualità deve affrontare ulteriori problemi: il by pass dello scarico della Centrale rispetto al Lago di Cavazzo per risolvere i danni che vengono provocati al Lago stesso sia sul piano ambientale che su quello turistico, un sistema di accumulo e gestione delle acque recuperate per armonizzarle ai bisogni dell’agricoltura, gli effetti ambientali sull’attuale regime delle acque in uscita del Lago, e la possibilità che il nuovo sistema di gestione possa anche fungere da stoccaggio energetico con attività di pompaggio. E’ evidente che se non si è in grado di dare una risposta adeguata alla complessità del tema, rispondendo invece alla sola domanda di una categoria economica, prima o poi si va a sbattere su un muro e ci si schianta. Ma non è questione di burocrazia bensì di limiti progettuali.
Tra le ulteriori questioni giustamente non viene citata la III corsia dell’Autostrada Venezia-Palmanova che è comunque una opera in corso di realizzazione e dove forse i lunghi tempi di esecuzione sono legati proprio ad aspetti di “scelta” burocratica. Appare invece come fondamentale il “revamping” della linea ferroviaria Venezia-Trieste che ciclicamente rientra e scompare (ballano circa 2 miliardi di euro) dagli impegni di stato e ferrovie. Problemi di progettazione, magari qualche dubbio sul rapporto costi benefici dell’intervento, ma quello che colpisce è, da parte delle Camere di Commercio, la mancanza di attenzione verso un almeno altrettanto necessario “revamping” ferroviario: la Udine-Pordenone-Treviso-Mestre. Giorgio Cavallo