Polo logistico a Porpetto, Legambiente Fvg: un progetto mangia-suolo che non rispetta la Costituzione
E’ scattata di nuovo la “trappola” per cui la realizzazione di una nuova infrastruttura viaria, che sia di carattere strategico/strutturale ovvero di tipo locale quale una bretella o una circonvallazione, diventa il pretesto per l’insediamento di nuove attività commerciali, industriali e della logistica che incrementano l’urbanizzazione e l’impermeabilizzazione di suolo libero. E’ quello che sta accadendo a Porpetto dove, a poco più di due anni dall’apertura della bretella, realizzata con l’obiettivo di allontanare il traffico pesante bypassando il centro urbano per migliorare la sicurezza e la qualità della vita degli abitanti, sta atterrando l’ipotesi di un polo logistico che andrebbe a sconvolgere il contesto territoriale e sociale con costi ambientali e sociali che ricadono sull’intera collettività, anche dei Comuni vicini.
La vicenda è ampiamente nota grazie all’incessante lavoro di informazione e di divulgazione che un gruppo di cittadini, costituitosi in Comitato, sta facendo nei confronti della popolazione e non solo, andando a colmare un grave e ingiustificabile deficit di trasparenza e di condivisione da parte del Sindaco e della Giunta Comunale verso la cittadinanza.
Si tratta della costruzione di un enorme complesso edilizio di circa 150 mila metri quadri di superficie coperta per un’altezza massima di 20 metri da realizzarsi su un terreno agricolo di 300 mila metri quadri a circa 150 metri da abitazioni e impianti sportivi e sarà destinato allo stoccaggio e smistamento “delle merci nei settori commerciali principali, dall’alimentare al non alimentare.”
Chi studia il fenomeno sostiene che c’è uno squilibrio evidente tra la dimensione dei poli logistici e la grandezza e il potere contrattuale dei piccoli Comuni in cui si insediano, realtà dove possono incontrare pochi ostacoli anche quando, e succede il più delle volte, vanno ad occupare terreni agricoli.
Quindi altri 30 ettari di superficie agricola sono destinati ad essere urbanizzati e sigillati incrementando ulteriormente il consumo di suolo che in questa regione non dà segni di volersi arrestare.
Come Legambiente a sostegno della vertenza e dei motivi di contrarietà che vengono espressi dal Comitato di cittadini intendiamo sottolineare alcuni aspetti della vicenda.
ALCUNI DATI SUL CONSUMO DI SUOLO IN FVG
Prima di tutto va denunciato l’ennesimo consumo di suolo. L’ultimo Rapporto Ispra (2024) ci conferma stabilmente tra le regioni che presentano i valori più elevati con una percentuale pari all’8,03% della superficie regionale, superiore alla media italiana (7,16%). Parliamo di 63.617 ettari di suolo consumato al 2023 con un incremento di superficie complessiva di 164 ettari, di poco inferiore all’incremento del precedente periodo 2021-2022 pari a 174 ettari. Risulta elevato anche il valore di suolo consumato pro capite pari a 533 mq/abitante rispetto alla media nazionale di 366 mq/abitante. L’andamento perpetua lo sbilanciamento significativo tra popolazione e consumo: l’incremento del consumo di suolo si manifesta in presenza di un costante trend di decrescita della popolazione residente regionale.
La forte e incontrollata crescita della logistica è tra le cause principali dell’aumento di superficie consumata in Italia, Ispra ci indica che, nel periodo 2022-2023, sono 504 gli ettari di suolo trasformato con questa destinazione d’uso con prevalenza nel Nord-Est mentre è ancora marginale l’incidenza nella nostra regione. L’intervento previsto, abnormemente invasivo, rappresenterebbe circa il 6% dell’incremento complessivo di consumo di suolo dovuto alla logistica registrato in Italia nell’ultimo anno.
