Che palle l’articolo 54 della Costituzione, è attentato alla libera iniziativa
Che palle quell’articolo 54 della Costituzione sul “dovere di adempiere con disciplina ed onore”. Deve essere questo il pensiero di molti, temiamo moltissimi e non solo politici, ai quali sono “affidate funzioni pubbliche” che ne vorrebbero l’abolizione magari assieme al reato d’abuso d’ufficio. L’articolo 54 della “carta” è un vero attentato alla libera iniziativa, perché cerca di interagire con argomenti morali sulla coscienza individuale, quella che dovrebbe farci naturalmente scegliere fra bene e male, fra giusto e ingiusto. In realtà però la cosa è superata, ormai sdoganata dal fatto che non tutti mantengono, nei reconditi meandri della materia grigia, la stessa idea di coscienza, inattivata dall’ego smisurato legato a doppio filo al concetto che vede come valore assoluto del successo solo denaro e l’accaparrarsi di proprietà smisurate da accumulare come se, novelli Faraoni, si potesse portare tutto nella tomba. Ed allora quel “dovere di adempiere con disciplina ed onore” per di più vincolati al giuramento, è un fardello stupido, troppo grande da poter sostenere, così meglio fare finta di nulla, che non esista e approfittare della posizione raggiunta senza alcuno scrupolo per fare i casi propri. Non si spiega altrimenti l’esistenza sul palcoscenico della politica ed in generale in quello della classe dirigente del paese, imprenditori compresi, di personaggi squallidi quanto votati, arricchiti senza scrupoli resi potenti più dall’ignavia dei più, che dalla loro effettiva capacità, se non quella di essere violenti e rapaci in politica così come negli affari. Intendiamoci, se consideriamo limite invalicabile le condanne giudiziarie, allora tutti costoro sono innocenti (fino a prova contraria), ma esistono verità diverse da quelle delle sentenze di un giudice e sono quelle relative al sentire comune, all’etica e alla morale che dovrebbero essere limite invalicabile, ad esempio, nelle candidature, perché non si può negare che un ladro è furfante anche se non viene mai beccato, un truffatore resta tale anche se non viene condannato, un mafioso è mafioso anche se scadono i termini del processo o se prove e testimonianze vengono cancellate o sporcate. Ma in realtà il vero problema non sono loro che, anzi, nell’immaginario popolare spesso diventano eroi, furbi da emulare, perchè hanno dimostrato grandi capacità nel fottere il prossimo, ma chi per piccolissimo interesse o pavidità, ne ha consentito l’ascesa. Personaggi che hanno cavalcato con spregiudicatezza il sistema, raggiungendo vertici inauditi. Il vero problema non sono loro, sono i tanti che li incensano, li ammirano, li votano o con la loro non scelta più o meno consapevolmente li rendono potenti. Chi è più colpevole? Il furbetto senza scrupoli o chi per ignavia ne consente l’esistenza e la proliferazione? Pensando a costoro mi tornano in mente gli studi classici e il fatto che storia e letteratura sono davvero importanti, non per capire il passato, almeno non solo per quello, ma per interpretare il presente e magari prevedere il futuro. Ed allora un consiglio, quando cercate di capire le cronache politiche o il peso di alcuni personaggi, rileggere (o leggere se non l’avere mai fatto) il III Canto dell’Inferno della Divina Commedia (https://it.wikisource.org/wiki/Divina_Commedia/Inferno/Canto_III) quello in cui Dante vede una schiera di anime che corrono inseguendo un’insegna velocissima quanto sfuocata, punzecchiati continuamente da vespe e mosconi. Dante chiede a Virgilio chi sono e il Maestro gli spiega che sono le anime di coloro che in vita non hanno agito né per il bene né per il male, non hanno mai preso una posizione, vivendo tutta la vita “senza infamia e senza lode”. Meditate per capire se fate parte di quella schiera che Dante colloca nell’Antinferno, perché li ritiene indegni sia della felicità del Paradiso sia delle pene dell’Inferno. Insomma il disprezzo assoluto del Sommo nei loro confronti è molto evidente, a tal punto da far dire a Virgilio: “non ragioniam di lor, ma guarda e passa”. Ma perché Dante nutre nei loro confronti un disprezzo così profondo? Perché, secondo il Poeta, l’uomo nella vita deve fare delle scelte, deve scegliere ad esempio tra il Bene e il Male, ma deve anche schierarsi politicamente, come aveva fatto lui, a tal punto da essere esiliato per motivi politici. Ma in realtà Virgilio aveva torto, di “lor” bisognerebbe ragionare e non passare, perché capire chi sono gli ignavi d’oggi potrebbe essere importante, determinante per il bene della democrazia che resta la migliore di tutte le peggiori forme di governo possibili. Nella società italiana del terzo millennio potrebbero essere considerati ignavi coloro che peccano di vigliaccheria ed egoismo, le persone che non prendono mai parte agli eventi, che tendono a seguire la maggioranza silenziosa per non avere problemi, che non si schierano e che quando lo fanno agiscono per piccolo meschino interesse. Sono quelli che vivono senza far nulla di buono né di cattivo, che hanno paura di agire, di esprimere le proprie idee e che non prendono posizione per paura di essere giudicati e che quando fanno qualcosa si stancano presto e magari quando sbagliano non ammettono i propri errori. Ed allora un secondo consiglio: dopo aver riletto Dante, andate allo specchio e guardate (guardiamo) qual è il grado di ignavia che percepite e reagite di conseguenza.
Fabio Folisi