Una visita al carcere di Udine per riportare l’attenzione sulla salute e la dignità delle persone detenute
Ieri pomeriggio una delegazione composta da rappresentanti dell’Associazione Luca Coscioni, dei Radicali di Udine e dell’associazione OIKOS ETS ha fatto accesso alla Casa Circondariale di Udine per una visita di osservazione e ascolto, con l’obiettivo di verificare le condizioni di vita delle persone detenute e avviare un confronto costruttivo con l’amministrazione penitenziaria.
Dalla delegazione è stato apprezzato lo stato di avanzamento lavori di ristrutturazione di vari spazi, di cui il precedente garante, on. Corleone, si era fatto attivatore con l’amministrazione penitenziaria, in un lavoro importante i cui frutti sulle condizioni di lavoro e di vita si stanno palesando per chi ne può già beneficiare.
La visita si colloca infatti nel solco del dialogo con l’amministrazione penitenziaria, già avviato da tempo dalle associazioni impegnate a sostegno delle persone ristrette, insieme al Garante dei detenuti di Udine, che lo scorso 30 maggio, nella sua relazione annuale, ha evidenziato diverse criticità. Il carcere di Udine, a fronte di una capienza regolamentare di 95 posti, ospita attualmente 176 detenuti, con evidenti conseguenze sul piano della vivibilità e della gestione quotidiana.
Al centro della visita, le condizioni sanitarie, considerate particolarmente critiche: si segnalano difficoltà di accesso alle cure, ritardi diagnostici, carenze strutturali e di personale, nonché l’impossibilità di garantire la continuità terapeutica. Una situazione che, in alcuni casi, compromette seriamente la salute fisica e mentale dei detenuti. Rimane altresì urgente affrontare con maggiore efficacia la gestione dei casi di dipendenza e l’accesso a terapie sostitutive, spesso rese difficili dalla mancanza di risorse e strutture adeguate.
Le condizioni igieniche in alcune sezioni, come la cosiddetta “prima comune”, appaiono particolarmente problematiche, soprattutto per i detenuti privi di riferimenti familiari. Preoccupano inoltre le condizioni in cui versano coloro che, per problematiche relazionali o comportamentali, vengono collocati nella sezione “ex art. 32”. Colpisce infine la composizione della popolazione detenuta, con una netta prevalenza di persone di origine straniera – circa il 60% – in controtendenza rispetto alla media nazionale. A questo quadro si aggiunge la quasi totale assenza di attività lavorative interne, che aggrava ulteriormente la marginalità delle persone recluse.
Dichiara Raffaella Barbieri dell’Associazione Luca Coscioni: “La nostra associazione da anni si batte per dare voce ai detenuti e alle detenute affinché lo Stato garantisca loro i diritti fondamentali. Le realtà documentate dalle relazioni del Collegio dei Garanti nazionali, regionali e locali per i diritti delle persone prive di libertà parla di un sistema carcere il cui sovraffollamento ha portato l’Italia a essere condannata dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo per trattamenti inumani e degradanti in violazione dell’art.3 della CEDU. Anche per questo abbiamo diffidato 102 ASL italiane ad adempiere al proprio ruolo di erogazione dei servizi igienico-sanitari all’interno delle strutture carcerarie. Ad agosto 2024 abbiamo diffidato l’Azienda sanitaria universitaria Friuli Centrale (ASUFC), in merito al servizio svolto nel carcere di Udine. A dicembre abbiamo presentato richiesta di accesso agli atti, ma a distanza di quasi un anno non abbiamo ancora ricevuto risposta.”
A cui si unisce il rappresentante dei Radicali, Italiani, Nicholas Garufi: “”Il nostro paese registra tra i peggiori dati in Europa per quanto riguarda il sovraffollamento carcerario e condizioni di vita detentiva, il 2024 ha presentato il più alto numero di suicidi in carcere della storia della Repubblica, non solo tra i detenuti, ma anche tra gli agenti della polizia penitenziaria. Radicali italiani non starà in silenzio e continuerà a denunciare le condizioni inaccettabili dei nostri istituti penitenziari e pretendere che vengano rispettati i principi costituzionali e che si garantisca il rispetto della dignità umana in carcere.”
Sottolinea per OIKOS ETS, il presidente Giovanni Tonutti: “Se da un lato si può constatare un miglioramento della struttura di accoglienza, dovuta soprattutto ai lavori di ristrutturazione in fase di conclusione, è molto preoccupante l’aspetto qualitativo della vita all’interno del carcere. Ad oggi sono presenti 176 persone a fronte di una capienza di 95, gli agenti di polizia penitenziaria sono un terzo di quanto previsto per il numero di detenuti presenti. Questo comporta elevati straordinari del personale disponibile che continua a calare di numero a causa di pensionamenti che non vengono rimpiazzati. La sezione 1 al primo piano è decisamente avvilente, celle sovraffollate e totale carenza di spazi comuni. Si riscontrano poi gravi carenze in merito all’assistenza sanitaria e alle cure e difatti preoccupa la mancanza di un presidio sanitario interno. Sembra inoltre totalmente carente la possibilità di poter realizzare diagnosi di disagi psichiatrici.”
Conclude Tonutti: “Se la Legge in Italia prevede che il carcere debba avere una funzione rieducativa, a Udine siamo ancora fermi al puro contenimento. Senza dubbio le speranze di miglioramento ci sono e sono legate a diversi progetti in avvio, sia di formazione sia di ascolto, oltre che di ricerca di inserimento lavorativo per chi si avvicina al fine pena o si trova in condizione di semilibertà. La costruzione, quasi terminata di un campo da calcio interno e di una sala teatro lasciano sperare che anche a Udine fra qualche tempo si possa cominciare a vivere di speranza per una detenzione più dignitosa”.
La visita è nata, infatti, dalla volontà condivisa delle tre realtà promotrici di mantenere alta l’attenzione pubblica sulla condizione carceraria, nella convinzione che dignità, salute e inclusione debbano essere garantite a tutti, anche a chi vive in condizioni di restrizione della libertà personale.