Amianto: “Non lasciamo che la morte arrivi prima di noi”
Il 28 aprile è la giornata mondiale dedicata alle vittime dell’amianto. Un giorno all’anno per esprimere la testimonianza, per dire “certe cose non devono mai accadere”. Un giorno per dire: è stata colpa del Cantiere Navale, della ditta appaltatrice, del materiale, della mancanza di protezione, dei mancati controlli, del profitto, del fare soldi facili con la vita dei lavoratori. Vendere e tradire i lavoratori è sempre una questione di soldi.
Con il giorno dopo ricominciano i 364 giorni della demagogia è della realtà dei numeri. A oltre 30 anni dal divieto di utilizzo del materiale, il CRUA (Centro Regionale Unico Amianto ndr) ci porta con i piedi per terra, con i numeri costanti delle persone morte 33/38 all’anno, 1 persona ogni 11 giorni. Persone, famiglie, comunità, territori stravolti dalla violenza a cui non si fa più caso, dove non suona nemmeno la campana. E la triste vita locale che si trascina. I processi conquistati, importanti, ma per pochi, sono ai titoli di coda. Il riconoscimento da parte dello Stato, azionista di maggioranza, mai richiesto. La ricerca, per trovare una speranza di guarigione, in difficoltà. Le cure e l’assistenza sono perse dentro una sanità che annaspa tra pubblico e privato, tra un diritto e un privilegio. La solitudine e la paura dell’esposto che aumenta mentre il tempo a disposizione sta finendo, e mentre i giorni della settimana hanno meno importanza. Non facile, e nemmeno semplice accettare l’ombra nera che la fibra ti ha portato dentro il corpo. Dopo il periodo del rifiuto, della vergogna, della colpa, della rabbia, conviverci guardandola negli occhi, combatterla a mani nude, diventa il lavoro della vita. Senza accorgersi, sempre più spesso si cerca nel vuoto con nostalgia, qualcosa del passato, mentre la stanchezza aumenta e l’ombra nera che prende il sopravento. Un passaggio tra essere umano e carico residuale, una disillusione. E la fotografia della sconfitta politica, personale, di tutte le storie dei lavoratori, di un intero territorio, della dispersione di un immenso patrimonio umano.
Eppure sono loro l’unica continuità, questi artisti, volevano ricostruire, cambiare e vedere il futuro, sognare, pieni di passione. Nessun racconto, nessuna immagine è in grado di rispecchiare quella realtà. La testimonianza diventa credibile quando è legata alla scelta politica che mette in discussione il sistema e quando il passato serve ad immaginare il futuro.
E noi?
Siamo attoniti di fronte alla tragedia, sembriamo perdere ogni speranza, utilizziamo il silenzio, cambiamo il discorso, ci giriamo dall’altra parte, impreparati a rispondere su come è possibile convivere con tanta colpevole indifferenza. Accettiamo impotenti le grandi distanze e ritardi tra le parole e le esigenze, le necessità necessarie, che ti levano ogni fiducia nella credibilità. Sconsolante, NO non è sufficiente parlare del passato, bisogna reagire, ribellarsi, intervenire sul presente e scegliere il futuro.
Non lasciamo che la morte arrivi prima di noi.
Da oltre venti anni le fibre artificiali vetrose hanno sostituito l’amianto. Materiali diversi in forte evoluzione, lo conosciamo abbastanza, mai in modo definitivo. Le forze portatrici di interesse non possono dire: non conosciamo, non sappiamo. Oggi, è Loro la responsabilità per la protezione e la prevenzione sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori. Dove si ignora oggi, che è una scelta politica, domani ci sarà una lapide.
E noi come partecipiamo? Da qualche parte bisogna cominciare: definendo come cornice l’applicazione del “Documento Europeo sulla protezione della salute e della sicurezza sui posti di lavoro come spina dorsale della transizione e del futuro sviluppo”; trasformando l’obbiettivo europeo del “zero infortuni sul lavoro” e della riduzione al minimo per le malattie professionali entro il 2030, in “questione sociale” del territorio; facendo diventare “un’opportunità imperdibile” un progetto del PNRR sulla protezione della salute e della sicurezza sui posti di lavoro. Inoltre, pretendendo decisioni sull’aumento di personale per i controlli; sull’impiego vincolante delle protezioni individuali dei lavoratori; sulla raccolta dei dati sulle esposizioni del tipo di materiali e sui tempi di esposizione; sul controllo delle composizioni dei materiali e la loro possibile conseguenza sulla salute.
Serve trasformare il lavoro, gestirlo per farlo diventare una risorsa. Questo è lo specchio della città.
Luigino Francovig