Monopoli. Accaparramento testate a nordest: un pericolo per il pluralismo e la democrazia?
Ci siamo o quasi. Il Gruppo GEDI e Nord Est Multimedia S.p.A.(“NEM”) hanno comunicato ufficialmente, con una nota pubblicata su tutte le testate “interessate”, di aver sottoscritto un accordo preliminare per la cessione a NEM dei quotidiani “Il Mattino di Padova”, “La Tribuna di Treviso”, “La Nuova di Venezia e Mestre”, “Il Corriere delle Alpi”, “Il Messaggero Veneto”, “Il Piccolo” di Trieste e della testata online “Nordest Economia”, nonché delle relative attività digitali e di raccolta pubblicitaria. “Il perfezionamento della cessione del ramo editoriale e digitale è previsto possa avvenire, si legge ancora nella nota, entro il mese di ottobre 2023, mentre il perfezionamento della cessione del ramo pubblicitario è atteso entro il primo semestre del 2024. Tali cessioni sono subordinate alle usuali condizioni sospensive per operazioni di questa natura e all’esperimento delle procedure definite dalle vigenti disposizioni legislative, nonché alla stipulazione del conseguente atto notarile definitivo”. I quotidiani ex GEDI, il gruppo editoriale della Exor della famiglia Agnelli-Elkann, sono così vicini a diventare di proprietà della Nem-NordEst Multimedia, il polo guidato da Enrico Marchi. GEDI Gruppo Editoriale come è noto è, o meglio era dopo queste cessioni, il primo gruppo di informazione quotidiana in Italia, leader nella carta stampata e nel digitale con testate quali La Repubblica, La Stampa, giornali locali e diversi periodici. GEDI è inoltre uno dei principali poli radiofonici nazionali, che include un brand di assoluta eccellenza come Radio Deejay, oltre a Radio Capital e m2o. Con OnePodcast GEDI è inoltre il principale produttore italiano di contenuti digitali audio e opera anche nel settore pubblicitario multipiattaforma, tramite la A. Manzoni & C. Spa. Dal canto suo la neo costituita NEM Nord Est Multimedia è una società, si legge ancora nella nota ufficiale, promossa da Banca Finint e partecipata, oltre che da Finint stessa, anche da numerose delle principali famiglie imprenditoriali di Veneto e Friuli Venezia Giulia. Il disegno d’impresa, a partire dall’acquisizione delle sei testate Gedi a Nord Est, consiste nella costruzione di un gruppo multimediale attivo anche nel campo televisivo, radiofonico, digitale, degli eventi. A tale disegno, si legge ancora nella nota, hanno aderito Alessandro Banzato (Acciaierie Venete), Giampietro Benedetti (Danieli), Enrico Carraro (Carraro Group), Angelo Mandato (Bioman), famiglia Nalini (Carel Group), VideoMedia (Confindustria Vicenza), famiglia Canella (supermercati Alì), Federico De Stefani (Sit), Alberto Zanatta (Tecnica Group), famiglia Cattaruzza (Ocean Group), famiglia Samer (Samer Group). E ora? Questo ovviamente è l’interrogativo che si pongono soprattutto i giornalisti delle testate interessate, mentre almeno per ora dal mondo della politica e dell’economia si percepiscono solo “mormorii”. Non solo da parte dei giornalisti non si nasconde la preoccupazione per i “giri d’aria” che seguono questo tipo di operazioni, perchè bisogna dirlo, le compravendite nel settore dell’editoria non sono esattamente come quelle relative ad altra tipologia di “merce”, un giornale non è una salumeria e nemmeno una acciaieria, ad iniziare dal fatto che per stessa conformazione le redazioni non sono hanno solo maestranze assunte a tempo indeterminato e che sono quindi più o meno tutelate, ma una maggioranza di collaboratori che rischiano di essere tagliati fuori e magari “ripescati” sulla base delle preferenze della nuova proprietà. Per non parlare poi che il “prodotto” che vendono i giornali non è esente da fattori politici di rilievo se non fosse così non si spiegherebbe l’interesse per un settore che vede un costante calo delle