A 50 anni dall’ordinamento penitenziario, quali prospettive per il carcere? La posizione dell’Associazione Antigone
Era il luglio del 1975 quando fu approvata la legge n. 354 contenente le Norme sull’ordinamento penitenziario. La legge penitenziaria voleva colmare una lacuna in quanto era ancora vigente il regolamento fascista nonostante quanto prescritto all’articolo 27 della Costituzione. Gli anni ’70 del secolo scorso sono stati anni costituenti. Quella legge, più volte modificata in direzioni opposte, ha mantenuto la sua promessa riformatrice?
A 50 anni dalla sua introduzione nell’ordinamento giuridico vogliamo ridiscutere intorno alle sue reali applicazioni, al passato, presente e futuro della pena in Italia.
Lo faremo in un convegno che si terrà a Roma i prossimi 13 e 14 febbraio. In occasione della ricorrenza dei 50 anni della riforma del sistema penitenziario italiano, Antigone ha convocato a Roma alcuni dei principali studiosi italiani del carcere, per due giorni di riflessioni culturali, giuridiche, politiche e sociali sul tema.
La legge penitenziaria ha introdotto importanti principi di umanizzazione e di rispetto dei diritti fondamentali dei detenuti. Tuttavia, è emerso nel tempo un dibattito acceso sulle sue reali applicazioni, sulle difficoltà operative e sull’efficacia nel rispondere alle necessità di una società in continua evoluzione.
Oggi più che mai, dinanzi ad un approccio che si sta sviluppando verso una chiusura del carcere, è giusto allargare gli orizzonti del dibattito, guardando a ciò che il carcere deve essere nella società, come vada organizzata la sua vita interna, quali diritti vadano riconosciuti e in che modo, affinché la pena sia conforme al dettato della Costituzione.
In tutto questo si innestano i cosiddetti nuovi Ddl sicurezza che rischiano di essere un salto nel buio per la nostra democrazia. Scrive Andrea Oleandri Responsabile comunicazione di Antigone sulla rivista “lavialibera”, “Il testo voluto dal centrodestra, approvato dalla Camera e ora in discussione al Senato, mette sotto pressione lo Stato di diritto. E mentre il presidente Mattarella e le istituzioni europee chiedono sostanziali modifiche, il numero di persone detenute aumenta a dismisura.
Il ddl sicurezza, l’iniziativa del governo che potrebbe cambiare, indebolendolo, lo Stato di diritto, è stato approvato alla Camera lo scorso mese di settembre ed è attualmente in discussione al Senato. In caso di fumata bianca, il provvedimento porterebbe all’introduzione di numerosi, nuovi reati, come ad esempio il blocco di strade o ferrovie durante le manifestazioni o quello di rivolta penitenziaria (che si applicherebbe anche alle forme di resistenza passiva e non violenta).
Cosa c’è dentro il ddl sicurezza. Proteste, carcere, cpr e cannabis: la parola d’ordine è reprimere
Senza dimenticare la cancellazione del differimento della pena in carcere per le detenute madri di bambini nei primi mesi di vita o, ancora, il divieto di vendere schede sim per smartphone ai migranti senza permesso di soggiorno. Di recente, su entrambe le misure sono emerse alcune perplessità da parte del Quirinale che, oltre a queste disposizioni, sembra non aver gradito anche il divieto di manifestare contro le grandi opere e le infrastrutture strategiche, nonché l’introduzione del reato di rivolta penitenziaria allargato alla resistenza passiva e la possibilità che a collaborare con i servizi segreti, tra le amministrazioni pubbliche, siano anche le università, con il rischio di schedatura di studenti che hanno determinate posizioni politiche.
Fronte d’opposizione
La presa di posizione del presidente della Repubblica Sergio Mattarella sembra aver trovato alcune aperture nella maggioranza di centrodestra, in particolare in Forza Italia e in alcuni esponenti di Fratelli d’Italia, mentre la Lega continua a tirare dritto per arrivare presto all’approvazione definitiva, minacciando di voler introdurre norme ancora più dure qualora il testo venga aperto a modifiche.