A fronte di queste evidenze e pur in presenza di una accresciuta consapevolezza sul valore del suolo quale “ecosistema essenziale, complesso, multifunzionale e vitale” si deve constatare il fallimento delle diverse strategie e azioni normative intraprese per arrestare la progressiva e costante perdita di suoli liberi, naturali e seminaturali.
IL FALLIMENTO DELLE POLITICHE E IL “NUOVO PGT”
Risulta del tutto evidente l’impossibilità, per l’Italia, di raggiungere gli obiettivi di sostenibilità dell’Agenda 2030 come quelli di medio e lungo periodo posti dalla nuova Strategia europea sul suolo che ribadisce l’obiettivo di azzerare, al 2050, il suo consumo netto, condizione indispensabile per centrare gli obiettivi del Green Deal e la neutralità climatica.
Come del tutto irrealistico si conferma l’obiettivo, previsto dal Piano per la Transizione Ecologica (PTE) approvato nel 2022, di azzerare al 2030 – venti anni in anticipo rispetto all’obiettivo europeo – il consumo netto di suolo in Italia, perdurando l’assenza di una normativa nazionale che fissi regole e obiettivi non derogabili e l’inefficacia delle varie leggi regionali in materia di governo del territorio.
Per inciso, un sintetico richiamo al percorso avviato dalla Regione per l’approvazione della prima variante al Piano di Governo del Territorio di cui sono state recentemente approvate le Linee Guida che contengono, tra l’altro, gli obiettivi e le finalità del Piano. Gli obiettivi di rendere il territorio più resiliente e sicuro, dai rischi naturali e dai fenomeni legati alla crisi climatica, a beneficio delle prossime generazioni e di ridurre il consumo di suolo, rafforzando la sua dimensione ecologica (servizi ecosistemici) e dando priorità agli interventi di rigenerazione territoriale e urbana, si ritengono degli elementi di grande attenzione. Forse l’intento di predisporre uno strumento di governo del territorio in grado di orientare i processi di sviluppo verso la sostenibilità dovrebbe essere accompagnato e sostenuto da ulteriori strumenti legislativi e normativi in grado di salvaguardare gli obiettivi e le strategie contenuti nelle Linee Guida rispetto ad interventi non coerenti o in contrasto con le stesse.
La proposta del Polo logistico è emblematica di una “bad practice” che, per ora, una forte e diffusa opposizione popolare ha fatto decadere ma che potrebbe ripetersi in altri contesti territoriali.
I BENEFICI DEL SUOLO E IL SUO CONTRARIO
Un secondo aspetto su cui si ritiene importante soffermarsi è quello del fortissimo impatto che la costante impermeabilizzazione e sigillatura del suolo (soil sealing) determina su tutta una serie di benefici che il suolo in quanto ecosistema è in grado di garantire e che sono comunemente definiti come servizi ecosistemici. Tra questi, la produzione agricola e di biomassa, lo stoccaggio di carbonio, l’impollinazione delle piante, la regolazione del microclima e dell’erosione, la rimozione di particolato e ozono, la disponibilità e purificazione dell’acqua e la regolazione del ciclo idrologico.
Un fondamentale servizio di regolazione è indubbiamente quello relativo al sequestro e stoccaggio di carbonio, il suolo, infatti, viene definito come il più grande deposito di carbonio del pianeta: i primi 30 cm di suolo sulla Terra contengono il doppio di carbonio rispetto all’intera atmosfera. Altrettanto importante risulta la funzione di regolazione del regime idrologico ovvero la capacità di assorbimento, di gestione dei deflussi e ricarica delle falde a beneficio della riduzione del rischio di allagamenti e siccità. Basti pensare che ogni ettaro di suolo libero è in grado di drenare quasi quattro milioni di litri d’acqua di pioggia.
Quindi un suolo sano, naturale o agricolo che svolge appieno le funzioni ecosistemiche è fondamentale per contrastare la crisi climatica e intraprendere il processo di transizione ecologica.
