Trieste: “Cultura è lavoro. Il patrimonio culturale, risorsa strategica di un’altra città”

 

Il ruolo sociale della cultura e il patrimonio culturale di Trieste. Su questo aspetto si è focalizzato l’appuntamento online del programma nel programma di Un’altra città “Cultura è lavoro. Il patrimonio culturale, risorsa strategica di un’altra città”.

Per lavorare sul programma e per arricchirlo, la docente e archeologa Rita Auriemma, che ha introdotto l’incontro, ha chiesto aiuto a professionisti della cultura e a operatori culturali: Mario Andrea Francavilla (Associazione “Mi riconosci? Sono un professionista dei Beni Culturali”), Serena Mizzan (Immaginario Scientifico), Pietro Riavez (Archeologo, Società ArcheTest), Claudia Ragazzoni (Restauratrice, Società Opera Est), Maurizio Terpin (Digital Designer) e Marco Paparot (Cooperativa Sociale Ecothema).

Da alcuni anni si è tornati a parlare di cultura e di patrimonio culturale in modo diverso, a testimonianza di una nuova percezione da parte della comunità e dei cittadini.

All’interno di questo cambiamento si inseriscono tre passaggi importantissimi: l’approvazione, il 23 Settembre scorso, della Convenzione di Faro sul valore dell’eredità culturale per la società.

Un secondo passaggio è il progressivo e recente riconoscimento dei professionisti dei beni culturali.

Un passaggio imprescindibile per gli operatori culturali, come sostiene Mario Francavilla, a riconoscimento e tutela delle competenze, soprattutto di alcune figure professionali che non godono di ingenti possibilità di impiego, come i professionisti della didattica museale, rappresentata da Marco Paparot.

Un settore che soffre di problemi nell’erogazione dei servizi, in questi anni oggetto di un interesse crescente ma su cui bisognerebbe operare una destagionalizzazione.

Oltre a ciò andrebbero acquisiti gli altri standard: nuovi programmi, laboratori interattivi, notti in museo, concertazione con le scuole e offerta integrata con i ricreatori, ecc.; ma anche catalogazione sistematica delle collezioni museali (open access e open data), andrebbe inoltre colmata la mancanza di ‘servizi aggiuntivi di base’.

Caffetterie e bookshop, cataloghi e pubblicazioni divulgative, servizi di prenotazione, il biglietto unico, la carta unica dei servizi, l’accountability, misure ampie ed efficaci di accessibilità (design for all, semplificazione e rinnovamento della comunicazione/segnaletica museale), aperture dilatate e altre iniziative all’interno di musei, l’utilizzo della rete museale e delle biblioteche civiche per progetti di inclusione sociale, contro la dispersione scolastica, per politiche di solidarietà e d’integrazione dei migranti (si pensi al Museo Egizio di Torino).

Occorre rimarcare inoltre la dignità del lavoro, anche e soprattutto in ambito culturale.

A tal proposito è intervenuta Serena Mizzan, direttrice del Museo dell’Immaginario Scientifico, modello vincente di didattica museale, dove a fare la differenza è il riconoscimento della professionalità nell’ottica di una continuità. A garanzia della qualità dei servizi.

Un terzo passaggio è l’attivazione del sistema museale nazionale: in questo contesto rientra la richiesta che la rete museale includa le altre realtà cittadine e della provincia di Trieste – che costituiscono una ricchezza unica nel panorama nazionale: musei dell’Università, Camera di commercio, comunità slovena ed ebraica, associazioni sportive, le cospicue collezione di privati, i piccoli musei, ecc. – in un’offerta diffusa e organica.

La valorizzazione del patrimonio culturale, in particolare di aree e siti archeologici, pecca di una mancanza di comunicazione.

Molto è il materiale che meriterebbe di essere valorizzato attraverso il restauro, come afferma Claudia Ragazzoni.

Molti sono gli scavi e le ricerche predittive che coinvolgono aree e siti archeologici, ribadisce Pietro Riavez (Archeologo, Società ArcheoTest).

Un intervento in questo campo potrebbe essere lo sviluppo di un processo di valorizzazione partecipata, che coinvolga la cittadinanza e che sia inserito nel piano del centro storico e nelle strategie di rigenerazione/riqualificazione urbana.

Gli interventi potrebbero agire in primis su quello che doveva essere il giardino archeologico, ormai segnato dall’abbandono e dal degrado e in secondo luogo, un intervento importante potrebbe essere rappresentato dallo scavo dell’area presunta del Foro di Trieste romana, da collegare al monumento e al percorso di via dei Capitelli e alle aree scavate nel Progetto Urban, ma anche al teatro romano, con la riqualificazione di via del Teatro (progetto già della Soprintendenza). In questo modo verrebbe a crearsi un percorso capace di raccontare le stratificazioni storiche della città, dalla sua fondazione all’età moderna.

