A che gioco giochiamo?
Una domanda che ogni persona sana di mente dovrebbe porsi ogni tanto. Basterebbe trovare un secondo per guardarsi attorno e soffermarsi su piccolo particolari, non dico per darsi una risposta (Marzullo dixit), ma per immaginarsene qualcuna. Per buttarla li’, in questi giorni si sta svolgendo un’attività di formazione che coinvolge sei nazioni appartenenti alla Nato e che si svolge tra la Comina pordenonese e la Val Resia. All’apparenza una manovra di simulazione quasi innocua se non si facesse caso al fatto che se a Pordenone si parla il veneto, e questo c’entra poco, nella Val Resia si parla un dialetto di origine russa. All’interno dell’esercitazione, la popolazione locale, non quella pordenonese ovviamente, viene coinvolta con il ruolo di facilitare la comunicazione e fare da interprete. Insomma, in caso di intervento del CIVIC (Center for Civilians in Conflict) resosi necessario in caso di conflitto, ci sarebbe bisogno di poter comunicare tra la gente presso cui l’intervento viene effettuato e le forze armate esterne coinvolte nell’evento bellico. Il CIVIC è una sorta, per semplificare, di escamotage che dovrebbe alleviare i problemi provocati ai civili da eventuali interventi armati. Sarà, ma il fatto che l’esercitazione si effettui in uno dei pochi luoghi in cui ancora si parla un dialetto di derivazione russa, slava secondo i portavoce militare dell’esercitazione, fa venire in mente che si sia tornati indietro di quaranta anni quando non c’erano dubbi sul fatto che il nemico era l’Unione Sovietica (sintetizzando i russi), cosa che faceva sì che circa i due terzi della forze armate italiane fossero disclocate in Friuli. A me pare che se si voleva trovare una minoranza in Friuli che parlasse normalmente e abbondantemente una lingua slava sarebbe stato sufficiente e più semplice andare nel Carso o nel Collio; inoltre, lì, si sarebbe potuto bere un goccetto di quello buono. Il fatto stesso che ad Aviano, nel silenzio totale da parte delle autorità, ma anche della gente, e spudoratamente offendendo le Convenzioni Internazionali firmate anche dall’Italia, si stia alacremente lavorando all’aggiornamento degli “shelter” che contengono le invisibili ma reali B61 che stanno per essere rimpiazzate dalle più moderne B61-12, deve pur avere un significato. A parte che in questo modo Aviano rimarrà e diventerà ancora di più uno dei principali obiettivi di un’eventuale attacco o risposta da parte dei “nemici”, appare chiaro chi sono i nuovi, ma soliti, nemici. Naturalmente dando per scontato che i buoni siamo sempre noi e i nostri principi sono quelli sani e devono essere esportati, con le buone (mai) o con le cattive (normalmente). Sfiga vuole che da queste parti ancora non si sia riusciti a trovare una vallata dove si parli un dialetto di origine cinese.. Chissà che a forza di giocare alla guerra, non capiti di precipitare in una vera… Come, ce ne sono già fin troppe? Pare mai abbastanza. Detto questo, e cercando di capire come si svolgono altri giochetti preversi, non sarebbe neppure male porsi anche altre domandine, tipo perchè la questione dei migranti ci venga proposta come si trattasse quasi esclusivamente riferita a quanto di vergognoso accade da un paio di settimane al confine tra Bielorussia e Polonia. Vale la pena sottolineare e chiarire, per non creare inutile ed eventuali sospetti o malintesi, che quanto Lukashenko, con la probabile lunga mano del suo amico Putin, sta facendo è ignobile ed inaccettabile. Allo stesso tempo non sarebbe male ricordarsi che quello dei confine orientali dell’Unione Europea è solo uno degli effetti creati da guerre, fame, disastri ambientali ed altre amenità che noi occidentali abbiamo provocato e distribuito a piene in giro per il pianeta. Ma il problema neppure, purtroppo, è solo questo, ma come questa realtà continuiamo a nascondere ai nostri sempre più distratti occhi. Non dovrebbe sfuggire