Licenziamenti profumerie Douglas: punta di un  iceberg ?

I licenziamenti presenti e futuri delle profumerie Douglas in FVG mettono in luce la fragilità del nostro sistema economico che fatica ad evolversi e sembra rimanere imprigionato in un capitalismo incapace di accorgersi della devastazione sociale in atto. Lo afferma in una nota il consigliere regionale Walter Zalukar:  “Dopo la crisi finanziaria del 2007-08 le moderne economie di mercato non hanno sensibilmente mutato i comportamenti, al di là di poche regole del mercato finanziario.  Il PIL continua ad essere di gran lunga il principale indicatore di successo anche se è ormai dimostrato che spesso dietro la crescita si nascondono grandi disuguaglianze con profitti per pochi e redditi verso il basso per molti.

Il COVID-19 ha inferto un duro colpo a diversi settori della produzione ed ha probabilmente accelerato la fine o il drastico ridimensionamento di realtà come la Douglas. Ma il punto è: siamo sicuri che la proprietà della Douglas abbia subìto un ridimensionamento del profitto? Ne dubito e credo, invece, che le vittime sacrificabili sono i lavoratori dei punti vendita. Si tratta di una situazione esemplificativa in cui grossi gruppi multinazionali che fanno capo a fondi di investimento devono rendere conto agli azionisti (e a ristrette cerchie di manager e amministratori delegati) e non al territorio e al capitale umano dove insiste la loro attività.
Situazioni come questa della Douglas si moltiplicheranno a seguito della pandemia e della contrazione dei consumi da essa ingenerata. I governi nazionali saranno chiamati sempre più spesso a difendere i cittadini e le economie locali da realtà finanziarie tentacolari sfuggenti quanto a responsabilità sociale ed esclusivamente attente ai dividendi. Sarà una lotta impari se non si corre ai ripari partendo proprio dalla messa in discussione di alcuni principi che sembrano immutabili.

Comincia a prendere forma, nelle università britanniche e statunitensi, un movimento di idee che contesta l’infallibilità della teoria economica neoclassica che affida al solo mercato l’organizzazione delle nostre vite. L’aspetto meramente teorico dell’equilibrio di quel mercato da raggiungersi, tuttavia, in condizioni “perfette”, si dimostra inadeguato a spiegare la complessità della realtà. Non si tratta di un movimento insurrezionale o, peggio, velleitario, ma di una presa di coscienza che muove i suoi passi dalle teorie “green” del Nobel per l’economia 2018 William Nordhaus.
La responsabilità sociale dell’impresa e diversi meccanismi di redistribuzione del valore creato dalle imprese da sole non bastano a scongiurare i licenziamenti delle multinazionali.

Se l’obiettivo diventa un sistema produttivo armoniosamente integrato ai territori e responsabile verso i suoi abitanti, la politica può fare la differenza. Ridurre l’egemonia della grande distribuzione e della grande concentrazione i cui centri direzionali e interessi sono rispettivamente lontani e divergenti da quelli del territorio di insediamento è un’azione fattibile di politica locale, anche comunale.
La pianificazione urbana, la concessione di licenze, la tassazione locale, i requisiti per la partecipazione alle gare d’appalto, sono solo alcune delle leve che un’amministrazione locale può muovere per favorire una migliore occupazione e uno sviluppo economico produttivo responsabilmente legato al territorio”.