Tutti pazzi..per Bini. Fanno gola al mondo economico i 51 milioni e passa dello “sviluppa/imprese”

Fosse un film, il titolo potrebbe essere Tutti pazzi per Bini. Certo l’assessore regionale alle Attività produttive Sergio Emidio Bini, nonchè finanziatore (d’idee si intende) della giunta Fedriga, non ha niente a che fare con la Cameron Diaz che nella celebre pellicola del 1998 vestiva i panni della corteggiatissima Mary, ma ormai da giorni Bini è certamente il politico più apprezzato e adulato  negli ambienti economici regionali, con dichiarazioni spesso imbarazzanti dato che si è evidentemente perso il concetto fondante della rappresentanza. Quando infatti si è a capo di una categoria economica bisognerebbe mantenere quell’equilibrio che dovrebbe caratterizzare chi rappresenta tutti e non solo uno schieramento, fosse anche maggioritario. Motivo di tanta veemente attenzione nei confronti dell’assessore il fatto che si spera nelle prebende previste dal suo disegno di legge SviluppoImpresa (che i primi di febbraio verrà portato all’esame del Consiglio regionale). Insomma imperativo categorico è poter attingere a piene mani al banchetto, dato che la dotazione iniziale della legge ammonta a 51 milioni di euro di fondi regionali nel triennio 20-22 a cui andranno ad aggiungersi altre risorse, tra cui i fondi europei della Programmazione comunitaria. Così come commensali perennemente affamati, ecco che si decantano le lodi delle pietanze fossero anche insipide e poco salutari. Tutto senza ritegno, del resto non c’è pericolo che lo sperato patagruelico banchetto venga rovinato. Non certo dall’opposizione che non pare capace di reazioni collettive, lasciando al massimo che il singolo personaggio esprima la critica più per pavoneggiare se stesso che per attuare un minimo sindacale di opposizione vera. Dall’altra certa stampa che mai come in questa fase storica, assume, tanto per rimanete al paragone gastronomico, il ruolo di maggiordomo del potere e non certo di cane da guardia, non diciamo feroce, ma manco scodinzolante. Intendiamoci che Bini abbia dimostrato da tempo capacità e a suo modo autorevolezza, è cosa palese, anche se questa si è accompagnata ad una dose alta di spregiudicatezza. Lo dimostra la sua storia personale di manager diventato padrone per poi scendere in politica. Ma è un politico anomalo, preferisce in qualche modo rimanere nell’ombra, per poi dare le sue zampate operando nel terreno che gli è più congeniale e utile. Lui nell’immagine esterna della giunta e sempre un passo indietro rispetto a Fedriga e anche a Riccardi, preferendo che la vicenda Covid sia una patata bollente per il mitico duo, sempre più simile all’ormai famoso Fontana e Gallera, duo che come è noto non è finito bene, con il primo di fatto commissariato e il secondo a spasso. Chissà che anche in Fvg non finisca allo stesso modo, ma questo poco importa a Bini, lui preferisce tessere le sue tele con la carta moneta conquistandosi così i favori dei vari Agrusti, Da Pozzo e Mareschi Danieli e chissà di quanti altri rappresentanti del modo economico e produttivo che acriticamente accoglieranno, da sotto il tavolo, il progetto Bini per raccogliere le briciole che verranno certamente fatte cadere. Bisogna dire che comunque non tutte le voci sono monolitiche anche se nel coro degli osanna non vi sono vere stonature ma al massimo qualche acuto. Anna Mareschi Danieli ad esempio ha evidenziato anche “criticità” nello “sviluppa impresa” di Bini anche se poi in chiusura della sua nota scivola nel quasi servilismo con un “ringrazio l’Assessore Bini al quale rinnovo il nostro supporto” che non lascia dubbi. Scrive la presidente di Confindustria: “Confindustria fin dall’inizio, già in periodo pre-Covid, aveva avanzato osservazioni puntuali sulle diverse disposizioni del ddlr n. 123 con proposte mirate a delineare il ruolo insostituibile della politica industriale. Riconosco che diverse delle nostre indicazioni sono state recepite interamente e altre parzialmente. Cito solo le più importanti: promozione della digitalizzazione e riconoscimento del ruolo del DITEDI, tecnologie abilitanti fondamentali e tecnologie emergenti, incentivi all’internazionalizzazione, ruolo di Friulia nel supporto alle politiche di filiera, estensione degli incentivi all’insediamento nei territori montani in situazioni di disagio socio economico, funzioni dei Consorzi di sviluppo economico locale (almeno in parte), sviluppo dell’economia circolare e dell’efficientamento energetico, economia del legno, disciplina della servitizzazione, misure specifiche rivolte al sostegno delle filiere di alcuni comparti (acciaio, automotive, cantieristica e nautica)”. “A onor del vero – continua la presidente – devo dire che avremmo voluto un maggiore riconoscimento del ruolo centrale dell’industria per la competitività del territorio, ma aggiungo anche che avremmo potuto ricevere molto meno viste le problematiche che molti nostri colleghi di altre categorie (turismo e commercio in primis) si trovano ad affrontare. Quindi, in logica solidale, apprezziamo i risultati raggiunti”. “A nostro avviso – conclude la presidente di Confindustria Udine – restano ancora alcune criticità. Una di queste è rappresentata dalle norme sulla responsabilità sociale d’impresa con riferimento anche alla incentivazione di nuovi modelli organizzativi d’impresa, che potrebbero rappresentare un’interferenza nella autonomia della direzione d’impresa e nella autonoma capacità negoziale delle parti sociali, basate sulla concessione di benefici e di premialità per l’adozione di predeterminate modalità organizzative dei rapporti con i lavoratori. Ma il giudizio complessivo, da parte nostra, è positivo e per questo ringrazio l’Assessore Bini al quale rinnovo il nostro supporto”.
Ma se Anna Mareschi Danieli quantomeno ha inserito qualche critica, non così i presidenti di Confcommercio Fvg, Giovanni da Pozzo, e Confindustria Alto Adriatico che sono concordi nel valutare positivamente il disegno di legge «nel metodo e nel merito». Insomma promozione a pieni voti e bacio accademico.
Secondo Da Pozzo che parla evidentemente in plurale maiestatis, «il mondo del terziario, che ha maggiormente subito gli effetti della crisi causata dalla pandemia, è molto soddisfatto di questo impianto normativo perché tiene conto delle difficoltà contingenti ma guarda al futuro e ai nuovi modelli che su cui l’economia dovrà basarsi per la ripresa. La ripartenza dipenderà anche dalla cornice nazionale che verrà data ai fondi europei». Dando così già belle e pronto una scusa se le cose non dovessero andare bene.
Per Agrusti «la norma è frutto di un confronto che andrebbe preso a modello anche per la riforma di altri settori, come la sanità. L’industria ha tenuto testa alla crisi, molti settori sono in ripresa, questo grazie ad un’assunzione di responsabilità diretta della categoria. Ora è giusto dare aiuto, puntare sulla ristrutturazione finanziaria e sull’ingegneria finanziaria innovativa, all’internazionalizzazione, nonché su un patto stretto e solidale tra settori economici».

Fabio Folisi