perlomeno a chi fa informazione (o dovrebbe farla) che nel frattempo noi paghiamo profumatamente gente come Erdogan o i guardia coste libici, un branco di criminali in divisa, per spogliare di quanto posseggono, trattenere reprimendoli con la forza, sbattendoli in orribili galere che chiamiamo campi, coloro che vorrebbe allo stesso modo e con gli stessi diritti rispetto a quelli che ora patiscono gelo, fame e repressione da entrambe le parti del confine bielorusso/polacco, un futuro più decente. Senza dimenticarsi di coloro che ancora vagano nei boschi tra Bosnia e Croazia, dove gelo e neve nulla hanno da invidiare a quelli tra Bielorussia e Polonia, e che vengono metodicamente picchiati e rimandati indietro in improbabili situazioni di (cosiddetta) accoglienza. Siamo già all’interno della democratica Europa o di chi sta ai suoi prossimi margini e vorrebbe entrarci. Oppure, perchè no, buttare un occhio nel profondo della nostra Europa per capire a che gioco si stia giocando. E’ di questi giorni l’aperta polemica tra Francia e Regno Unito rispetto alla tragedia che ha visto una trentina di persone perdere la vita nell’ennesimo tentativo di raggiungere un luogo dove poter ricominciare una vita. Accuse reciproche che rimbalzano da una sponda all’altra della Manica. Niente di diverso rispetto a quanto succede purtroppo metodicamente tra le coste del Nord Africa e quelle del Sud dell’Europa, principalmente quelle italiane. Magari penso male, ma perlomeno il sospetto sorge spontaneo; non è una novità che i rapporti tra Francia e Gran Bretagna siano piuttosto freddi a causa del mancato rispetto dei trattati tra le due parti in seguito all’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. La questione dei diritti relative alle licenze legate alla pesca nel Canale, la crisi dovuta al mancato arrivo nell’isola di parecchi prodotti di base, sono diventate fonte di notevoli attriti tra le due parti e quasi provocando una crisi diplomatica. Tanto quanto, se non di più, la rottura del corposo contratto che prevedeva la vendita dei sommergibili francesi all’Australia, rapidamente sostituito dalla commessa girata agli USA con la complicità degli inglesi. Sarà anche dietrologia, ma l’impressione che anche in questo caso i migranti vengano usati e manipolati ad hoc per ottenere altri risultati, non pare così remota. Dunque, mica saremo anche noi cattivi come gli altri? Giusto per non sbagliarci, poi, ieri Macron e Draghi hanno fatto la voce grossa sostenendo che l’Europa deve difendere i suoi confini. E per chi sta dalla parte sbagliata, vabbè, amen! Insomma, siamo alle solite, prima di tutto vanno difesi i nostri interessi, qualsiasi cosa questo significhi e senza neppure stabilire se questi siano davvero . Se uno avesse un minimo di capacità di guardare un poco più lontano rispetto all’immediato, forse capiremmo che così non è, ma forse questo è chiedere troppo. Ne sarebbe un chiarissimo esempio quanto emerso dai recenti, ed osannati dai soliti media, “summit” sull’ambiente che mai arriveranno non dico ad una soluzione, ma ad un reale e comune piano di intervento. Basti pensare che coloro che hanno provocato fino ad oggi il disastro in cui ci ritroviamo e mai hanno alzato un dito neppure in seguito alle altisonanti risoluzioni con cui da almeno un trentennio ci stanno bombardando, vorrebbero mettersi sullo stesso piano e pagare lo stesso prezzo rispetto a coloro che all’abbondante banchetto mai hanno partecipato. Anzi, ne hanno solo pagato e stanno pagando tutt’ora le conseguenze più di ogni altro. Che poi sono gli stessi che vorrebbero, pensa un po’ che pretese, trovare un po’ di spazio e di tranquillità da noi a costo di rischiare la vita che poi spesso finisce nelle acque del Mediterraneo o della Manica. Anche questo sembra un po’ il gioco dell’oca in cui spesso accade di dover tornare a cominciare dall’inizio; sempre che non ci si fermi in galera. Docbrino