Urge ricordare che quasi mai si procede alla pubblicazione degli scavi o delle ricerche effettuate e raramente si procede a un’azione di divulgazione e consolidamento.

In soccorso della divulgazione dei beni culturali potrebbero svolgere un ruolo chiave la tecnologia, aggiunge il Digital Designer Maurizio Terpin e il digitale, ancora poco utilizzato per questioni di budget.

Sia esso in chiave di realtà aumentata per portare alla luce ciò che non si vede, o in chiave di passaporto digitale (City Pass). Un’app semplice ed efficace, comune a tutti i luoghi della cultura, che sia strumento di informazione e narrazione della rete civica.

Tra le altre proposte emerse dal dialogo e dal dibattito online: quella di un esperto di trasformazione digitale che sia anche esperto in valorizzazione dei beni culturali; la riqualificazione dei musei civici in un disegno organico che parta e arrivi alle persone.

Musei luoghi vivi, inclusivi, accoglienti.

La richiesta di potenziamento del sistema museale civico in un’ottica sistemica di rete, che preveda un adeguamento agli standard di qualità nazionali adottati dal MiBACT e previsti nella LR 23/2015, perché possano essere parte del Sistema Museale Nazionale (logo, brand, fondo unico musei, visibilità, ecc.) e diventare musei di livello europeo.

Il primo dei requisiti è l’investimento sulle competenze, sulle persone perché, come già accennato dalla Mizzan nel suo intervento, è il personale museale qualificato a fare la differenza.

Si evidenzia quindi la necessità della presenza di un direttore scientifico almeno per ciascuna area (musei scientifici, storici e archeologici, letterari, artistici), conservatori per tutti i musei e altri profili professionali (responsabili della didattica, delle collezioni, della sicurezza, ecc.), accanto a un manager amministrativo che può essere unico.

Si è tornati inoltre sul discorso riguardante il Porto Vecchio e il trasferimento verso esso di alcuni musei.

Una proposta condivisa da Un’altra città e dagli esperti intervenuti, che deve però rispondere a un disegno organico che interessa tutta l’area, la mobilità e le infrastrutture, oltre a non compromettere l’identità dei singoli musei, né causare una contrazione di personale.

Si possono centralizzare alcuni servizi amministrativi ma non sottrarre competenze scientifiche.

Vanno inoltre, nell’attesa del polo museale, adeguati i collegamenti tra i musei con, in aggiunta, un arricchimento dei servizi di visite guidate/eventi/iniziative correlati.

In un’ottica di condivisione delle istituzioni e del patrimonio culturale dal territorio e dalla cittadinanza, un altro tema chiave è quello delle biblioteche, piazze del sapere.

Come emerso dalle testimonianze di Francesca Tjia e Bianca Cuderi, c’è bisogno di creare una direzione interamente dedicata alle Biblioteche, della già citata continuità ma anche di contratti decenti (che non prevedano una paga di 3/4 euro l’ora), di fare formazione per essere comunità anche attraverso la digitalizzazione.

Va inoltre rilanciato inoltre il progetto della collocazione della Biblioteca civica Hortis nel Salone degli incanti, che per dimensione e collocazione risponde al nuovo ruolo e alla nuova missione delle biblioteche, piazze del sapere, dell’informazione e della formazione, presidi di welfare e dell’inclusione/coesione sociale (un esempio di questo è l’emeroteca Tomizza).

In un periodo di stasi e di movimenti limitati tra le città e le regioni ha ripreso nuovo vigore il turismo locale e culturale di prossimità.

Un turismo che va potenziato, attraverso offerte di percorsi turistici letterari, storici, archeologici, ecc.; il coinvolgimento degli operatori turistici attraverso un hub di coordinamento e misure e bandi per il turismo ambientale e la fruizione turistica sostenibile ed esperienziale del territorio comunale.

In questo contesto rientra la proposta di ’istituzione di un osservatorio del paesaggio per il territorio comunale, che possa contribuire a buone pratiche di tutela attiva e partecipata e di valorizzazione sostenibile dei paesaggi.

Nel futuro però viene però da porsi una domanda a riguardo al suo ruolo: che turismo vogliamo? Un turismo strumentale, che sia al servizio della cultura e non viceversa, come occasione di valorizzazione e promozione del patrimonio culturale.

Il tema è ampio, per ragioni organizzative ad esempio è rimasto fuori l’ambito delle attività culturali, anch’esso in crisi in quest’anno difficile, e reclama un approfondimento e una visione più mirata.

Anche attraverso un ulteriore dibattito di approfondimento in uno dei prossimi giovedì.