Battuta d’arresto della Rizzani de Eccher sul bando pubblico per il risanamento strutturale di opere d’arte. Dimezzati i lotti per decisione del Tar
Nuova vicenda vede protagonista la Rizzani de Eccher, l’azienda friulana che si è abituata ad avere in mano il classico asso pigliatutto e che mal digerisce vincoli e laccioli. Legittimo ovviamente se si resta nell’alveo della legalità e degli stratagemmi, ma non quando si esagera e si cerca di interpretare le norme in maniera molto, alzi moltissimo elastiche. Di queste ore la notizia di una sentenza avversa all’azienda friulana, che come spesso accade quando la Rizzani non si aggiudica appalti milionari ma trova ostacoli sul suo cammino, è notizia defilata se non assente nei media regionali che sono invece sempre pronti a paginate ricche di particolari e rendering sulle future opere. Insomma sulla Rizzani vanno di moda solo le good news. La sentenza “avversa” arriva dal Tar del Lazio e riguarda i lotti relativi all’accordo quadro quadriennale per il risanamento strutturale di opere d’arte (ponti, viadotti e gallerie) con interventi mirati alla conservazione, al consolidamento statico e alla protezione sismica delle opere sull’intero territorio nazionale. Accordo che aveva suddiviso il bando in 24 lotti, per un valore stimato in 660 milioni di euro. Un piatto decisamente ricco e per evitare che vi fosse incetta da parte di soliti noti, era stato posto il cosiddetto “vincolo di partecipazione”. In sostanza una impresa ha una sola possibilità di offerta. Ovviamente un vincolo poco digeribile per una pigliatutto come l’impresa “Rizzani de Eccher spa” che secondo quanto emerge dalle risultanze del Tar del Lazio non avrebbe rispettato il vincolo partecipando a due diverse gare e ritrovandosi aggiudicataria sia del lotto 5 Veneto-Friuli Venezia Giulia – parte 1, in quanto mandataria del Raggruppamento temporaneo d’imprese costituito con la “Spic srl”, sia del lotto 6 Veneto-Friuli Venezia Giulia – parte 2, vinto dalla sua controllata “Sacaim spa”. Insomma mascherata ma era sempre lei. A sollevare la questione e trascinare davanti al Tar del Lazio l'”Anas spa”, che aveva approvato la proposta di aggiudicazione, e la stessa Sacaim (alias Rizzani) , è stato il “Consorzio stabile europeo” costituito da un team di imprese italiane leader nel settore delle costruzioni nato al fine di poter partecipare ad appalti di particolare entità su qualsiasi territorio, mettendo fine a quelli che in passato erano stati veri e propri monopoli da parte di grandi aziende. Il Consorzio Stabile Europeo risulta capogruppo del Raggruppamento temporaneo di imprese che aveva a sua volta presentato offerta per il lotto 6. E’ stato in sostanza il consorzio che, avuto accesso agli atti, si è “accorto” quello di cui avrebbe dovuto accorgersi Anas e cioè che Rizzani de Eccher detiene il cento per cento del capitale della Sacaim. Per inciso bastava una visita ai siti web di Rizzani e della Sacaim per capire l’esistenza di un legame stretto, ma forse all’Anas il web è fonte sconosciuta ma sono sconosciute anche le visure o forse c’è chi soffre di presbiopia perniciosa indotta. Comunque sia il Consorzio Stabile Europeo non ha esitato a impugnare l’aggiudicazione e chiederne l’annullamento. Il ricorso è stato giudicato fondato: «È documentato – scrive il Tar in sentenza – che appartengono al medesimo gruppo societario, trovandosi peraltro tra loro in rapporto di controllo totalitario. Inoltre, Marco de Eccher ricopre in entrambe le società la carica di presidente del Cda». L’Anas si era difesa sostenendo che la clausola, che vieta di partecipare «in qualità di mandatari o mandanti, anche cooptati, di un Rti concorrente a un lotto che partecipino ad altri sotto qualsiasi forma» dovesse essere interpretata in maniera «stretta» , insomma lo stridio sugli specchi si sentiva forte.