Lotta continua a 10 anni dalla “primavera siriana”

Lotta Continua, detto che non si tratta né della formazione politica né del relativo giornale che aveva raggiunto una certa notorietà’ tra la fine degli anni ‘60 e quella dei ‘70, nonché partorito soggetti al suo interno che in seguito hanno spesso dimostrato che quella scelta era stata fatta piu’ in virtu’ di una certa tendenza temporanea che di una vera convinzione, cerchiamo di capire a cosa ci si riferisce. Ormai sono 10 anni dall’inizio della “primavera siriana” che da una iniziale posizione di protesta popolare e’ dopo poco sfociata in una vera e propria insurrezione armata organizzata e perpetrata da vari soggetti esterni che da tempo non aspettavano altro che un’occasione del genere per continuare a ridisegnare il Medio Oriente a seconda dei loro personali e diversi interessi. Ecco, da allora in Siria non c’e’ più stata pace e i diversi soggetti che si sono confrontati a forza di bombe, attentati, stragi e distruzioni di intere citta’ non hanno mai finito di darsele di santa ragione. Uno tende a pensare che in dieci lunghi anni la situazione possa (ir)ragionevolmente in qualche modo stabilizzarsi e che le cose possano prendere una direzione piu’ facilmente identificabile. Parrebbe invece che da quelle parti tutto succeda tranne che imporsi la normalizzazione. Certo, il governo ha ripreso possesso di buona parte del territorio che in precedenza aveva perso, l’Isis e’ stato militarmente sconfitto e non ha piu’ alcun controllo diretto del terreno.
La regione del Nord Est si e’ resa autonoma e il controllo dell’area e’ di competenza del SDF (Self Defence Forces), le locali forze armate composte principalmente da YPG e YPJ (forze di difesa popolare kurda, formazioni di uomini, YPG, e donne, YPJ) e altri combattenti facenti parte delle altre “etnie” presenti nel NES (North East Syria), principalmente arabi della zona a sud di Hasake.
La Turchia ha pensato bene di invadere una buona fetta della zona al confine tra, appunto, la Turchia e la Siria nella regione (Rojava) in cui I kurdi rappresentano la maggioranza della popolazione.
Rimane ancora sotto stretto controllo delle milizie armate “ribelli” la sacca di Idlib, la parte nord occidentale della Siria in cui HTS (Hayat Tahrir al Sham), cioe’ in pratica Al Qaeda; area che da tempo il governo di Damasco sta cercando infruttuosamente di riprendersi. Anche in questa regione il ruolo di Ankara e’ determinante ed i suoi rapport con HTS sono perlomeno ambigui. Naturalmente la situazione non e’ cosi’ fluida, ma riuscire a definirla con esattezza porterebbe ad un’analisi eccessivamente lunga. Basti dire che nella sacca ci sono i cosiddetti punti di osservazione create e presidiati dalle forze armate turche, ed oltre a HTS, ci sono altri gruppi e gruppuscoli sempre in sanguinosa lotta tra di loro per il controllo del territorio e delle conseguenti prebende.
Il sud della Siria, la zona di Daraa (dove inizialmente era partito tutto), Quneitra, e la zona rurale di Damasco e’ effettivamente governato da Damasco, ma in realta’ le attivita’ dei gruppi e delle milizie locali nei confronti delle forze armate, degli agenti della sicurezza e di coloro che nel 2018 sono passati all’interno dei ranghi delle forze armate governative, sono quotidiane e non passa giorno senza che qualcuno dei membri delle forze di cui sopra non venga assassinato o che check points delle SAA (Syrian Arab Army) vengano assaltati.
Inoltre, l’area di Al Tanf e’ controllata da altri gruppi di ribelli appoggiati dalle truppe USA presenti con una grossa base nella zona; andando ancora ad est, verso il desserto e Deir ez Zor, le attivita’ delle cosiddette cellule dormienti (che tanto dormienti non sono) dell’Isis si sono ringalluzzite, tanto che quotidianamente sono in grado di attaccare l’esercito di Assad da una parte, e le forze del SDF dall’altra.
