“Mala herba non perit” (l’erba cattiva non muore mai)
Nulla è più redditizio e agevole da ottenersi di un opera pubblica commissionata sotto l’impulso della somma urgenza, tanto più se ad avvalorarla sono gli stessi funzionari le cui negligenze l’hanno resa indifferibile o che altrimenti ne hanno falsificato i presupposti.
Quando vivevo a Roma avrei messo la mano sul fuoco pur di attestare la correttezza degli amministratori della mia Regione di origine; e meno male che nessuno me l’ha chiesto, perché alla prova dei fatti mi sarei ritrovato con un moncherino! Basti vedere il caso di Piero Camber: condannato per peculato a 11 mesi e obbligato a fare le valigie dalla sacrosanta legge Severino, il galantuomo continua a stare incollato sulla poltrona di consigliere regionale, nonché di presidente della IV Commissione Permanente. Invece di andarsene seduta stante e coprirsi di vergogna è ancora lì a spadroneggiare, per giunta a capo della più nevralgica delle Commissioni, che si occupa di lavori pubblici, edilizia, espropriazione, pianificazione territoriale, viabilità, trasporti, porti e aeroporti civili, navigazione, protezione civile, energia, parchi e riserve naturali, caccia, pesca nelle acque interne, tutela dell’ambiente e del paesaggio, cave, miniere, acque minerali. Ai tempi dell’Austria uno come lui si sarebbe tirato un colpo per il disonore; lui no, lui continua ad imperversare e tuttora ad impastare quella immonda polpetta avvelenata che passa sotto il nome di “Misure urgenti per il recupero della competitività regionale” e che in nome del progresso serve a fare non pochi favori, non ultimo quello destinato a stimolare il generoso riscontro dei cavatori. Dove non arriva lui arriva la giunta regionale con quello scienziato dei lavori pubblici che è l’ex sindaco di Marano, fatto assessore per grazia divina senza essere stato nemmeno eletto. Poi c’è l’imperturbabile direttrice del servizio infrastrutture e accanto al nuovo assessore c’é l’ultima new entry, nella persona dell’ing Canali, potentissimo padre padrone del Consorzio di Bonifica “Pianura Friulana”, entrato per grazia divina a rinforzare il partito regionale del cemento nella nuova mansione di capo della direzione ambiente ed energia. Ebbene, nella baraonda delle ultime ore dedicate all’assalto della diligenza, ovvero alla valanga di emendamenti da infilare nelle “misure urgenti…”, la banda dei quattro tenta il tutto per tutto. Consapevole della sonnolenza e della incompetenza cronica che affliggono i fracabotoni di piazza Oberdan, la banda decide di destinare la bellezza di 450.000 euro per il progetto preliminare e definitivo di una condotta di derivazione che prelevi le acque in uscita dal lago Cavazzo per immetterle nel sistema irriguo del Consorzio di bonifica della Pianura Friulana; Consorzio, che è bene ricordare, nonostante una richiesta di aspettativa rimane pur sempre sotto la diretta influenza dell’ing Canali. Da anni il Consorzio fa ciò che vuole: decide incondizionatamente le opere da farsi, ne determina a priori l’ammontare e la Regione, senza batter ciglio versa le somme richieste per i progetti e la realizzazione delle opere, senza che alcuno osi mettere il naso e sindacare l’operato. A conferma di un sodalizio nato ben prima del colpo di mano di cui sopra, al Consorzio è stato affidato anche il progetto (fallimentare per il numero di perizie cui è stato sottoposto!) dei dragaggi di Porto Nogaro, che nulla centrano con le mansioni del Consorzio, bensì con la evidente consorteria che regola gli interessi della cupola regionale. Tali e tante sono la spavalderia e gli interessi in gioco che l’emendamento in questione ha disposto di versare i 450 mila euro in un unica soluzione, cioè entro novanta giorni dalla presentazione del solo progetto preliminare, quindi a prescindere dalla affidabilità e dai tempi realizzativi di un progetto esecutivo ancora tutto da decidere! Una cifra enorme e incondizionata che l’emendamento in questione ha deciso di anticipare nella eventualità di un successivo finanziamento statale… ma sia ben chiaro, con la condizione che in caso contrario, i costi del progetto sarebbero rimasti a carico esclusivo della Regione, cioè dei soliti, ignari effevugini! Ciò nonostante, nei soporiferi stazzi di Piazza Oberdan nessuno si è preoccupato di valutare preliminarmente le possibili conseguenze che dalla derivazione dell’effluente potrebbero derivare nei confronti dell’equilibrio idrogeologico della zona, ovvero i riflessi negativi sulla potenzialità del sottostante acquifero da cui traggono origine le principali captazioni di acqua potabile del Friuli. Oltretutto nessuno si è voluto accorgere che quel progetto non doveva precedere