Coldiretti Fvg celebra la giornata del latte: 1.000 aziende in regione, 2,5 milioni di quintali prodotti
«Una giornata simbolica per riflettere sull’importanza del comparto lattiero-caseario, in termini economici, ma con il riferimento primario della salute del consumatore, visti i valori nutrizionali del prodotto». Michele Pavan, presidente della Coldiretti del Friuli Venezia Giulia, interviene in occasione della giornata mondiale del latte, 1 giugno, istituita nel 2001 dalla Fao, ricordando i dati principali del settore in regione. Sono 1.000 le aziende agricole attive nella produzione di latte con almeno 10 capi, 83mila i bovini, 42.500 le vacche in lattazione, 2,5 milioni di quintali la produzione annuale.
Un quarto del totale viene trasformato in formaggio Dop. Il presidente della Coldiretti Fvg cita così anche i 686 operatori del settore, i 27 caseifici, le oltre 920mila forme in un anno di lavoro. «Sono numeri di rilevo – osserva Pavan –, la conferma della buona salute del formaggio italiano» che, come evidenzia una analisi della Coldiretti nazionale, ha visto un aumento del 14% del consumo all’estero a inizio 2019, con Germania (+25,8%), Regno Unito (+16,2%) e Francia (+7,5%) principali mercati europei. Un successo che rientra nel trend di ripresa del lattiero-caseario nazionale dopo l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza del latte, entrato in vigore in Italia il 19 aprile 2017, che ha rivitalizzato il mercato e salvato molte stalle dalla chiusura». Tuttavia, avverte il presidente della Coldiretti Fvg, «non ci dobbiamo fermare, ma insistere nell’investire per aumentare la qualità del prodotto e favorire maggiore sinergia tra i caseifici. L’obiettivo finale è di far crescere il reddito di allevatori impegnati tutto l’anno nel loro lavoro».
Tra le criticità internazionale resta il nodo dei falsi tarocchi made in Italy. Con l’accordo di libero scambio con il Canada (Ceta), denuncia una volta ancora la Coldiretti, per la prima volta nella storia, l’Ue ha legittimato in un trattato internazionale la pirateria alimentare a danno dei prodotti italiani più prestigiosi, accordando esplicitamente il via libera alle imitazioni che sfruttano i nomi delle tipicità nazionali. Un precedente disastroso che è stato purtroppo riproposto anche negli altri successivi accordi internazionali.