Giovani, uno spazio per curare le ferite del post Covid. Nato nel 2019, è risultato una risorsa nella pandemia
Nel centro di Udine, in una laterale di via Poscolle, c’è una realtà che aiuta i ragazzi delle superiori a superare l’isolamento e i problemi creati dalla pandemia attraverso attività ideate e promosse da loro stessi. “Spazio giovani” nasce due anni e mezzo fa, pochi mesi prima dell’esplosione della pandemia di Covid 19, con la priorità di dare un supporto ai ragazzi a rischio emarginazione. ”Il progetto puntava a incontrare i ragazzi in strada, nei luoghi di spontanea aggregazione, e per dare loro un luogo fisico di incontro con educatori che potessero supportare i loro processi di autonomia – spiega Sandro Polo, referente di Spazio Giovani -. Il lavoro di strada è rimasto un po’ indietro, a causa del Covid, ma lo spazio di via Rivis 15 ha sempre lavorato a pieno ritmo tranne nei periodi di stretto lockdown”. Nella struttura, per tre giorni a settimana (lunedì, mercoledì e giovedì), dalle 13 alle 19,, si può liberamente accedere ad una stanza, dove i ragazzi delle superiori possono giocare e ascoltare musica, una cucina dove finita scuola si può mangiare scaldandosi ciò che si è portato da casa per poi fermarsi a fare i compiti nell’aula studio dotata di computer, stampanti e connessione internet. E infine c’è una piccola sala di registrazione multimediale dove si possono registrare e montare video. Nella struttura vengono anche svolti dei corsi, organizzati dagli stessi ragazzi in maniera partecipativa. “Gli operatori Caritas sono sempre presenti – spiega Polo – e in modo molto libero e discreto entrano in relazione con i giovani e piano piano ascoltano le loro difficoltà, progetti, traguardi. Siamo sempre in stretto contatto con i soggetti istituzionali come i servizi sociali, la neuropsichiatria infantile e il volontariato per il supporto scolastico”. Il lavoro delle èquipe in strada ha permesso di tracciare una mappa della aggregazione giovanile informale a Udine. I luoghi preferiti sono la zona della stazione ferroviaria, il centro e in particolare i Giardini del Torso, un’oasi separata un po’ dalla città, ma posta al suo centro, e Piazza Primo Maggio. La, pandemia ha però fatto esplodere il tema degli “hikikomori”, termine coniato in Giappone per indicare quei ragazzi che si ritirano socialmente, non vanno più a scuola e nemmeno a lavorare, non frequentano più gli amici e di fatto non escono più di casa. “Ovviamente sono molto difficili da incontrare e indisponibili ad allacciare relazioni – spiega Sandro Polo -. Vale molto la mobilitazione delle loro stesse famiglie, la collaborazione in rete con i servizi sociali e la neuropsichiatria, l’associazionismo e le scuole che fanno emergere i ragazzi invisibili. In certi casi sono i ragazzi stessi a segnalare i compagni e gli amici in difficoltà a causa delle conseguenze della pandemia,
che ha spinto alcuni all’isolamento e in 3-4 casi anche all’autolesionismo. Ma la maggior parte dei giovani sta reagendo e sta recuperando tutti gli spazi di relazionalità”.