Sanità, Cartabellotta: “Sistema sanitario nazionale in affanno, quasi 5 milioni di italiani rinunciano alle cure”. In Fvg non va meglio

” Nel 2023 circa 4,5 milioni di persone hanno dovuto rinunciare a visite o esami diagnostici . Di queste, ben 2,5 milioni lo hanno fatto per ragioni economiche . Un dato in crescita di quasi 600.000 unità rispetto al 2022 . È il segnale del progressivo indebolimento del principio di equità su cui si fonda il nostro sistema sanitario nazionale.”

A dirlo è Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, intervenuto al Cracking Cancer Forum di Bologna , l’evento organizzato da Koncept che riunisce medici, ricercatori, esperti, impegnati nella lotta ai tumori.

“Quando curarsi diventa un privilegio e non un diritto, non è solo la salute a essere in pericolo, ma la tenuta stessa del patto sociale – sottolinea Cartabellotta -. Il sistema sanitario è in forte affanno per la carenza cronica di professionisti sanitari: mancano all’appello oltre 5.500 medici di famiglia. Ogni anno circa 10.000 infermieri si cancellano dall’albo ei (sempre meno) giovani che scelgono questa professione non nemmeno basta lontanamente a compensare l’emorragia. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: meno servizi pubblici disponibili, liste d’attesa sempre più lunghe, pronto soccorso al collasso, crescente difficoltà a trovare un medico di famiglia E così, chi può, si rivolge alla sanità privata Gli altri, rinunciano alle cure.”

” Secondo la Legge di Bilancio 2025, il Fondo Sanitario Nazionale crescerà di 2.520 milioni (+1,9%), ma solo poco più della metà, 1,3 miliardi di euro, rappresenta nuovi stanziamenti; il resto, 1,2 miliardi, sono risorse già stanziate dalla manovra precedente. E il futuro non promette meglio: eccezion fatta per il 2026 (4 miliardi pari al +3%), gli incrementi per i successivi tre anni sono risibili – ricorda il presidente della Fondazione Gimbe -. In termini di percentuale di Pil, il Fondo Sanitario Nazionale scende dal 6,12% del 2024 al 6,05% nel 2025 e 2026, per poi precipitare al 5,9% nel 2027, al 5,8% nel 2028 e al 5,7% nel 2029. “record di investimenti” si trasformano in “minimo storico”.

“La sanità territoriale può aiutare ad allentare la pressione sui pronto soccorso e ad abbattere le liste d’attesa. Ma non basta costruire muri. La riforma territoriale disegnata dal decreto ministeriale 77/2022 va nella giusta direzione, ma senza un piano straordinario per il personale e senza un modello organizzativo chiaro, il rischio di fallimento è altissimo – dice Cartabellotta -. Case di comunità, centrali operative territoriali, ospedali di comunità rimarranno scatole “vuote” se non si colma il vuoto di personale: servire almeno da 20 a 27mila infermieri in più e un concreto coinvolgimento dei medici di famiglia.”

IL SSN RISPONDE ALLE LEGGI DI UN MERCATO CONDIZIONATO DALL’OFFERTA, attorno al quale ruotano gli interessi di numerosi protagonisti: politica (Stato, Regioni e Province Autonome), aziende sanitarie pubbliche e private, manager, professionisti sanitari e cittadini, ma anche università, società scientifiche, ordini e collegi professionali, sindacati, associazioni di pazienti, industria farmaceutica e biomedicale, etc.

IL SSN È CARATTERIZZATO DA COMPLESSITÀ, INCERTEZZE, ASIMMETRIA INFORMATIVA, qualità difficilmente misurabile, conflitti di interesse, corruzione, estrema variabilità delle decisioni cliniche, manageriali e politiche. L’inestricabile combinazione di questi fattori permette ai differenti attori un livello di opportunismo tale da rendere il sistema poco controllabile. Di conseguenza, per mantenere un SSN equo e universalistico, è indispensabile riallineare gli obiettivi divergenti e spesso conflittuali dei diversi stakeholders, rimettendo al centro l’obiettivo assegnato al SSN dalla legge 833/78 che lo ha istituito, ovvero: “promuovere, mantenere, e recuperare la salute fisica e psichica di tutta la popolazione”.

