Re-Harm Europe
No, non si tratta di un errore di battuta ma di una interpretazione più precisa di ciò che rappresenta quell’enorme idiozia proposta dall’Unione Europea che si chiama Re-Arm Europe. Un’idea che solo delle menti malate potevano partorire con tanta leggerezza. E attraverso una totale falsità nelle motivazioni e nello scopo. Un’Europa che trova la quasi unanimità solo in progetti assurdi che non faranno altro che aumentare i gettiti nelle tasche dei soliti noti e alleggerire ulteriormente, nemmeno ce ne fosse bisogno, quelli della maggioranza dei cittadini; i più poveri.
Cominciamo dalle motivazioni che ci vengono maldestramente appioppate; la necessità di spendere gli 800 miliardi di euro e/o di destinare fino al 5% del PIL nazionale in armamenti (non si capisce bene se la prima opzione elimini l’altra oppure meno) è dovuta all’imminente rischio di invasione da parte della Russia a scapito di alcuni, e poi di conseguenza di altri, Paesi dell’Unione Europea. Il fatto che le forze armate russe non siano neppure in grado di proseguire, se non in modo estremamente limitato, l’invasione dell’Ucraina, non pare porre dubbi sull’effettiva capacità di quell’esercito di imbarcarsi in ulteriori e disastrose avventure belliche. Che Putin e compari di merende abbiano la mente bacata e pensino, magari in modo più propagandistico che altro, di allargare l’area di influenza russa nel pianeta, non è esattamente una novità. Che questa politica abbia al momento portato grandi risultati tangibili è tutto da discutere; certo è che ci stanno provando anche se per ora si tratta prevalentemente di manovre tutte o quasi da verificare nel prossimo futuro. L’Africa pare essere il territorio sul quale avere maggiori interessi che però, come si diceva, hanno ancora bisogno di essere realizzati e radicati. Le esperienze mediorientali per ora non hanno riscontrato eccessivi successi, anche se in Siria le basi navali e aeree non sono state completamente abbandonate.
Insomma, tra le mire russe, l’Europa non pare rappresentare la priorità. Certo, se si tratta di limitare quelle che invece sono le pretese della Nato in Ucraina e Georgia, la faccenda prende risvolti differenti e Mosca lo ha dimostrato platealmente scatenando una guerra sanguinosa sfidando l’intero mondo occidentale che più che reagire convulsamente riempiendo gli arsenali ucraini di armi e di “consiglieri”, starnazzando sulla difesa dei diritti (semplicemente legittimi) inalienabili riconosciuti dalle leggi internazionali e dall’ovvietà, senza peraltro riconoscerli ad altri soggetti, non fa. Forse agendo diplomaticamente si otterrebbe, o si sarebbe ottenuto, qualche migliore risultato.
Nonostante l’evidente mancanza di elementi reali sulla minaccia russa, l’armata Brancaleone europea a quasi unanimità ha pensato bene di approvare una folle spesa per il riarmo; mica noccioline, ma ben 800.000.000.000 (scritta con tutti gli zeri risulta più evidente) di euro o se si preferisce il 5% del PIL di ogni Stato membro della Nato. Non si capisce bene da dove si tireranno fuori questi soldi, vista la non rosea situazione economica e la mancanza di buone notizie per il futuro, ma se si può ipotizzare una possibile fonte, non si può che pensare a tagli sulle spese sociali già ridotte all’osso. Oppure, come si sta già facendo, rinunciare all’unica proposta che avrebbe non solo senso, ma necessità di interventi immediati per evitare il peggio: gli investimenti sull’ambiente. Anzi, questi progetti e finanziamenti per la “riconversione verde” sempre promessi e mai realmente implementati, sono già stati rivisti e le date relative alle roboanti promesse rimandate sine die.
