Amnesty in difesa del reato di tortura e per un trattato sulle armi meno letali

Ieri  26 giugno era la Giornata internazionale per le vittime di tortura. Amnesty International Italia con una nota ricorda che  dedica le proprie azioni a due temi, rispettivamente per scongiurare un pericoloso passo indietro nel diritto interno e per favorire un importante sviluppo nel diritto internazionale.

È nell’agenda dei lavori della commissione Giustizia del Senato la discussione sul reato di tortura, introdotto nel codice penale nel 2017.
Sia al Senato che alla Camera sono state presentate proposte, in alcuni casi migliorative e in altri peggiorative, se non semplicemente abrogative, la cui approvazione potrebbe fermare i processi e le indagini in corso.

“Il Parlamento si appresta a parlare del reato d tortura poco dopo le clamorose rivelazioni sui trattamenti inflitti nella questura di Verona a persone private della libertà personale. Questo desta forte preoccupazione, vista l’intenzione mitigatrice, se non del tutto abrogativa, di alcune proposte”, ha dichiarato Alba Bonetti, presidente di Amnesty International Italia.

“Ci sono voluti 29 anni per avere il reato di tortura nel codice penale italiano. Riaprire adesso la discussione è un segnale pessimo, un messaggio in favore dell’impunità. Diciamo chiaro e tondo al parlamento e al governo: il reato di tortura non si tocca!”, ha sottolineato Bonetti.

Sul piano internazionale, l’organizzazione per i diritti umani è impegnata nella promozione di un Trattato internazionale che regoli il commercio delle armi meno letali in dotazione delle forze di polizia impegnate in azioni di ordine pubblico.

Le armi meno letali (come i dispositivi antisommossa, tra i quali manganelli, spray al peperoncino, gas lacrimogeni, granate stordenti, cannoni ad acqua e proiettili di gomma) hanno lo scopo di consentire alle forze di polizia di usare un livello minimo di forza di fronte a un particolare minaccia.

Tuttavia, le ricerche di Amnesty International hanno evidenziato numerosissimi casi in cui tali dotazioni sono state usate in modo illegale, come veri e propri strumenti di tortura, provocando lesioni gravi e persino la morte di manifestanti o persone in stato di fermo.

Attualmente, non esistono normative globali sulla produzione e sul commercio delle armi meno letali.

“Chiediamo un Trattato internazionale che vieti la produzione e il commercio di attrezzature, destinate alle forze di polizia, intrinsecamente atte a violare i diritti umani e sottoponga a rigorosi controlli in materia di diritti umani il commercio delle armi meno letali, destinate all’uso della forza in contesti di ordine pubblico o di custodia”, ha concluso Bonetti.