Quel miliardo e mezzo di reddito annuale che manca alle famiglie della regione
E’ di questi giorni la constatazione del basso gradimento del “reddito di cittadinanza” in F-VG. Per molti ne deriva la domanda: non ce n’è bisogno o lo strumento è sbagliato? Come sempre la realtà è complessa e non ammette risposte semplici. Credo sia importante partire da una domanda diversa: come è cambiata la disponibilità di spesa dei cittadini e delle famiglie del F-VG in questi ultimi dieci anni caratterizzati da una profonda crisi economica e sociale?
Recentemente i quotidiani locali hanno riportato alcuni dati riferiti alle “Dichiarazioni IRPEF del 2018” e relativi ai redditi del 2017 che hanno segnalato una posizione di coda della nostra Regione rispetto alle altre del nord. Accanto apparivano anche alcuni deboli segnali di ripresa grazie ad un leggero aumento delle presentazioni, circa 920.000, con tuttavia una leggera diminuzione del valore medio della dichiarazione stessa.
I dati riportati erano in euro “veri”, non depurati cioè da componenti inflattive, e quindi poco utili a interpretare realmente le disponibilità di spesa delle famiglie e dei cittadini. Le serie di dati IRPEF mi paiono ad ogni modo essenziali per capire l’andamento della economia familiare “ufficiale”, priva cioè delle componenti di entrata non tracciabili, e credo possano rispondere bene al quesito di fondo: quale disponibilità di spesa hanno oggi le famiglie ed i cittadini del F-VG in rapporto alla situazione precedente alla crisi del 2008?
Una frettolosa ricerca sui dati statistici messi a disposizione dal MEF (Ministero dell’Economia e Finanza) mi ha confermato che da quella fonte è possibile attivare raffinate ricerche ed entrare in particolari di cui sarebbe opportuno cominciasse ad occuparsi anche l’annuario statistico della Regione F-VG che attualmente non presta molta attenzione agli aspetti sociali ed economici collegati alla dichiarazione dei redditi IRPEF.
Al momento il mio interesse è rivolto al farmi una idea dell’ordine di grandezza della situazione e per questo obiettivo mi è risultata utile una statistica riepilogativa dei dati relativi alle dichiarazioni IRPEF in F-VG dal 2000 al 2016 presente nel sito comuni-italiani.it. Ad un primo esame si tratta di dati che non combaciano perfettamente con quelli del MEF ma le tendenze sono del tutto analoghe e da essi sono stati estrapolati.
Su questi dati ho fatto un intervento di attualizzazione monetaria al gennaio 2019 e mi sono limitato al periodo 2004-2016 per poter partire da una situazione ormai stabilizzata rispetto all’entrata dell’Italia nella zona Euro.
I risultati, riportati nella tabella allegata, sono abbastanza sconvolgenti: se nel 2004 il valore di ogni singola dichiarazione è praticamente quella del 2016, ma con 50.000 dichiarazioni in più, l’andamento negli anni vede una crescita di circa il 7,5% del valore di ogni singola dichiarazione fino al 2007-2008 per poi diminuire gradualmente fino al 2015 al livello di quella del 2004. E, come detto, si assiste ad una diminuzione drastica del numero delle presentazioni, con un massimo di 60.000, per poi cominciare un lento recupero soprattutto a partire dal 2017, evidenziato dai dati MEF.
Sul monte complessivo delle entrate IRPEF hanno quindi agito due effetti: il primo legato ad una riduzione del 7,5% della dichiarazione media rispetto al massimo raggiunto negli anni 2007-2008, ed il secondo dovuto alla diminuzione della platea dei dichiaranti. I due effetti si combinano in modo vario, tuttavia, come si evince dalla tabella e dal grafico relativo all’andamento complessivo delle entrate IRPEF nei diversi anni, l’oscillazione massima è di circa 1,9 miliardi di euro mentre quella minima (di fatto riferita alla situazione attuale, 2016-2017) è di 1,2-1,3 miliardi di euro.
In sintesi, i cittadini e le famiglie del F-VG hanno potuto disporre negli anni successivi alla grande crisi finanziaria del 2011 di entrate annuali ridotte in media di 1,5 miliardi di euro rispetto a quanto l’economia aveva permesso negli anni precedenti.
Non è lecito trarre immediatamente delle conclusioni sul cambiamento effettivo delle condizioni di vita e dei comportamenti che ne sono conseguiti. Servirebbe capire se nel periodo considerato il risparmio abbia superato o meno l’indebitamento delle famiglie, quali siano state le integrazioni monetarie dei redditi di provenienza sia pubblica (sussidi, etc.) sia privata (micro evasione), e magari capire anche quanta parte di questa riduzione delle entrate delle famiglie sia dovuta ad effetti di riduzione della spesa pubblica che, per quanto riguarda la Regione F-VG e il sistema degli Enti Locali, può essere valutata nella media minima di un miliardo di euro all’anno tra il 2011 e il 2017.
Può anche darsi che settori produttivi abbiano potuto avvalersi di questa situazione che segnala una possibile riduzione generalizzata dei salari in termini di competitività e produttività, e che quindi possa esservi stata una ridistribuzione delle ricchezze come ormai indicano gli studi di macroeconomia relativi. Così come si potrebbe tentare di inquadrare il tutto nella grande stagnazione che coinvolge le economie occidentali ormai da 45 anni in fasi oscillanti di crescita e decrescita; ma l’elemento di fondo è che una perdita di capacità di spesa annuale delle famiglie di 1,5 miliardi di euro è un dato sociale da esaminare a fondo. E non mi pare che molti se ne siano accorti.
La politica italiana ha indicato due risposte: il “reddito di cittadinanza” e la “flat tax”. Non ho sentito molto altro se non improbabili fantasie di “crescita”. Ma il “reddito” qui da noi non appare una risposta appetibile e una seria “flat tax” non può non avere effetti dirompenti sulle disponibilità finanziarie per i servizi pubblici essenziali.
Non la vedo facile.
Giorgio Cavallo