In merito al tema dell’esternalizzazione dei Servizi Ospedalieri
Ho letto sul Messaggero Veneto un’ intervista fatta da TeleFriuli all’Assessore alla Salute Riccardo Riccardi sul tema caldo dell’esternalizzazione dei Servizi Ospedalieri.
A tale proposito mi preme fare alcune osservazioni, partendo dalla mia esperienza di quasi 40 anni di Ospedale, gli ultimi dei quali trascorsi come Direttore del Dipartimento Chirurgico Isontino di ASUGI.
Veniamo al dunque. L’Assessore spiega in tre passaggi fondamentali il motivo delle sue scelte.
Punto uno: “…nessuno ha in mente di privatizzare gli Ospedali…”. Qui ormai si gioca sui termini tecnici: esternalizzazione, appalti, partenariato pubblico privato (PPP). Quest’ultimo sembra poi uno scioglilingua, ma non è così. Si tratta nello specifico di gruppi privati che progettano, finanziano, anche ristrutturano un Ospedale, ma anche gestiscono alcuni servizi. Ed è proprio questo il problema. Qui non si tratta di costruire un Ospedale, di acquisire apparecchiature o di fare ricorso a Personale Esterno per qualche Servizio Diagnostico, qui si tratta di portare all’interno dell’Ospedale in aree critiche per la nostra salute Medici ed Infermieri acquisiti fuori dal Sistema Sanitario Nazionale. A questo punto è utile fare un piccolo passo indietro. Come mai siamo arrivati a questa situazione? Per anni, come Direttore di Struttura Complessa e poi di Dipartimento, ho dovuto lottare contro restrizioni sugli acquisti di materiali indispensabili per la nosrtra attività, contro blocchi continui e ricorrenti delle assunzioni, contro il mancato turn-over o la copertura di assenze prolungate quali la maternità. Adesso ci si sveglia dal letargo e si scopre che manca Personale e come si risolve il problema? Andandolo a prendere da un’altra parte. Forse ascoltare un po’ di più i Clinici e le loro grida di dolore invece di seguire una miope strategia del risparmio non avrebbe guastato.
Secondo punto: “…dobbiamo preoccuparci del fine e non del mezzo: l’obiettivo è garantire cure sanitarie universali e gratuite…”. Concordo su questa affermazione, ma aggiungrei che ci deve essere anche la garanzia che queste cure siano le migliori possibili per i nostri pazienti. Questi Infermieri e questi Medici che verrebbero a coprire le gravi carenze di organico hanno la stessa preparazione di quelli assunti nel Sistema Sanitario Nazionale con regolare concorso medante esame e valutazione dei titoli? L’Assessore ha detto in un’altra intervista che la sua è una visione innovativa e che bisogna vedere le cose da un’altra prospettiva. Che un Radiologo, ad esempio, può refertare anche dagli Stati Uniti e che poco cambia perchè il Referto è quello che conta e non da dove viene scritto. Peccato però che le indicazioni chirurgiche e la scelta dell’intervento vengono prese dopo un Meeting Multidisciplinare che ha come presupposto la discusssione dei casi clinici. Indipendentemente poi dalla distanza, ci sono le dovute garanzie su questo Personale? Formare un team richiede tempo e dedizione e ormai ogni area specialistica si avvale di Personale dedicato che si confronta all’interno di un gruppo. Una prestazione diagnostica quale un’indagine radiologica va inserita in questo contesto e non può essere banalizzata ad un semplice referto. Già adesso succede che esami eseguiti al di fuori dell’ospedale devono poi essere ripetuti, pur se eseguiti in maniera corretta, solo perché non forniscono le risposte richieste dal team multidisciplinare. Con l’acquisizione adesso di Personale esterno la situazione non può che peggiorare. Si tratta di Professionisti formati da un’altra parte, non inseriti in un sistema pubblico, non selezionati dal Direttore della Struttura che poi neppure ha la facoltà di intervenire od influire sulle loro prestazioni mediche od infermieristiche.
Terzo punto: “…gli Ospedali Spoke devono avere una specializzazione: non possiamo più permetterci la frammentazione odierna…” Affermazione pienamente condivisibile. A questo punto però mi sorgono dei dubbi. Seguendo questa logica, Gorizia che ha tra le sue specializzazioni la Chirurgia Oncologica Urologica e la Chirurgia dell’Obesità con numeri di attività tra i più alti in Regione dovrebbe poterle manternere, anzi le dovrebbe implementare. Come mai nel Piano Oncologico in via di definizione perderebbe gli interventi alla vescica? Latisana da anni si è specializzata nella chirurgia del retto, al punto che è anche sede di Scuola Nazionale di Formazione per i giovani Chirurghi e vanta anche numeri importanti, perchè in base al Piano Oncologico dovrebbe chiudere questo tipo di attività? E Pordenone dove è stato chiamato dalla Lombardia un Primario esperto in Chirurgia del Fegato e del Pancreas e dove ci sono importanti volumi di attività, perchè sempre in riferimento al Piano Oncologico dovrebbe essere esclusa da questa chirurgia? Ma non si dovevano privilegiare le specializzazioni?
A me i conti proprio non tornano. Sembra che la nostra Sanità Regionale, che un tempo tutta Italia ci invidiava, sia ormai solo un vascello in balia delle onde. Speriamo che ci sia una correzione di rotta, prima che sia troppo tardi.
Alessandro Balani (Direttore del Dipartimento Chirurgico Isontino fino al novembre 2024)