Ugo Rossi, giudizio per direttissima in Tribunale a Trieste già domani mattina

Alla fine Ugo Rossi sta avendo il suo momento di celebrità su scala nazionale anche se, a ben vedere, c’è poco da esserne fieri, vuoi per le modalità pasticciate della sua sceneggiata, vuoi perchè  le sue intemperanze gli procureranno, con ogni probabilità, qualcosa di più dei domiciliari ai quali è stato posto da ieri. E’ infatti fissato  per domani  mattina il processo a suo carico con l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale, oltraggio e lesioni aggravate.  Così  il candidato sindaco del movimento 3V, novax forse più per convenienza che per convinzione,  finirà davanti al giudice dopo che la Procura della repubblica a richiesto il processo per direttissima al Tribunale, come avviene quando l’arresto è in flagranza. Una flagranza certificata da molti video al vaglio degli inquirenti  che parlano da soli, nonostante i tentativi di ribaltarne il significato cercando di farsi passare da aggressore ad aggredito.  Rossi come è noto è stato arrestato intorno a mezzogiorno di ieri davanti a un ufficio del rione di San Giovanni dove una candidata del suo movimento aveva rifiutato di indossare la mascherina, molto probabilmente con lo scopo di innestare la piazzata ad uso e consumo di Rossi che “casualmente” si trovava in zona.  Erano intervenute le forze dell’ordine e appunto lo stesso candidato Rossi fatto che  ha fatto pensare che tutto fosse stato organizzato prima: una ipotesi che il suo legale, Pier Umberto Starace, smentisce categoricamente affermando che Rossi si trovava già nei pressi con tanto di megafono solo perchè di lì a poco avrebbe dovuto distribuire volantini insieme alla donna.  I fatti di quanto accaduto sono noti, Rossi si sarebbe rifiutato di fornire i suoi documenti alle forze dell’ordine opponendo resistenza fisica al punto che due militari che cercavano di farlo salire nell’auto di servizio  sono rimasti feriti e portati in ospedale.  La rapidità della decisione di processarlo  sembra abbia preso in contropiede il difensore. “Si tratta di una procedura straordinaria – ha commentato – visti i tempi così stretti, evidentemente si vuole risolvere prima possibile”. Ovviamente la risoluzione a cui pensa la difesa non è quella  auspicata dalla procura. Anche se sulla violazione dell’art. 337 del Codice Penale (Resistenza a un pubblico ufficiale) vi è un mare di giurisprudenza e l’interpretazione dei fatti diventa importante. La norma infatti recita che “Chiunque usa violenza o minaccia per opporsi a un pubblico ufficiale o ad un incaricato di un pubblico servizio, mentre compie un atto di ufficio o di servizio, o a coloro che, richiesti, gli prestano assistenza, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni” .  Si deve però  trattare di violenza o minaccia idonea a impedire concretamente al funzionario il compimento dell’atto, di qui la impossibilità di configurare il reato in esame nei casi di resistenza passiva. Ed è su questa interpretazione che si giocheranno probabilmente le sorti giudiziari del Rossi, anche se a vedere i filmati, nel suo comportamento, di resistenza passiva se ne vede poca.   Se per esempio Rossi si fosse seduto in terra facendo resistenza con un semplice comportamento passivo di non collaborazione, il fatto non integrerebbe né la violenza né la minaccia necessari per far scattare il reato penale che per essere tale deve vedere il  comportamento attivo che deve tendere a impedire al pubblico ufficiale il compimento di un atto del proprio ufficio che in questo caso era l’invito a salire sull’auto per l’identificazione in caserma, essendosi rifiutato il Rossi di esibire i documenti. Non basta infatti enunciare il proprio nome e cognome, ma è obbligo esibire i documenti a richiesta delle forze dell’ordine.  In questo caso con buone probabilità le testimonianze visive con i tanti filmati che dovevano servire a documentare la protesta chiaramente orchestrata per ragioni elettorali, rischiano davvero di diventare pesanti testimonianze.