L’Europa ha deciso: il valore della protezione della salute e della sicurezza sul luogo di lavoro, come spina dorsale dello sviluppo
Morti bianche, tragedie, responsabilità e civiltà. Serve una parola trasparente che non generi un minimo dubbio: assassinio sul posto di lavoro. Non morti bianche, ma uccise per scelte che hanno messo come priorità il profitto facile, per il mancato rispetto delle leggi e delle norme, per il mancato controllo. Questa non è una malattia infettiva, colpisce solo una categoria di persone, i lavoratori di tutte le età. Quei lavoratori che sono i maestri, gli artisti che trasformano le materie prime in prodotti che emozionano il mondo su cui si basa l’economia del Paese.
Da oltre dieci anni, con una media di tre persone uccise al giorno, non è più un infortunio mortale, ma è diventata una questione strutturale del sistema. Dipende dal numero e dal luogo, tre al giorno sul territorio nazionale è cronaca locale, tre in un posto diventa cronaca nazionale, cinque persone cronaca nazionale per più giorni. Solo cronaca. La costante degli oltre mille morti all’anno e solo parziale, infatti vanno aggiunti un altro 30% dei non iscritti all’Inail, dei lavoratori in nero, gli oltre 800.000 infortuni con menomazioni anche permanenti che creano dolore e sofferenze, e poi le malattie professionali con migliaia di morti ogni anno. La ricerca della causa, del colpevole, del non doveva succedere, tante parole, un fiume di parole che non vanno oltre la cronaca, non vanno sul sistema, sulle decisioni politiche che sono la causa, sulle responsabilità. Non c’è il dubbio, l’autocritica, la scusa. Quindi non ci sarà una convocazione del Parlamento per cambiare le leggi o per decidere di investire sulla prevenzione. Se il tema lavoro con la salute, la sicurezza, il salario, non diventa una questione sociale, Il tempo è garante, una volta calata l’attenzione tutto continuerà come prima. Questa non è civiltà.
L’Europa ha aperto una porta e indicato una strada con la risoluzione del 17 dicembre 2020: il valore della protezione della salute e della sicurezza sul lavoro come spina dorsale nella transazione e nel futuro sviluppo. Obbiettivo 2030 zero infortuni. Inoltre, una risoluzione specifica del 20 ottobre 2021 sulla protezione dall’amianto. L’Europa ha deciso e chiede di cambiare radicalmente sistema. Certamente è un lavoro complesso da svolgere a più livelli e deve vedere coinvolti più soggetti, però la cornice e gli obbiettivi sono definiti.
Dai dati che la stampa locale pubblicava, alcuni giorni fa, dopo i morti di Tarvisio, sullo stato della nostra Regione, si vedeva che la situazione è grave. Continuo a ricordare che le persone esposte al materiale amianto 30/40 anni fa, continuano a morire in un numero spaventoso, ormai senza indignazione. In un processo avvenuto a Trieste, alcuni giorni fa, è stato dichiarato che la nostra realtà si trova ai primi posti al mondo.
Quindi, oltre a denunciare che non è accettabile, oltre a chiedere che gli altri facciano qualcosa, un tipo di appalto a chi in parte è causa, cosa è possibile fare in Regione per la prevenzione?
Da qualche parte bisogna incominciare, partendo dalle esperienze, dalle necessità e dalle esigenze dei lavoratori, dalle conoscenze dei medici e ricercatori. Partendo dalla responsabilità di mettere la salute e la sicurezza sul lavoro come questione sociale, per iniziare indico quattro temi a livello regionale, fattibili, a costo zero, serve solo la volontà politica.
-la raccolta dei dati di esposizione, tempi e tipo di materiali nocivi. In gran parte questi lavori vengono svolti da ditte di appalto e che molte volte cambiano luogo, lavoratori e materiale utilizzato. Questi dati sono vitali, in caso di necessità, per la cura del lavoratore, per la pensione.
-vincolare l’inizio lavori di ristrutturazione energetica degli edifici, al rilasciato un documento che certifichi se sono stati utilizzati materiali pericolosi per la costruzione dell’edificio, amianto, lana di vetro H351 lavorata negli anni 60/90. Anche qui lavoratori in appalto.
-accendere la luce sul materiale Silicio utilizzato in quantità massiccia con esposizione diretta dei lavoratori nelle cave, nell’edilizia, nella cantieristica, e le sue possibili conseguenze sulla salute dei lavoratori. Vincolare le lavorazioni all’utilizzo delle protezioni individuali, nei fatti, partendo dalle gare di appalto.
-applicare il Principio di precauzione. Consiglio di Stato, sezione V, sentenza n. 2495 del 2015: ogni qualvolta non siano conosciuti con certezza i rischi indotti da un’attività potenzialmente pericolosa, l’azione dei pubblici poteri deve tradursi in una prevenzione anticipata rispetto al consolidamento delle conoscenze scientifiche, anche nei casi in cui i danni siano poco conosciuti o solo potenziali.
Auspico la convocazione di un consiglio comunale a Monfalcone su tre temi che riguardano sempre la salute:
-la mancanza dei 2700 posti spogliatoi per i lavoratori delle ditte private, presentati in pompa magna con cronoprogramma lavori e consegna settembre 2021. In data odierna tutti possono vedere migliaia di lavoratori che vanno casa in tuta impregnata di fibre, polvere e sporcizia, e immaginare che le mogli li abbracciano e i figli che saltano sulle ginocchia, come una volta;
-accendere la luce sulle fibre artificiali vetrose, oggi ci sono molte conoscenze importanti da utilizzare per fare la prevenzione. Dopo il convegno del 2017, organizzato dalla Regione, tutto è stato silenziato;
-valutare l’importanza del Tavolo permanente dell’amianto per un suo utilizzo per la conoscenza dei nuovi materiali utilizzati e le protezioni per la salute e per la sicurezza.
Luigino Francovig