L’onda fucsia è stata gigantesca, ma c’è il rischio si stemperi fino a sbiadire nel declino mediatico
Era fattuale che le manifestazioni indette ieri in Italia nella Giornata mondiale contro la violenza sulle donne sarebbero state un successo ed è cosa buona, ma non certo sufficiente. Nessuno si illuda di essere davvero ad una svolta epocale in primo luogo perché bisogna capire meglio quanto in quella massa di manifestanti ci fosse di effettiva consapevolezza della gravità del problema e quanto invece abbia prevalso l’italica abitudine a rispondere di pancia alla sollecitazioni mediatiche dinnanzi a fatti che scuotono, che impressionano, che commuovono. Sollecitazioni mediatiche “brevi” dettate, come in questo caso, da un fatto drammatico di cronaca, o più “lunghe”, come quelle imposte da fenomeni di indignazione e malessere diffuso che spingono, in determinati periodi storici, masse consistenti di opinione pubblica in quasi inevitabili polarizzazioni neopopuliste che poi, nei comportamenti e fino alle urne, spostano l’asse decisionale del paese magari facendo emergere personaggi politici di indiscussa incapacità, visti come presunti salvatori della patria o se preferite della nazione, ma che con le loro ricette semplici non risolvono problemi complessi. Ed allora anche nel caso della indignazione generale sui femminicidi cerchiamo di mantenere il giusto equilibrio anche nei giudizi, perché i cori di giubilo generali in genere ipocriti, ci piacciano poco e ancora meno ci piace vedere come sul carro mediatico stiano salendo tutti, perfino i più accaniti detentori ideologici di una cultura retrograda che è il vero brodo di coltura storico dal quale germoglia anche la malapianta della violenza sulle donne. Per non parlare di quella semplice e devastante concezione dell’altra metà del cielo come funzionale ad un modello ormai superato dai fatti, ma che si cerca di riproporre come normale sotto lo slogan di “patria e famiglia” o banalmente negando l’evidenza che la società sta lentamente cambiando. La speranza è ovviamente riposta in quell’onda di giovani anche se viene da chiedersi, quanti “bravi ragazzi” ieri erano in piazza e che poi nella loro realtà di vita futura cadranno nella trappola di trasformare un sentimento d’amore in uno di cieco possesso? I cambiamenti sociologici sono processi lunghi e non si può pensare di sovvertire comportamenti sociali stratificati solo sull’onda emotiva. Per questo è fondamentale che si inizi questo processo di rivoluzione culturale fin dall’infanzia, quando le menti sono accoglienti fogli bianchi sui quali scrivere. Più difficile è farlo nel mondo degli adulti. Del resto basta veder alcuni titoli di giornali ideologicamente orientati che si sono susseguiti nei giorni o le resistenze ad avviare processi culturali di educazione fin dalle scuole primarie, per capire quanta strada si debba ancora fare per arrivare al superamento di una concezione dei sessi e del sesso arcaica, ancora prima che patriarcale. Se non fosse così non si spiegherebbero fenomeni che alle grandi manifestazioni di consapevolezza come quelle di ieri, si sommano nella stessa Italia con successi editoriali come quello del generale Vannacci. Ovviamente il fenomeno è complesso, tanto che certe semplificazioni, non sono la ricetta giusta. Da parte nostra vogliamo dire, ancora una volta, che quella di Giulia, come le centinaia di uccisioni di donne per mano di chi aveva loro giurato amore eterno, ma che in realtà di eterno voleva il possesso, è una inaccettabile scia di sangue. Temiamo non tenderà a diminuire e che, per l’ennesima volta, l’attenzione scivolerà nella penombra non appena esaurito il calore mediatico. Questa preoccupazione emerge anche dalle parole pronunciate ieri dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella quando afferma “non possiamo limitarci a contrapporre indignazioni a intermittenza”. Coglie bene il Presidente la preoccupazione che ancora una volta una massiccia mobilitazione non si traduca in azione permanente, perché, o chi governa la cosa pubblica a tutti i livelli, coglie la richiesta di giustizia intesa come superamento culturale e sociale di un fenomeno, o le situazioni drammatiche non caleranno. Eppure vediamo ancora prevalere nell’azione le solite ricette di una prevenzione fatta solo dal tintinnar di manette. Se sarà così quell’onda fucsia di cui parlano oggi la maggior parte dei media tenderà a sbiadirsi fino a diventare trasparente velo, ovviamente finche a ravvivarne il colore intermittente, con una pennellata di nuovo rosso sangue, sarà l’azione del prossimo maschio violento.