vendite ma non ancora dell’influenza che può avere sulle carriere di politici e notabili vari. Ovviamente non si può non considerare che una posizione di rilievo nella cordata dei nuovi padroni l’avrebbe il “nostro” Gianpietro Benedetti che con un 15/16% sarebbe l’azionista di maggioranza relativa, fatto che alla fine gli darebbe il controllo, ricordando anche che allo stesso Benedetti fanno riferimento già Telefriuli e il settimanale Il Friuli. Non si può poi non notare come questa operazione crei una certa apprensione negli ambienti confindustriali a livello regionale, dato il costante braccio di ferro fra le varie realtà e il fatto che Benedetti con questa operazione vuole consolidare il suo ruolo di assoluto dominus creando, crediamo, non poco nocumento in altri soggetti del mondo dell’impresa. C’è poi la questione del “nocchiere” , che piloterà le testate fra i marosi di società così diverse zona per zona, infatti si è fatta subito girare la notizia che l’idea della nuova proprietà è quella di affidarsi ad un direttore unico, ruolo per cui sono già circolati i nomi di Sebastiano Barisoni (Radio24, gruppo Sole24Ore) e Marco Zatterin (La Stampa), stando a indiscrezioni non confermate il megadirettore sarebbe coadiuvato da condirettori che, almeno in una prima fase, sarebbero in continuità con il passato, cioè gli attuali direttori. Fin qui la situazione sul campo , vale la pena ricordare che l’operazione riguarda complessivamente testate che sommate arrivano a 70mila copie, che anche se concentrate a nordest, non avrebbero gran peso in logica nazionale, ma ne avrebbero eccome sul piano territoriale soprattutto in Fvg dato che della tiratura totale di 70mila copie, più della metà sarebbe proprio in Fvg (42mila) suddivise fra le 14 mila de “Il Piccolo” di Trieste, la cui direttrice è Roberta Giani, e 28 mila de “il Messaggero Veneto” di Udine, diretto da Paolo Mosanghini. Crediamo non possa sfuggire il pericolo che tale operazione non solo per i livelli occupazionali delle testate ma per il pluralismo informativo in una regione che vedrà una quasi totale concentrazione sotto un unico padrone o quasi. Sul piano occupazionale è ovvio che in pochi si sentiranno sicuri perchè è ovvio che la nuova proprietà opererà scelte di “efficientamento” che passeranno, ad esempio, attraverso l’azzeramento dei contratti di collaborazione e probabilmente una cura dimagrante delle redazioni con i soliti “incentivi” al pensionamento e forse, ma non prima dell’anno prossimo a potenziali prepensionamenti per i quali nuove risorse pari a 20 milioni sono previste da un emendamento al decreto lavoro presentato dalla relatrice Paola Mancini (FdI) e approvato in Aula al Senato. La modifica autorizza risorse aggiuntive pari a 1,2 milioni per il 2023, 4 milioni per ciascun anno dal 2024 al 2027, e 2,8 milioni per il 2028, per sostenere l’accesso anticipato alla pensione per i giornalisti dipendenti dalle imprese editrici di giornali quotidiani, di giornali periodici e di agenzie di stampa a diffusione nazionale. Detto questo vi sono già ampie indiscrezioni relative ad incontri fra gli imprenditori e la politica Veneta e del Fvg e ci sentiamo di prevedere che il pensiero unico diverrà ancora più stringente, soprattutto area friul-giuliana e come spesso già avviene si amplificheranno le interpretazioni delle notizie basate sulle omissioni e sulla ricattabilità del personale giornalistico. Volendo rispondere al nostro interrogativo espresso nel titolo la risposta è chiara, i monopoli non fanno mai bene al pluralismo e quello nell’informazione rischia di diventare un enorme problema per la democrazia. Purtroppo temiamo che mentre certa parte politica, forte della sua attuale forza vedrà una certa “copertura” gli altri si vedranno costretti a pietire spazi con il “piattino in mano”.