Sanità: la denuncia del Comitato per la tutela della salute nelle Valli del Natisone sulla paralisi dei servizi sanitari nel territorio

Il Comitato per la tutela della salute nelle Valli del Natisone, gruppo composto da semplici cittadini ci ha trasmesso un documento di analisi, denuncia e proposta relativa a quella che definiscono la “paralisi” dell’operatività sanitaria nel territorio del cividalese. Questo il testo e la tabella trasmessa:

Quali sono le cause che hanno portato l’Azienda Sanitaria Universitaria del Friuli centrale all’attuale “paralisi” sul nostro territorio, accelerata sì dalla pandemia ma non causata dalla stessa. Infatti a nostro parere essa si è venuta a creare a seguito dell’entrata in vigore della L.R. 22/2019, voluta dall’attuale maggioranza politica, le cui linee programmatiche erano state annunciate già all’insediamento della Giunta nel marzo 2018.
Per evidenziare le sperequazioni che ci penalizzano rispetto alle altre aree della Regione abbiamo preso in esame e confrontato alcuni dati e parametri significativi, quali:
– Il numero degli Ospedali sul territorio
– Il numero dei dipendenti pubblici delle diverse Aziende sanitarie, in rapporto alla popolazione servita e alla superficie territoriale
Gli investimenti in corso di attuazione nelle Aziende sanitarie.

L’ospedale di Cividale fino al 7 gennaio 2020 esercitava le sue essenziali finzioni con una sala chirurgica, il reparto di medicina con 22+17 posti letto, la piastra radiologica, il pronto soccorso con 2 punti (OBI), i laboratori – Day Ospital e Surgery …
Le azioni di chiusura dell’ospedale di Cividale sono iniziate ben prima dell’esplosione della pandemia. Il 16 marzo 2020 è stato chiuso il Pronto soccorso con il trasferimento definito “temporaneo” di 6 medici, 9 infermieri e 3 OSS a Udine, contestualmente alla cancellazione del servizio di guardia medica di S. Pietro al Natisone che serviva tutti i 7 comuni delle Valli. Nel 2020 da Cividale sono stati trasferiti ad altri ospedali 12 medici, 12 infermieri, 6 OSS oltre ad arredi e varie attrezzature medico – scientifiche.
Oggi il territorio del distretto del Cividalese è totalmente o quasi privo di servizi ospedalieri e i pazienti vengono costretti a viaggiare anche fino Pordenone o Aurisina anche per semplici esami radiologici o in conseguenza di banali incidenti che richiedono cure medico – infermieristiche urgenti.
Recentemente la Regione ha dato in convenzione il sevizio di autoambulanza a strutture private al costo di € 82/ora mentre il costo del sevizio pubblico risulta di € 62/ora: facendo i conti il maggior costo giornaliero è di 480 € che rapportato ai 15 veicoli in servizio presso ASU Friuli centrale porta a un maggior costo annuo di 2,628 milioni di Euro.
Perché non viene dotata di personale sanitario qualificato l’ambulanza recentemente donata da un industriale dell’acciaio dal costo di 160.000€, dotata di sofisticati strumenti diagnostici per l’emergenza e il primo soccorso?
In questo periodo numerose sono state le situazioni urgenti che hanno evidenziato l’impossibilità di intervento sanitario tempestivo. Anche ultimamente si sono registrati gravi casi emblematici che hanno messo a repentaglio le vite umane per la mancanza di qualsiasi presidio di primo soccorso sul territorio e addirittura la morte di una persona a causa della mancanza di ossigeno nei locali della guardia medica!
In un caso l’ambulanza è arrivata in un paese delle valli oltre 1 ora dopo la chiamata.
Ci viene detto che i disservizi sono dovuti alle ferie del personale, ma secondo noi questo è solo un pretesto per nascondere la grave carenza del personale dell’ASU Friuli centrale, come risulta dalla tabella in confronto con le altre aziende sanitarie regionali e come ripetutamente segnalato in considerazione anche dei numerosi pensionamenti e trasferimenti. Tale situazione rappresenta per l’azienda udinese un sostanziale collasso operativo che penalizza i territori periferici e che viene “sanato” con cospicui finanziamenti alla strutture private e costringendo gli utenti a ricorrere alle prestazioni private degli
specialisti.
Sui nostri territori, in questo periodo di pandemia, con grave carenza di servizi sanitari, dobbiamo un sentito ringraziamento ai medici di base che con professionalità e grande disponibilità hanno contribuito a limitare le conseguenze di questo tragico evento. La giunta regionale ha deliberato nel luglio 2020 (Delibera n. 963/2020) lo stanziamento di 2,850 milioni di Euro per lavori sulla struttura cividalese: 100.000 € per la bonifica dell’inceneritore, 300.000 € per il rifacimento dell’impianto elettrico, 450.000 € per il completamento del tunnel (!) tra i due padiglioni, 600.000 € per il rifacimento della pavimentazione e degli asfalti. Il P.a.R. 2021 prevede solo l’avvio del progetto preliminare ed esecutivo sulla strutture delle celle mortuarie / obitorio, per l’adeguamento antisismico e/o l’eventuale demolizione per una spesa preventivata in € 470.000.
Nemmeno un Euro è previsto per il ripristino dei servizi sanitari a beneficio di Cividale e delle Valli del Natisone!
Il Bilancio regionale stanzia 2.600 milioni di € per la sanità a cui si aggiungono circa 200 milioni introitati con i ticket per far fronte alle spese del comparto. L’asse Fedriga – Riccardi come evidenziato privilegia le aziende sanitarie di Trieste, Gorizia e Pordenone a scapito delle popolazioni delle aree marginali e svantaggiate.
COSA CHIEDIAMO
Ai politici di questa maggioranza regionale (2 di loro vengono da questa terra e non sappiamo se si rendono conto della loro incapacità o della loro ignavia) chiediamo di riportare in Consiglio la L.R. 22 perché riteniamo debbano essere apportate modifiche significative per il rilancio dei piccoli ospedali a presidio del territorio montano di Cividale, Gemona e Maniago come previsto dal punto 9.22 del Decreto 15/4/2015, opportunamente richiamato dalla Conferenza Stato – Regioni nel febbraio 2020, prima ancora della pandemia.
La pandemia ci ha testimoniato l’importanza della sanità su territorio. L’esempio di centralizzazione e privatizzazione della Lombardia deve essere di monito per non ripetere quagli errori! Al Presidente Fedriga e all’Assessore alla sanità rivolgiamo per l’ennesima volta a nome dei cittadini del Friuli orientale, che vengano ripristinati i servizi sanitari di base sul territorio con una seria revisione delle norme (LR 22/19) e dei criteri di allocazione delle risorse nelle tre aziende sanitare con un doveroso riequilibrio per evitare la “paralisi” dell’ASU Friuli centrale e per riportare la sanità sul territorio nel rispetto del diritto alla salute previsto dalla Costituzione per tutti i cittadini senza discriminazioni.