Tuttavia quelle che giungono dal Quirinale non sono le uniche preoccupazioni sugli effetti negativi che il disegno di legge potrebbe avere. Già lo scorso maggio l’Osce – l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa – aveva evidenziato come “la maggior parte delle disposizioni ha il potenziale di minare i principi fondamentali della giustizia penale e dello Stato di diritto”, chiedendo di non approvare il testo o comunque di apportare sostanziali modifiche.
Ddl sicurezza, la repressione del dissenso nonviolento
Negli ultimi giorni del 2024 sono arrivate analoghe prese di posizione da parte del commissario per i Diritti umani del Consiglio d’Europa e di sei relatori speciali delle Nazioni Unite. Nel primo caso, il commissario del Coe Michael O’ Flaherty, in una lettera del 16 dicembre indirizzata al presidente del Senato Ignazio La Russa, aveva evidenziato come alcune delle disposizioni del ddl rischiano di minare la libertà di manifestazione e di protesta pacifica, contravvenendo così a quanto previsto dagli articoli 10 e 11 della Convenzione europea dei Diritti dell’uomo.
Per il commissario per i Diritti umani del Consiglio d’Europa alcune disposizioni del ddl rischiano di minare la libertà di manifestazione e di protesta pacifica
Pur concentrandosi su questi temi, il commissario ha specificato come l’intero ddl sollevi diverse preoccupazioni aggiuntive in relazione ad altri diritti. Riguardo al carcere, in particolare, O’ Flaherty ha spiegato come la giurisprudenza della Corte Edu, quella nazionale e i rapporti del Comitato per la Prevenzione della tortura (Cpt) sostengano che il trattamento e le condizioni nelle carceri e nei centri di detenzione per migranti italiani siano giudicati non conformi agli standard internazionali, aggiungendo motivi ai detenuti per contestare le loro condizioni con mezzi pacifici.
Più ascolto, meno criminalizzazione
Una protesta che va ascoltata e non perseguita, come fa invece il ddl sicurezza. Per questo motivo, la richiesta del commissario ai senatori italiani per via del presidente La Russa era stata quella di “astenersi dall’adottare il disegno di legge, a meno che non venga modificato in modo sostanziale per garantire che sia conforme agli standard minimi del Consiglio d’Europa in materia di diritti umani”.
Il 19 dicembre scorso sei special rapporteurs delle Nazioni Unite si sono rivolti al governo italiano per esprimere forti preoccupazioni sulla possibile approvazione del ddl
In particolare, si tratta degli articoli 9 (Diritto alla libertà e alla sicurezza e divieto di detenzioni arbitrarie), 12 (Diritto alla libertà di movimento), 14 (Diritto a un processo equo), 17 (Diritto alla privacy), 19 (Diritto alla libertà di espressione e di opinione), l’articolo 21 (Libertà di riunione) e l’articolo 22 Llibertà di associazione). I sei relatori speciali (sui diritti alla libertà di riunione pacifica e di associazione; sulla promozione e la protezione del diritto alla libertà di opinione e di espressione e di espressione; sulla situazione dei difensori dei diritti umani; sui diritti umani dei migranti; sulle forme contemporanee di razzismo, discriminazione razziale, xenofobia e intolleranza correlata; sulla promozione e la protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali libertà fondamentali nella lotta al terrorismo) hanno anche avanzato alcune richieste di modifica del ddl.
Da inizio legislatura la coalizione di centrodestra ha introdotto 48 nuovi reati nel codice penale, più un altro sconfinato numero di aumenti delle pene. Le persone detenute, anche a fronte di questo “attivismo” penale, sono aumentate di oltre 5mila unità negli ultimi due anni, superando quota 62mila, con un tasso di affollamento che ha superato il 132 per cento. Un quadro preoccupante, con il ddl sicurezza che minaccia di essere un ulteriore salto nel buio per la nostra democrazia e per il nostro sistema penitenziario.
L’Associazione Antigone
Antigone, associazione “per i diritti e le garanzie nel sistema penale”, è nata alla fine degli anni ottanta nel solco della omonima rivista contro l’emergenza promossa, tra gli altri, da Massimo Cacciari, Stefano Rodotà e Rossana Rossanda. E’ un’associazione politico-culturale a cui aderiscono prevalentemente magistrati, operatori penitenziari, studiosi, parlamentari, insegnanti e cittadini che a diverso titolo si interessano di giustizia penale. http://www.associazioneantigone.it