Multiutiliy del futuro, ok dal Pd agli accorpamenti ma…. “ricordatevi del nemico”

Avremmo potuto semplificare tutto con un: “ai partiti interessano solo le poltrone”, ma sarebbe stato ingeneroso perché è evidente che non è ininfluente la qualità di chi viene messo al timone nella gestione di beni pubblici. In realtà la “storia” ci racconta che certamente poco virtuosa, spesso deficitaria, è la “selezione” dei  soggetti, selezione non sempre basata sulla competenza, ma su ben altri meccanismi premianti. Detto questo se volete potete smettere di leggere qui, questa è la versione “pop”, se invece vi interessa approfondire ci scusiamo per la lunghezza di questa nostra analisi, ma a problemi complessi non si può sempre rispondere per slogan. Esemplificare porta insito il rischio di far passare messaggi forvianti.

Chiariamo subito che non ci sfugge l’importanza che possono avere nomine e poltrone, ma quello che viene spontaneo commentare è il fatto che su queste questioni si sguainino le baionette, mentre sulle problematiche che investono direttamente la vita dei cittadini spesso si sorvola o quantomeno non si opera con la medesima veemenza comunicativa. Un esempio la questione nomine e multiutiliy. Spieghiamo intanto di cosa parliamo: con la definizione multiutility ci si riferisce alla struttura che le imprese di servizi di pubblica utilità, siano esse pubbliche o private, nazionali o locali, assumono dopo una più o meno graduale convergenza di sigle e interessi. Il sistema tanto amato dai liberisti ( e non solo) porta ad operare contemporaneamente in più settori (energia elettrica, gas naturale, acqua, telefonia e telecomunicazioni) soprattutto in relazioni alla unificazione delle reti finali di distribuzione e vendita. Il fenomeno è diretta conseguenza ai processi di liberalizzazione e privatizzazione, spesso selvaggia, dei servizi pubblici e dal conseguente processo di riorganizzazione aziendale che ha riguardato tutti i principali operatori del settore, una aziendalizzazione spinata che purtroppo non sempre è stato fenomeno virtuoso. Solo nella telefonia si è visto un effetto, ma basta pensare alla incompiuta riforma dei gestori elettrici  o alla  follia di trasformare i servizi sanitari in aziendali per capire che il meccanismo si presta alle speculazioni. Così dalla logica di servizio al cittadino si è andati alla logica del profitto, che per intenderci, in sanità,  vede un sistema pubblico universalistico perdente nei confronti di un privato sempre più invadente e foraggiato, che verrà presto inglobato nelle multiutility private (attraverso le assicurazioni)  che diventeranno delle vere e proprie piovre. Ma questo esula, almeno per ora, dal capitolo nomine nelle “partecipate”. Ma per capire quanto l sistema sia corruttibile, facciamo un esempio lontano dal nostro territorio che riguarda una società la Iren, holding multiservizi che produce e eroga energia elettrica, teleriscaldamento, servizi idrici integrati e servizi ambientali ecc ecc, che in questo momento e sotto la lente giudiziaria per il fatto che il suo Amministratore Delegato, di nomina politica, Paolo Emilio Signorini, è stato arrestato e sospeso dal ruolo apicale per presunta corruzione tanto che il consiglio di amministrazione della stessa azienda, in tutta fretta ha deliberato l’avvio di due audit per valutare “la correttezza dell’operato, relativamente alle deleghe e ai poteri allo stesso attribuiti”. In sostanza a seguito della maxi inchiesta genovese, condotta dalla Dda e dalla Guardia di Finanza e coordinata dai pm Federico Manotti, è finito in carcere quello che veniva considerato manager potentissimo con tutte le carte in regola, soprattutto quello relative alle frequentazioni politiche. Ex presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale Signorini è sotto inchiesta con l’accusa, tutta da provare ovviamente, di “corruzione per l’esercizio della funzione e per atti contrari ai doveri d’ufficio”. Tutti innocenti davanti alla legge, fino a prova contraria, ma non così innocente è di certo il “sistema” che genera la spartizione di nomine e poltrone. Basti bensare alle vicende relative ad Autovie Venete e Terza corsia, Ma venendo all’oggi, in Fvg, da parte dell’assessore alle Finanze  Barbara Zilli, ieri pomeriggio, c’è stato l’intervenendo a Udine nella sede del Consorzio acquedotto Friuli Centrale (Cafc). La Zilli ha parlato di “modelli virtuosi di aggregazione, come quello alla base del percorso avviato dall’Autorità unica per i servizi idrici e i rifiuti (Ausir), insieme ai singoli gestori, che concorrono