Il traforo del Mauria: la risposta friulana al ponte sullo stretto

Il prossimo 31 marzo alle 9.30 è previsto a Forni di Sopra un convegno-incontro con il Ministro per le Infrastrutture Matteo Salvini, Vannia Gava sottosegretaria all’Ambiente e Sicurezza Energetica, Massimiliano Fedriga (presidente F-VG), Barbara Zilli (assessore Finanze F-VG), Marco Lenna (Sindaco Forni di Sopra), per rilanciare la prospettiva di realizzazione del traforo del Passo Mauria di collegamento tra l’alta Val Tagliamento e il Cadore.
All’inizio ho pensato allo scherzo di qualche buontempone d’altura che saltuariamente annuncia iniziative clamorose come la galleria di Monte Rest o la ciclabile Claut-Forni di Sotto-Sauris. Poi una accurata verifica documentale mi ha fatto capire che è proprio vero. Motivi a prima vista insondabili spingono la Lega a cavalcare una bomba elettorale. Per ora l’informazione regionale quasi tace ma gli echi non sono mancati nell’area Bellunese con un ampio servizio del Gazzettino.
Di concreto pare ci sia uno studio geologico recente di un tecnico padovano, Gianluca Marcato, a quanto mi risulta non ignaro delle problematiche dell’area della Val Tagliamento. Va anche ricordato che il Passo Mauria è per buona parte in Veneto, compresa la mitica sorgente del Tagliamento, e che le relazioni tra i Forni Savorgnani ed il Cadore hanno una notevole importanza in relazione a servizi e attività commerciali. Un po’ forzando direi che, in rapporto al legame con il F-VG, si tratta di una situazione quasi speculare ed inversa a quella di Sappada. Gli anni 90 del secolo scorso hanno visto l’esplosione in Cadore del “distretto” delle occhialerie che , per un certo periodo, sembrarono in grado di espandersi proprio anche nei paesi dei Forni. Esperienza chiusa e sepolta, anche se la mobilità locale tra i due versanti appare piuttosto viva, al di là dei transiti turistici. In questo quadro si inserisce un protocollo d’intesa sottoscritto il 5 aprile 2004 fra gli allora presidenti delle due Regioni, Veneto e Friuli-Venezia Giulia, Galan e Illy, assieme all ‘allora ministro dei trasporti Pietro Lunardi, per la realizzazione di una autostrada di collegamento tra Longarone e Tolmezzo comprensiva del traforo del Mauria. 70 km accidentati e costosi che rappresentavano quanto di più auspicabile quei politici potevano desiderare. Il costo all’epoca veniva stimato in circa 3 miliardi di euro che oggi possono facilmente essere considerati raddoppiabili. Il ponte sullo stretto di Messina dovrebbe costare molto meno, anche se forse con le strade di connessione necessarie ci batte come spesa complessiva. Naturalmente non se ne fece nulla e le stesse opposizioni di comitati popolari non ebbero un gran da combattere. Il Piano regionale delle Infrastrutture di Trasporto (assessore Riccardi 2011), che è la somma di tutto l’inventabile nel campo delle infrastrutture viarie, non lo contempla se non in una vaga filosofia di premessa. Peraltro tale Piano sembra ancora in vigore, non toccato né dalla presidenza Serracchiani né da quella Fedriga se non su particolari situazioni locali. Ma allora perché rievocare una iniziativa impraticabile in un momento di cambiamento che impone una discussione seria sulle prospettive serie del futuro dei territori, con le terre alte in particolare? Perché di creduloni in giro ce ne sono ancora molti e perché le prossime elezioni incombono. Forse la vittoria di Fedriga non è in discussione, ma nella Circoscrizione di Tolmezzo la Lega (Salvini) rischia di restare a secco se viene doppiata da FdI e battuta dalla “sorella” Civica Fedriga, con candidato il campione mondiale di preferenze Mazzolini. Il 46,45% della Lega alle regionali del 2018 rispetto al 3,97% di FdI è un ricordo d’infanzia, così come l’elezione di tutti i tre candidati. Oggi il rapporto in base alle politiche del 2022 è invertito con i “patrioti” che viaggiano verso il 35-40% ben oltre il doppio rispetto ad una Lega che rischia inoltre di dividere i propri consensi. Il “colpo di teatro” del traforo del Mauria è dettato dalla paura di una propria scomparsa da un’area dominata da proprie clientele per una intera legislatura e dalla incapacità di sapersi confrontare con i reali problemi di oggi. Ma, anche se il terrore viene dai fratelli “meloniani”, mi sembra che “al è piès il tacon de buse”.

Giorgio Cavallo