Ma a parte la follia di una spesa del genere, ci sarebbero alcuni particolari che non tornano. Come verrà spesa questa montagna di soldi? Che tipo di esercito dovrebbe essere realizzato? Siamo veramente, al di là dell’aspetto etico che se è permesso avrebbe pure la sua importanza, sicuri che questi finanziamenti andrebbero a produrre benefici dal punto di vista economico e sull’occupazione come si cerca di convincere l’opinione pubblica? Non pare che tra le ipotesi ci sia quella di arrivare ad un esercito unico e sovrannazionale, quanto quella di incrementare le spese per le varie forze armate nazionali che, messe assieme, già sono superiori a quelle della Russia. Dunque, al di là di tutto, serve davvero all’Europa un ulteriore incremento di quelle uscite? Ottimizzare quelle attuali sarebbe un’idea malsana?
Tornando poi all’economia di guerra e ai suoi presunti benefici, da chi pensiamo saremo costretti a comprare tutti questi armamenti? Dall’industria europea? Che a parte qualche prodotto di nicchia non può certo vantare un sistema pari a quello Usa o, nello specifico della “sicurezza” a quello di Israele? Di quanto tempo avrebbe bisogno l’industria europea per poter fronteggiare quella di oltre Atlantico? Inoltre, le armi hanno bisogno di essere sperimentate (quale miglior sistema se non quello di usarle in guerre di cui il pianeta abbonda, ma che possono sempre essere aumentate) e di essere aggiornate continuamente. Le armi, per avere un senso, devono essere usate e consumate, per poi essere rimpiazzate e rinnovate. Pensiamo a Gaza massacrata dalle bombe, da una quantità di ordigni esagerata ma necessaria per valutare l’efficacia degli armamenti.
È dunque questa veramente la nostra priorità?
Oppure, come sostiene anche in nostro governo, parte delle spese dovranno sostenere il sistema della sicurezza interna; magari facendo riferimento a quell’oscenità della legge recentemente approvata e immediatamente affossata dal massimo livello della Giustizia che l’ha bocciata sul merito e sul metodo, ma che i nostri ministri accanitamente vorrebbero riproporre?
Non sarebbe invece meglio e più proficuo anche in prospettiva di investimenti realmente “green” e non solo “green washing” che possono dare reali ritorni economici e rappresentano la vera urgenza visto cosa succede sempre più spesso al nostro unico pianeta? Inoltre ancora, quei soldi recuperati magari da coloro, una minima percentuale di persone che però detengono la stragrande quantità di risorse, che pagano un’inezia alle comunità che le mantengono, comunità che si vedono sempre più private dei diritti minimi che garantiscono la loro sopravvivenza. Lo vogliamo ricordare che in Italia, Paese tra i più ricchi (per i ricchi) del mondo, circa il 10% della popolazione vive in povertà? E vorremmo davvero che quella valanga di soldi debba finire in armamenti piuttosto che in scuole, ospedali, infrastrutture ed interventi compatibili con la sicurezza ambientale la cui incuria ci costa miliardi di euro ad ogni temporale o evento calamitoso?
È per questi motivi che non possiamo ignorare il crimine derivante da queste scelte scellerate ed organizzarci, rifiutando questa oscena scelta. Non lasciamo che questa efferatezza venga compiuta, manteniamo alta l’attenzione e poniamoci di traverso a questo nostro governo e a quello, nemmeno eletto dai cittadini, della Commissione Europea. Non molliamo!
E non dimentichiamoci della Palestina e dei suoi circa 100 morti ammazzati quotidianamente. Da segnalare una meritevole iniziativa della Coop Alleanza.3 che sta commercializzando la “Gaza Cola” e, finalmente ma almeno la Coop lo fa, boicottando alcuni prodotti provenienti da Israele ma realizzati nelle illegali colonie israeliane della Palestina.
Resistiamo! Come avrebbe detto Sigfrido Cesut, morto improvvisamente l’altro ieri. Da lui conserviamo l’impegno e la perseveranza. Ciao Sig!,
DocBrino