a un migliore impiego degli importanti investimenti che si possono realizzare in questo particolare settore grazie ai fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, ai fondi di coesione e alle risorse messe a disposizione dall’Amministrazione regionale del Friuli Venezia Giulia. Ed è proprio a questi modelli che la Regione guarda con favore”. Insomma una benedizione almeno relativa all’analisi dei diversi modelli di aggregazione tra le diverse società in house (quindi pubbliche) del servizio idrico integrato e del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani operanti in regione. Che dire, intervento istituzionale nell’alveo delle sue competenze, ma ecco che è dal maggiore partito di opposizione che arrivano ulteriori spinte,  con ben due note stampa distinte da parte di altrettanti consiglieri regionali. Il primo a parlare con nota ieri alle 17,26 a stretto giro dopo e dichiarazioni della Zilli, il consigliere regionale Francesco Martines che non ci ha girato intorno: «Il Fvg soffre di nanismo ed è in ritardo sul tema delle multiservizi, ma grazie alla spinta dei soci di Cafc spa, Net spa, Consorzio Poiana spa, A&T2000 spa, si sta sbloccando la situazione. Ora è necessario accelerare per la creazione di una multiutility fra le società che nelle tre ex province di Udine, Gorizia e Pordenone coinvolgano le società del sistema idrico integrato e dei rifiuti, le quali tutte assieme raggiungerebbero un fatturato di 300 milioni e rispondere quindi all’offensiva dei soggetti che operano nel settore e che potrebbero, domani, colonnizzarci». «Finalmente la politica regionale, aggiunge compiaciti Martines,  crede in questo progetto partito dal basso, mettendoci risorse e pensando a una nuova legge che agevoli le aggregazioni, pensando soprattutto alle realtà aziendali più deboli. Aggregarsi – continua Martines – vuol dire costruire progetti industriali, avere forza finanziaria, utilizzare in maniera più efficiente le risorse pubbliche messe a disposizione, aver più efficienza nella fornitura dei servizi a beneficio dei cittadini. Vista la situazione attuale, si potrebbe agire su due filiere: da una parte il servizio idrico integrato molto più avanti nel processo, dall’altra quello dei rifiuti, per arrivare nell’arco di 4/5 anni a una società unica (una holding) che continui a operare in house providing, ossia una società a totale capitale pubblico in capo ai Comuni e che fornisca quasi esclusivamente servizi ai soci pubblici, quindi gli stessi Comuni. Ormai in tempi sono maturi per agire con decisione e gli amministratori sono ormai coscienti che questa partita non si può più rinviare».
Poi, dopo tre ore, ecco arrivare il commento del capogruppo, sempre del Pd, in Consiglio regionale, Diego Moretti che la prende più alla larga: «Sul tema delle aggregazioni regionali delle società di acqua e rifiuti vanno evitati i progetti calati dall’alto e favoriti invece i processi di ampia condivisione dei territori». «Il tema delle aggregazioni delle multiutility a livello regionale non nasce oggi, spiega Moretti, quasi vent’anni fa Comuni del Friuli Venezia Giulia e del Veneto orientale avevano lavorato per costruire un’unica azienda dei servizi a rete, dall’isontino al basso Piave, comprendendo il Friuli e il pordenonese, che affrontasse a viso aperto un mercato e competitor sempre più agguerriti. Il percorso fu molto partecipato a livello territoriale e nei singoli ambiti e vide un’importante fase preparatoria, tesa a rendere tutti consapevoli della posta in palio». Allora, ricorda Moretti, «soprattutto il Friuli, che tuttora all’interno del proprio territorio non ha un’unica azienda provinciale che si occupa di acqua e rifiuti, fece le maggiori resistenze: evidentemente quel territorio non era ancora pronto per un passo così importante». Inoltre, continua nella nota, «ancora di più oggi, siamo di fronte a progetti sconosciuti, a semplici dichiarazioni d’intenti che affermano una generica volontà politica dei vertici regionali istituzionali (che non hanno una diretta competenza) ad andare avanti in tal senso. Un percorso così – conclude Moretti – va costruito con il tempo e i passi necessari, coinvolgendo tutti i soggetti in campo, in maniera seria, così come si fece per il progetto, poi non andato a buon fine, di Nes – Nord Est Servizi».
Insomma è palese l’interesse con tanto di “ammiccamento” alla politica della giunta Fedriga, quasi si voglia raffermare un “ricordatevi dei nemici” che odora tanto di spartizione. Ma forse no, siamo noi che siamo sempre più maliziosi quanto disillusi.

FF