Ci sarebbe poi da dire qualcosa sulle incursion dell’aviazione israeliana che tra il silenzio di tutti e in barba a tute le leggi internazionali, regolarmente bombarda l’esercito di Assad e le milizie sciite controllate da Teheran. Che poi ci scappi anche qualche morto tra i civili, vabbe’, si tratta di effetti collaterali.
In tutto cio’, come non bastasse, nell’ultimo periodo, le relazioni tra l’Amministrazione Autonoma del NES e il governo di Damasco (unica reale possibilita’ di collaborazione per immaginare un futuro per la Siria, ma che appare ancora troppo lontano) si stanno sfilacciando. All’interno del NES ci sono due “enclaves” sotto il controllo dei governativi, una ad Hasake che pero’ e’ letteralmente circondata dal SDF, e l’altra a Qamishlo (nel nord della regione) che gode di una maggiore autonomia in quanto confina con la Turchia e all’interno della quale c’e’ un aeroporto che consente i collegamenti diretti con la capitale.
In tutto cio’ non si puo’ dimenticare una piccola area nel nord ovest, Tel Rifaat, non lontana da Menbij, in cui si sono rifugiati principalmente i profughi cacciati da Afrin in seguito all’operazione “olive branch” (….) con la quale giusto 3 anni fa la Turchia occupava (e pensava bene di massacrare un po’ di gente) quell’area allora sotto il controllo dei kurdi. Ora anche Tel Rafiat risente degli stessi problemi di Hasake e Qamishlo, in quanto circondata da una parte dai piu’ stretti alleati di Ankara, FSA (Free Syrian Army) e SNA (Syrian National Army)e altri gruppuscoli armati, e dall’altra dalle truppe di Damasco. Detto che i rapporti con i “ribelli” sono per I kurdi impraticabili, l’unica possibilita’ di uscire dall’isolamento rimane il sud governato da Damasco.
Ed e’ qui che nasce il problema. La Russia che sta cercando di barcamenarsi all’interno di questo inestricabile groviglio e proporsi come principale mediatore al fine di trovare una soluzione per il futuro della Syria (che naturalmente preveda la garanzia dei propri interessi nella regione), prima dell’elezione di Biden a Washington poteva anche permettersi di imporre scelte ai Kurdi a cui veniva a mancare l’appoggio degli USA di Trump. Ora invece si trova in una posizione diversa e piu’ debole in quanto il nuovo presidente statunitense potrebbe anche cambiare posizione rispetto al suo predecessore e garantire un maggiore appoggio all’Amministrazione Autonoma del NES proteggendone il suo autogoverno.
Ecco, il risultato di questo ennesimo casino, e’ che da una parte Damasco (a Tel Rifaat) sta impedendo il movimento dei kurdi chiudendone le vie di accesso e di uscita, mentre SDF fa lo stesso ad Hasake e Qamishlo. Le zone maggiormente calde in questi giorni sono proprio queste e manifestazioni, repressioni delle stesse, e colpi di armi da fuoco esplodono ormai con continuita’ da circa una settimana tra le due fazioni. Per ora si tratta di fenomeni piuttosto contenuti, ma questa situazione non si capisce ancora bene dove possa portare. I russi per ora cercano disperatamente di mediare, ma anche oggi ci sono manifestazioni, accompagante da spari in tutte e tre le aree.
Insomma, niente di buono da segnalare, anzi. Sperando che si riesca a trovare una soluzione che mantenga il livello degli scontri ad un grado accettabile; in alternativa non si potrebbe altro che immaginare un’ulteriore escalation dell’ormai insostenibile livello di vita a cui da dieci lunghissimi anni questa gente e’ costretta a vivere. Popolazione che subisce una guerra la cui durata, fino ad oggi ben inteso, e’ praticamente pari alla somma delle prima e della seconda guerre mondiali.
To be continued…

Docbrino