Ma il consumo di suolo e la perdita di servizi ecosistemici produce anche un costo per la collettività: Ispra, nel suo ultimo rapporto, stima in 70.835 euro per ettaro la perdita economica del flusso annuale dei servizi ecosistemici, mentre la perdita di stock di capitale naturale è stimata in un valore medio di 171.277 euro per ettaro.
Sempre Ispra evidenzia che il consumo di suolo avvenuto tra il 2006 e il 2023 produce una perdita del flusso annuale di servizi ecosistemici che ha un costo totale medio stimabile in oltre nove miliardi di euro, persi ogni anno.
Trattasi di un impatto economico molto elevato che gli amministratori locali ignorano del tutto quando decidono di trasformare suoli liberi in superfici impermeabili. La recente campagna promossa dal Forum Salviamo il Paesaggio che Legambiente F-VG ha supportato inviando ai Sindaci della Regione le dovute informazioni, aveva l’obiettivo di quantificare e far conoscere pubblicamente l’entità dei costi causati dalla perdita di servizi ecosistemici per effetto del consumo di suolo nei rispettivi Comuni.
RITORNANDO SU PORPETTO
Se prendiamo in esame il Comune di Porpetto, si rileva che sono oltre 237 gli ettari di suolo consumato al 2022 pari al 13,16% della superficie territoriale comunale (lievemente aumentata nel 2023 al 13,18%). Nel periodo tra il 2006 e il 2022 la quantità di suolo libero consumata, pari a 44,47 ettari, ha comportato una perdita di servizi ecosistemici del valore di oltre 30 milioni di euro. Dunque, si tratta di una passività molto importante che si ripercuoterà anche nel futuro e che dovrebbe essere, oltre che resa pubblica, considerata e valutata in occasione delle trasformazioni urbanistiche e infrastrutturali del territorio.
LA COSTITUZIONE FARO
Per ultimo, cogliamo l’occasione per evidenziare un aspetto della vicenda finora forse sottovalutato salvo qualche rara eccezione. Proprio nel mese di febbraio di tre anni fa, è stata approvata la modifica degli articoli 9 e 41 della Costituzione, una sostanziale riforma che risulta essere ancora poco conosciuta e diffusa nell’opinione pubblica.
Nell’articolo 9 viene sancito tra i compiti dello Stato l’obbligo della tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, “anche nell’interesse delle future generazioni”. Questa modifica riconosce nell’ambito dei Principi fondamentali della Carta costituzionale la tutela dell’ambiente inteso nella sua accezione sistemica, una connotazione ulteriore rispetto a quella già presente nel dettato costituzionale, ed introduce il principio di giustizia tra generazioni.
L’altra modifica riguarda l’articolo 41 dove viene stabilito che lo svolgimento delle attività economiche private non può arrecare danno, oltre che alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana, anche alla salute e all’ambiente. Di questa nuova formulazione si vuole evidenziare, in particolare, che i due nuovi limiti all’iniziativa economica privata vengono anteposti a quelli già vigenti e che i concetti di salute e ambiente risultano affiancati riconoscendo a livello costituzionale la loro stretta correlazione.
Questi due sintetici richiami per sottolineare che il rispetto della Carta costituzionale imporrebbe dei significativi cambiamenti sia nei comportamenti degli operatori economici che nelle politiche e nelle azioni delle istituzioni e delle pubbliche amministrazioni per garantire il diritto fondamentale a un ambiente sano.
In conclusione, una citazione e una immagine che sollecitano un urgente cambio di rotta che abbandoni i vecchi modelli di sviluppo dissipativi e fossili.
“Terreni e suoli sono risorse fragili e limitate, soggette alla pressione di una sempre crescente ricerca di spazio: l’espansione urbana e l’impermeabilizzazione del suolo consumano la natura e trasformano preziosi ecosistemi in deserti di cemento.” (Commissione Europea, 2021).