Nuova Costituzione a Cuba, più “aperta”, sempre per “il socialismo”, ma del XXI secolo
La notizia è praticamente fuori dai radar dei media italiani con qualche lodevole eccezione “specialistica” ovviamente, ma dallo scorso 24 febbraio, Cuba ha una nuova costituzione che a Cuba vine definita “democratica e socialista, ma non solo anche umanista”. Il motivo ispiratore di questa carta è quello di aggiornare al presente e orientare al futuro il modello politico e sociale, originale e innovativo, di Cuba, lasciando come parole d’ordine incisive le tracce del marxismo e del fidelismo. In sostanza con la vittoria del “sì” al referendum cubano sull’approvazione del nuovo testo costituzionale si chiude definitivamente il periodo di transizione politica che l’isola caraibica ha vissuto da quando il leader maximo Fidel Castro ha ceduto le sue cariche al fratello Raúl. Inconfutabile e probabilmente scontato l’esito del voto, che comunque ha visto la partecipazione dell’84% dei cubani e l’adesione al modello socialista cubano rinnovato con un 87% di Si. Al voto 6.8 milioni di cubani. In termini assoluti, poco meno del 74% dell’intero corpo elettorale, a Cuba, ha approvato la costituzione.
Ovviamente il governo cubano si è speso al massimo per ottenere questo plebiscito che lascia perplessi proprio per la maggioranza “bulgara” che ha approvato la nuova Costituzione.
Leggendo la stampa cubana ed in particolare il “Granma”, l’organo ufficiale del Comitato Centrale del Partito Comunista di Cuba ndr) si scopre che oltre tre milioni di esemplari del tabloid con allegato il testo della nuova costituzione, sono stati diffusi presso la popolazione da un capo all’altro dell’Isola. Solo nel “territorio metropolitano” della provincia dell’Avana già alla fine di gennaio quasi l’85% del totale delle copie era stato distribuito; si tratta, secondo il “Granma”, del prodotto di maggiore tiratura diffuso sull’Isola negli ultimi venti anni. Ma non solo oltre duecentomila “pionieri”, giovani comunisti e comuniste, sono stati impegnati nella propaganda e monitoraggio elettorale nei vari distretti dell’Isola, mentre striscioni su edifici e mezzi del trasporto pubblico sono stati utilizzati con slogan della campagna «Yo Voto Sì». Insomma una comunicazione a senso unico anche se non risultano episodi palesi contro gli oppositori.
Ma come si è arrivati a questa nuova costituzione? Bisogna dire che fin dagli esordi della sua presidenza Raúl Castro annunciò che non intendeva rimanere al potere per più di due mandati. Promessa mantenuta e così ha ceduto il suo incarico a Miguel Díaz-Canel poco meno di un anno fa.
Il nuovo presidente cubano Miguel Díaz-Canel è stato infatti eletto il 19 aprile del 2018 dopo un lungo percorso elettorale iniziato il 26 novembre 2017, quando i cubani hanno eletto i delegati delle Assemblee comunali. Molto complessa infatti la procedura di elezione, infatti una volta eletti i rappresentanti municipali, sono stati eletti i membri delle assemblee provinciali, e i 605 membri dell’Assemblea nazionale. Da questi 605 deputati poi sono stati eletti i 31 membri del Consiglio di Stato, che eleggono durante la loro prima riunione le principali cariche del paese che sono: il presidente del Consiglio di Stato, il primo vice presidente e altri cinque vice presidenti. Gli osservatori internazionali hanno notato che nei primi mesi il lavoro del nuovo esecutivo era stato frenetico con il neo presidente presente in tutte le province dell’isola, in visita a industrie, scuole, edifici pubblici, ospedali e cantieri. Significativo che la prima legge approvata dal presidente del Consiglio dei ministri ha riguardato l’aumento delle pensioni che a Cuba sono miserabili aggravate dall’embargo statunitense rivoluto da Donald Trump. Carenza di cibo, bassi salari e pensioni, ma anche scarsità di case popolari, problemi nella somministrazione dell’acqua potabile i principali problemi. La nuova Costituzione vorrebbe essere un volano importante dato che consente nuove opportunità anche economiche. La riforma è stata discussa per oltre un anno e ha generato aspettative e obiettivamente un acceso dibattito che ha coinvolto tutti i settori della società civile. La precedente costituzione cubana era in vigore dal 1976. La nuova Carta ha 229 articoli. Le principali modifiche riguardano il riconoscimento della proprietà privata, la promozione degli investimenti esteri, il limite dei due mandati consecutivi e la presunzione di innocenza. Su temi etici le novità riguardano il divieto di discriminazione su base sessuale e sull’identità di genere, mentre lascia da definire in un referendum separato la proposta di legalizzare il matrimonio tra persone dello stesso sesso. I principali poteri istituzionali inseriti nella Costituzione sono: il presidente del Consiglio dei ministri, il presidente del Consiglio di Stato, che a sua volta, dirige l’Assemblea nazionale, e assume la carica di primo segretario del PCC (Partido Comunista de Cuba). Ovviamente Cuba è ancora una Repubblica Popolare a partito unico e quindi senza nessuna elezione diretta delle principali cariche politiche a suffragio universale. Comunque ad una prima analisi le riforme previste sono importanti e Cuba diventa uno «Stato socialista di diritto» anche se non è ancora chiarissimo quale impatto avrà la nuova dicitura sulla realtà di vita dei cittadini. Si legge all’art. 1, Cuba è da oggi uno «stato socialista di diritto, democratico, indipendente e sovrano, organizzato con tutti e per il bene di tutti», nel quale, in base all’art. 4, «il socialismo e il sistema politico e sociale rivoluzionario sono irrevocabili». Ma le vere novità arrivano invece dalle partite economiche, viene aggiornato e rinnovato lo strumento chiave della pianificazione economica che resta in senso socialista ma con delle varianti. In base all’art. 19, «lo Stato dirige, regola e controlla l’attività economica nazionale» e, d’altra parte, secondo quanto riferito dall’art. 229, «non è possibile sottoporre a revisione i principi riguardanti l’irrevocabilità del socialismo e il sistema politico e sociale stabiliti dall’art. 4» ma si delinea una opzione di “socialismo del XXI secolo”, dando corpo, in forma costituzionale, a una delle elaborazioni teoriche più significative sul tema della attualizzazione e della “proiezione al futuro” del socialismo stesso. Questo modello passa per alcuni elementi cruciali: il riconoscimento di diverse forme di proprietà, pur nella centralità del ruolo dello stato; l’ampliamento della gamma dei soggetti produttivi, pur nella centralità della produzione socialista; l’estensione del novero della pluralità degli attori sociali, civili, culturali, economici e produttivi, pur nella conferma di un orientamento generale in senso socialista.
La nuova costituzione ribadisce «il sistema della economia socialista e la proprietà di tutto il popolo sui mezzi fondamentali di produzione come forma principale di proprietà» (art. 18); conferma il carattere statale di tutti i comparti strategici (suolo e sottosuolo, risorse energetiche e naturali, vie e infrastrutture di comunicazione); dichiara «l’impresa statale socialista il soggetto principale dell’economia» (art. 27). Insomma un colpo al cerchio e uno alla botte ma resta comunque un interessante esperimento di aggiornamento del modello economico che vuole mantenere principi marxisti, orientamento socialista ed aperture non tanto al “mercato” esperimento fatto in Cina con i risultati che ben si conoscono, ma alla libertà d’impresa individuale.