 

Fin qui i dati nazionali, ma non è che in Fvg vada molto meglio. Secondo  dati in Friuli Venezia Giulia, un anziano su quattro rinuncia alle cure. Fra l’altro con candida sfrontatezza che ci siano grossi problemi l’ammette anche l’assessore regionale alla sanitò Riccardo Riccardi che, quasi lui fosse estranea alle questioni già qualche mese fa  sentenziava:  “Non possiamo sederci davanti a quella che è stata una resistenza del sistema”. L’assessore parlava commentando  i “voti” assegnati al Servizio sanitario regionale dal rapporto Agenas sulle prestazioni erogate dalle strutture ospedaliere del Friuli Venezia Giulia. Al di là dei voti, facevano notare molti osservatori, il fatto stesso che l’assessore utilizzasse  un termine difensivo come “resistenza” implicava una presa d’atto del fatto che il livello delle prestazioni è in calo. Del resto l’allarme era arrivato da mesi da fonti sindacali, la Cgil aveva documentato un calo del 14%, tra il 2018 e il 2023, delle visite specialistiche e della diagnostica strumentale ed anche il 2024 non è andato meglio. Ancora più preoccupante il recentissimo dato dello studio Passi d’argento che misura la qualità della vita vista dalle persone con 65 anni e più. Ebbene in Fvg è  certificato come il 22,8% della popolazione anziana rinunci a visite e esami per difficoltà economiche, a causa della lunghezza delle liste di attesa o come effetto combinato delle due cause. Si tratta praticamente di un anziano su 4. valore aggiunto (e senza alcun interesse, anzi, all’appropriatezza delle prescrizioni). Ovviamente noto il problema ma arcinote sono le cause, ciò che è venuto meno è in sostanza la capacità del servizio pubblico di garantire la presa in carico delle persone e delle comunità, il ruolo dei distretti, la capacità operativa delle reti clinico assistenziali, l’apporto dei medici di medicina generale, non solo in termini numerici, ma anche di coinvolgimento delle loro rappresentanze nelle scelte strategiche, il concetto stesso di prossimità dei servizi. Davanti a tutto questo, non smetteremo mai di denunciare come l’assessore prosegua  al  lancio di grida d’allarme scaricando di fatto su altri le responsabilità ad iniziare da quelle che lui addita come principale problema: l’aumento delle richieste di prestazioni specialistiche che lui ovviamente imputa ai pazienti (incapaci evidentemente di autodiagnosi o ai medici di medicina generale  rei di chiedere rassicurazioni specialistiche anzichè curare direttamente i pazienti. Ovviamente la questione non va trattata in maniera semplicistica, ma crediamo  sarebbe necessaria una riflessione più profonda sui fattori che lo stanno determinando. Fattori che sono sì legati all’invecchiamento della popolazione e al progressivo aumento di patologie croniche, ma anche alla scelta strategica, da parte di questa amministrazione regionale e in primis dell’assessore di puntare tutto sulla creazione di una macchina sanitaria basata esclusivamente sulla fornitura acritica di prestazioni, anche attraverso una progressiva crescita delle risorse dirottate verso la sanità privata, che ha come logica ed esclusiva mission la fornitura di prestazioni, in particolare quelle a maggiore lucro. Per tutto questo gli scomposti allarmi lanciati dall’assessore  sull’aumento delle prescrizioni suona  paradossale, perché le questioni non  sono l’effetto di difficoltà oggettive, ma soprattutto delle scelte, e delle mancate scelte, della giunta regionale che, Dio non voglia,  motivate da innominabili interessi.