Monfalcone 2038…

Servono scelte responsabili per costruire una comunità vissuta, dove tutti si riconoscono. Serve il lavoro e l’ impegno di ogni giorno, costante, serve curiosità per conoscere la ricchezza della diversità, coltivandola con il confronto. Il riconoscimento reciproco e il garante per la tutela della comunità, nella sua evoluzione, sulla quale si misura lo spessore della civiltà.
Oggi, la città di Monfalcone, ha circa 30.000 abitanti, di cui il 29% con oltre 65 anni di età. Questo bosco di persone formato da “bisiachi” con radici locali e “bisiachi” chiamati per lavoro e integrati con intelligenza, protagonisti dello sviluppo della città, si sta velocemente diradando, aiutato anche dall’accelerante chiamato amianto. Con l’età media di vita attuale, nel 2038 la città avrà 20.000 abitanti, in maggioranza provenienti da altri paesi, che sono circa 80.
In questi anni, come allora, per esigenze di produzione, gli immigrati per lavoro con permesso regolare, sono stati richiesti dalle aziende locali. Continuerà cosi per almeno i prossimi venti anni. Ricordo che alcune settimane fa, il Governo ha deciso altri 500.000 immigrati per lavoro per i prossimi 3 anni, per rispondere alle esigenze delle aziende industriali, dell’agricoltura, del turismo, compreso la cantieristica. Questo è un fatto nazionale ed europeo che vede coinvolti tutti i Paesi dell’Europa. Vengono qui per lavorare, come quelli di prima, quindi, va garantito loro dignità e diritti sul lavoro e nella società, come va chiesto il rispetto dei doveri, per costruire, vivere e proteggere la comunità, come prevede la Costituzione.
Invece, non sono venuti a lavorare a Monfalcone gli oltre 600 tecnici previsti dal progetto Fincantieri per realizzare una parte degli uffici direzionali, nella sede l’ex albergo operai, opportunamente ristrutturato anche per quanto riguardava tale esigenza. Un’occasione unica per un lavoro ai giovani, di qualità elevata, con stipendio da contratto. Nonostante le centinaia di assunzioni fatte in questi anni dalla Fincantieri, Monfalcone non ha rivendicato, fino ad oggi, il rispetto degli impegni. Gravi sono le responsabilità e i silenzi colpevoli, non giustificabili. Il tema non va in prescrizione, i cittadini hanno il diritto di conoscere. Questo è un fatto.
Inoltre, regna un silenzio incomprensibile, a Monfalcone, sulla decisione della Fincantieri di importanti modifiche sulle lavorazioni della saldatura e sulle conseguenze occupazionali di qualità e quantità. Per la robotizzazione di tali lavorazione sono necessari 600 tecnici informatici che vanno adeguatamente preparati. Il tutto e previsto venga svolto a Trieste. Rivendicare questo progetto a Monfalcone, dove verrà in parte applicato in produzione, è doveroso, qualifica il territorio. Questo è un fatto.
Penso sia naturale che una parte di tutti questi tecnici trovi interessante abitare nel territorio. Questo è un fatto.
La mancanza di visione, la povertà politica, l’impotenza rivendicativa dimostrano, vedi i fatti, che Monfalcone non è una città per i giovani laureati, non investe sulla nostra classe dirigente presente e futura. Di conseguenza, vengono a mancare la basi per creare nel territorio un inserimento di forze lavoro equilibrate. Vengono a mancare la condizioni per un incontro tra le varie realtà, per costruire una comunità condivisa dove tutti si riconoscono, che è stato la spina dorsale di Monfalcone degli ultimi cento anni. Cosi rimane una città con colori sbiaditi e con luci di riflesso, senza sorriso, che non regala emozioni, che si alimenta di eroi e nemici di turno.
Il livello di discussione è molto basso, senza riconoscimento e confronto. Sui temi, si impone il pensiero e la ragione unica. Non e dato di conoscenza su che mandato vengono giudicati e divisi gli immigrati, indicando solo quelli del Bangladesh come “il nemico” che mette in discussione la comunità locale. Viene sottolineato il pericolo derivante del loro colore della pelle, della cultura, della religione, della famiglia, dalle donne e dai bambini. Ma pare non facciano paura, allora si alimenta il fastidio sulla base della razza superiore. Vengono alzati ostacoli, corsi di italiano, spogliatoi mai costruiti (altro fatto). E quello che non vorremmo succedesse alle centinaia di migliaia di nostri figli che vanno all’estero per lavoro, ai quali (vedi sopra) la città non sa dare un’opportunità. In realtà la bacchetta magica per risolvere il problema non ha funzionato, l’incapacità di gestire e governare il fenomeno si rispecchia nella realtà, vedi via S. Ambrogio, vedi le botteghe alimentari, vedi la loro giusta voglia di vivere la città.
Per bontà, come forma di “partecipazione democratica”, viene concessa la ratifica o meno del pensiero unico, per chiamata nominale, in occasione di un consiglio comunale, che funge da timbro istituzionale. Una distorsione della Costituzione.
Come “persona del bosco” chiamo in causa la responsabilità della maggioranza, dell’opposizione, di ogni cittadino che ha votato e della maggioranza che è stata seduta sul divano: il futuro, quale futuro, quale comunità si decide con le scelte che si fanno oggi rispondendo ai fatti. Comunque qualcuno lo farà.
Luigino Francovig