la tanto attesa salvaguardia del lago di Cavazzo, la cui vita è da lungo minata dai fanghi provenienti dallo scarico dalla centrale idroelettrica di Somplago. A riprova del dolo, nessuno, e tanto meno gli autori dell’emendamento in questione, si è ricordato che non meno di due giorni prima l’esecutivo aveva fatto pubblicare il tanto atteso bando per il concorso di idee finalizzate alla salvaguardia del lago: progetto che inevitabilmente avrebbe dovuto includere la compatibilità delle possibili derivazioni, cioè di quei lavori il cui progetto si è voluto affidare al Consorzio di Bonifica. La fretta di portare in cascina il malloppo li ha traditi, ma ciò grazie alla pronta reazione dei Comitati che da decenni si battono per la salvezza del lago, contro le negligenze e le correità dell’esecutivo regionale. Ora, dopo un maldestro tentativo di abborracciare una approvazione condizionata, la giunta regionale sembra decisa a ritirare l’emendamento. Ma di fronte a tale figuraccia appare ancora più evidente il tentativo di sottrarsi alle leggi dello Stato, specie nel momento in cui avevano pensato di condizionare la scelta dei membri delle commissioni per l’assegnazione degli appalti: tanto più nel momento in cui, per giustificare quel proposito, l’assessore Pizzimenti ha osato dichiarare che:“dobbiamo difenderci dallo Stato…” Fatti e parole sufficienti a pretendere le dimissioni e a promuovere quella azione giudiziaria che la Procura di Udine non avvia per essere troppo impegnata a condannare gli agricoltori, colpevoli di fare strage delle api con i prodotti che vengono loro somministrati dai Consorzi. Non è la prima volta che ci occupiamo delle anomalie di un Consorzio di Bonifica che macina quattrini senza troppi incomodi e controlli: per giunta giustificato dalle mutate condizioni climatiche, dal perpetuarsi di una condiscendenza che passa da una compagine politica all’altra e dall’inerzia degli ambientalisti di regime, intenti ad abbaiare alla luna e a vendere magliette. Tant’è che se interviene un rompiscatole a sindacare le loro scelte progettuali, salta fuori l’amministratore di turno, che ti accusa di far perdere un finanziamento già assegnato: non di fare ciò che è obiettivamente necessario, ma di non sprecare i soldi del contribuente! Così come si è verificato in occasione dello spreco di denaro pubblico e di terre fertili in quel di Bressa, oppure nel caso della regimazione delle acque di Lauzacco-Persereano e avant’ieri nel caso di Lestizza. Ebbene, a Lestizza ci siamo trovati in mezzo ad una popolazione che ha sofferto in prima persona le cicliche esondazioni del Cormor e che per non dimenticare ne ha tratto una mostra fotografica ed uno splendido reportage cinematografico. A tenere banco erano intervenuti il responsabile della protezione civile regionale, il direttore tecnico del Consorzio di Bonifica della Pianura Friulana, nonché il progettista delle opere idrauliche. Costoro hanno ragionato sul da farsi, in forza di un finanziamento di 250.000 euro, ma senza aver ancora risolto un bel nulla, salvo la decisione di ripulire taluni canali di scolo. Un fatto intollerabile, tanto più a fronte ad una eventualità -quella della inondazione- che non tarderà a riprodursi. Tutto ciò che hanno saputo esibire è stato il progetto di una faraonica condotta sotterranea, tale da intercettare le acque di prima pioggia e una parte delle piene del Cormor e riversarle a distanza di chilometri nell’alveo del Torre. Tutto ciò con il presupposto di un importo dei lavori non inferiore ai 150 milioni di euro e, naturalmente, che la piena del Cormor non debba coincidere con quella del Torre! Un opera a dir poco demenziale, che di sola progettazione frutterebbe un milione e mezzo di euro, e con il presupposto, altrettanto inverosimile, di dover escludere la contemporaneità delle due piene (280 mc al secondo quella del Cormor e 1000 quella del Torre). Glielo abbiamo detto in faccia, ma costoro sembrano impuniti, ovvero ben decisi ad andare avanti a botte di lucrose progettazioni, altrettanto costose opere e di illusorie promesse. Di una sorveglianza costante e qualificata dei corsi d’acqua e di una altrettanto costante manutenzione nemmeno a parlarne: conviene gestire appalti su appalti, meglio se in regime di somma urgenza o quando la situazione è già stata compromessa da una piena. E dire che non sono stati nemmeno in grado di mantenere la promessa di introdurre le stesse provvigioni in vigore in Toscana e nel Veneto, dove le aree considerate esondabili vengono remunerate una tantum e non come da noi dove per ottenere uno straccio di rimborso l’agricoltore deve riempire pacchi di scartoffie e ungere non pochi uffici.
Tibaldi Aldevis