Reso pubblico il contenuto del primo documento Fbi sulla “pista saudita” nella strage delle Torri gemelle. Nascosto per 20 anni

Su ordine del presidente degli Stati Uniti Joe Biden l’Fbi ha declassificato, rendendolo pubblico, il primo documento sulle indagini sulla “pista saudita”. Il documento descrive i contatti che i terroristi hanno avuto con diplomatici sauditi negli Stati Uniti anche se non offre prove definitive di un coinvolgimento del governo dell’Arabia Saudita. In sostanza nel giorno in cui l’America si ferma per ricordare​ i 20 anni dall’11 settembre del 2001 Biden, che invece nella vicenda Afghana ha dimostrato tutta la sua debolezza ordina, obtorto collo, al Federal Bureau of Investigation (Fbi) di diffondere il primo di una serie di documenti relativi alla sua indagine sugli attacchi terroristici dell’11 settembre e al sospetto sostegno del governo saudita ai dirottatori. Il documento, che risale al 2016, fornisce una serie di dettagli circa le indagini dell’Fbi sul presunto supporto logistico che un funzionario consolare saudita e un sospetto agente dell’intelligence saudita a Los Angeles avrebbero fornito ad almeno due degli uomini che hanno dirottato gli aerei l’11 settembre 2001. In particolare descrive molteplici connessioni e testimonianze che hanno spinto l’FBI a sospettare di Omaral-Bayoumi, ufficialmente uno studente arabo a Los Angeles, sospettato di essere un agente dell’intelligence saudita che avrebbe poi fornito “assistenza di viaggio, alloggio e finanziamenti” ai due dirottatori. Si fa anche riferimento a Fahad al-Thumairy, all’epoca un diplomatico accreditato presso il consolato saudita a Los Angeles che secondo gli investigatori guidava una fazione estremista nella sua moschea. Il rapporto di 16 pagine, pubblicato nel 20° anniversario degli attacchi, è il primo documento investigativo ad essere divulgato da quando il presidente Joe Biden ha ordinato una revisione e declassificazione di materiali che per anni sono rimasti segreti. L’ambasciata saudita a Washington aveva dichiarato mercoledì di “accogliere con favore il rilascio” dei documenti dell’FBI ma che “qualsiasi accusa di complicità dell’Arabia Saudita negli attacchi dell’11 settembre sarebbe categoricamente falsa”. L’ordine esecutivo di Biden è giunto dopo che più di 1.600 persone, feriti o familiari di vittime degli attacchi, gli hanno scritto una lettera chiedendogli di astenersi dall’andare a Ground Zero a New York per celebrare il 20esimo anniversario a meno che non avesse pubblicato le informazioni sul ruolo dell’Arabia Saudita. Brett Eagleson, il cui padre, Bruce, è stato ucciso nell’attacco al World Trade Center, ha detto che la desecretazione del materiale dell’FBI “accelera la nostra ricerca della verità e della giustizia”. Jim Kreindler, avvocato dei parenti delle vittime, sostiene che “i risultati e le conclusioni di questa indagine dell’FBI convalidano le argomentazioni che abbiamo portato nel contenzioso relativo alla responsabilità del governo saudita per gli attacchi dell’11 settembre e mostra come al Qaeda abbia agito con l’appoggio saudita”, ha aggiunto citando le telefonate intercorse tra funzionari sauditi e agenti di al Qaeda e gli incontri “accidentali” con i dirottatori degli aerei che avrebbero avuto sopporto logistico per alloggi e scuole di volo. Gli Stati Uniti hanno indagato su alcuni diplomatici sauditi e altri con legami con il governo saudita che conoscevano i dirottatori dopo il loro arrivo negli Stati Uniti, come risulta da documenti già declassificati, ma il rapporto della Commissione sull’11 settembre del 2004 non ha trovato “nessuna prova che il governo saudita come istituzione o alti funzionari sauditi abbia finanziato” gli attacchi ideati da al Qaeda, pur sottolineando che associazioni di beneficenza saudite potrebbero aver inviato denaro al gruppo.