Sanità triestina e regionale:  la salute è un interesse della collettività

Tra le varie aree tematiche di cui si è occupata Un’altra città a Trieste, associazione  che si definisce un laboratorio dove tutti ascoltano e discutono per essere  portatori di una proposta per TRieste  fatta di alleanze,   prima di dare conclusione  alla stesura del programma elaborato in vista delle Elezioni Amministrative 2021, e in seguito nei quattordici incontri di dialogo ed approfondimento dello stesso tenutisi nei giovedì di questi mesi,  c’è un enorme macro tema: la salute.
Un tema, si legge in una nota su cui si è ragionato giovedì scorso attraverso le riflessioni di varie personalità che hanno operato e operano nell’ambito sanitario, introdotti e coordinati da Maria Grazia Cogliati Dezza.
Tra i relatori chiamati ad intervenire: Franco Rotelli (già Direttore Generale dell’Azienda Sanitaria Triestina); Roberto Mezzina e Franco Perazza (già Direttori del Dipartimento di Salute Mentale di Trieste e Gorizia); Elena Cerkvenic (art. 32); Silva Bon (Luna e l’altra); Pierangelo Motta (Segretario Generale fnp Cisl Trieste-Gorizia); Rossana Giacaz (Segreteria Regionale Cgil) e Adriano Sincovich (Segretario SPI-CGIL Trieste)
Tra gli elementi sottolineati il fatto di non voler tornare indietro, a Trieste, rispetto al numero degli attuali quattro distretti sanitari. Distretti inglobati in quella espressione di sanità territoriale che si è sviluppata prima coi servizi di salute mentale e con i già citati distretti in un secondo tempo.
Creando una suddivisione che già negli anni Novanta permetteva agli operatori di conoscersi,lavorare insieme ed integrarsi nelle diverse aree sanitarie e sociali.
Oggi il Recovery Plan parla di Case delle Comunità che dovrebbero essere diffuse in tutto il territorio italiano nel numero di una ogni 50 mila abitanti.
Suddivisione che quindi Trieste, ma anche i territori delle restanti,ormai ex, Province della Regione Friuli Venezia Giulia avevano raggiunto già alla fine degli anni Novanta, inizio degli anni Duemila.
Si può quindi affermare che la Regione Friuli Venezia Giulia fosse già precursore di quella che si può definire una buona sanità di territorio e di un buono sviluppo dei servizi, anche di salute mentale.
Qualità dei servizi che è riconosciuta a livello nazionale e internazionale.
A scatenare diverse, interessanti e forti reazioni è il concorso bandito per la nomina del nuovo direttore del Centro di Salute Mentale di Barcola.
Un concorso che ha avuto diversi avvii e diverse fermate e che ha prodotto un vincitore, la cui nomina, deliberata ieri, è stata al centro di discussioni riguardo evidenti anomalie, alterità e inesattezze, da approfondire in sede legale.
Una nuova nomina che non va a gravare solo su un sistema che in questo ambito sanitario funziona ed è un’eccellenza, ma anche e soprattutto sulla gestione e sulla quotidianità di servizi alla persona indispensabili al fine dell’inclusione e dell’integrazione, come ricordato da Roberto Mezzina.
Il modello di assistenza, che miracolosamente resiste da ormai più di cinquant’anni, erede dell’ispirazione e dell’attenzione rivoluzionaria di Franco e Franca Basaglia, infatti è minacciato dalla possibilità di venire smantellato.
Non un colpo frontale ma un passo ancora più intenso dei precedenti attraverso cui si scardina un modello di lavoro: la convinzione che emerge è quella per cui si operi sulla leadership per smantellare l’intero sistema.
A delineare ancora meglio l’attualità, prendendo in esame la gestione regionale della Sanità con la direzione di Riccardo Riccardi, e a manifestare la preoccupazione (anche a livello regionale) per ciò che sta avvenendo a Trieste, un’offesa ai servizi di Trieste, sono Franco Rotelli e Franco Perazza.
Ad avvalorare le tesi e le criticità in questione dibattute nell’incontro, la presenza dell’EuroDeputata  Elisabetta Gualmini.
Nel suo intervento, l’Eurodeputata ha accennato ai tre livelli territoriali coinvolti nella promozione e nella gestione non solo della sanità ma anche della salute mentale.
A livello europeo esistono tanti documenti sulla promozione della salute mentale, come il Patto Europeo per la Salute Mentale del 2008 che in linea con le politiche e l’agenda Onu, pone anche ulteriore attenzione a donne e giovani. A livello Europeo è quindi chiaro come il “modello italiano” sia esemplare.
Novità si intravedono anche a livello nazionale, nel Piano PNRR (
Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), con venti miliardi dedicati alla salute, di cui 8 dedicati alla medicina di prossimità.
Citando l’Eurodeputata: Le persone fanno la differenza, soprattutto nei servizi alla persona e ciò merita la scelta e l’individuazione di persone con competenze adeguate.
L’Eurodeputata si è infine proposta come ponte e amplificatore delle istanze emerse presso le personalità del Governo preposte, come il Ministro della Salute Speranza.
Non è mancato un riferimento all’abitudine, tutta italiana, di smantellare, in occasione di ogni avvicendamento politico, ciò che in precedenza funzionava.
Uno spazio è stato  riservato a uno sguardo “sindacale” sulla questione; il primo ad evidenziare due elementi ricorrenti è stato Pierangelo Motta.
Da trent’anni ci si sente ripetere Più territorio, meno ospedale e si sente parlare di integrazione socio-sanitaria: è infatti logico che se si viene assistiti nei propri luoghi si viva di più e meglio.
In quest’ottica i presupposti per un miglioramento si erano intravisti con la legge 17 del 2014, presupposti andati poi persi con la riforma sulla medicina di gruppo.
Al contempo si assiste a un invecchiamento della popolazione e a un aumento delle cronicità, molto spesso i bisogni delle persone hanno aspetti sociali e sanitari che spesso si sovrappongono: un’effettiva integrazione potrebbe agevolare specialmente le persone anziane che vengono “scaricate” nelle strutture ospedaliere.
L’ospedale dovrebbe cominciare ad uscire sul territorio; finché non ci sarà responsabilità unita assisteremo al solito scaricabarile tra sociale e sanitario.
Diversi sguardi sindacalisti sono quelli di Rossana Giacaz e Adriano Sincovich che hanno sottolineato la necessità di trasmettere alla popolazione quello che è il cambio di paradigma e culturale.
L’incombente vicenda della direzione e del relativo concorso ha tenuto banco, ma bisogna ricordare le origini: una sanità territoriale pubblica buona che ha fatto grandi esperienze, soprattutto a Trieste.
Si evidenzia quindi la necessità che la discussione si allarghi, anche all’interno di una battaglia politica.
In chiusura, spazio alle testimonianze dirette, di Elena Cerkvenic prima e di Silva Bon dopo, esponenti l’una del gruppo Articolo 32 (l’articolo della Costituzione Italiana che sancisce il diritto per tutti alla salute) e l’altra dell’associazione Luna e l’altra.

Entrambe hanno sottolineato l’importanza imprescindibile della salvaguardia dei diritti delle persone che vivono disturbi mentali e l’importanza di vivere un ambiente che, anche dopo anni, possa venir considerato familiare.
Perché la salute è un interesse della collettività.