Caos Libia infinito, gruppi armati della Brigata Al-Samoud circondano palazzo del governo: voto a rischio
Il leader della milizia della Brigata Al-Samoud ha annunciato che “in Libia non ci saranno elezioni presidenziali e chiuderemo tutte le istituzioni statali” e per farlo i sui gruppi armati hanno circondano palazzo del governo. Insomma è alta tensione in Libia. In effetti nella serata mercoledì 15 gruppi armati hanno circondato i palazzi delle istituzioni. Le proteste sarebbero scattate in seguito alla scelta del presidente Mohammed al Menfi di sostituire il comandante supremo dell’esercito libico, Abdul Basit Marwan, con Abdel Qader Mansour come comandante della zona militare di Tripoli, anche se è molto probabile che la ribellione serpeggiasse in seguito all’impossibilità di tenere le elezioni presidenziali il 24 dicembre prossimo, come inizialmente previsto. Secondo fonti locali il presidente al Menfi e i membri del Consiglio presidenziale sarebbero stati portati in un luogo sicuro dopo che erano circolate notizie circa la volontà dei miliziani di assaltare le loro residenze private. Che il caos regni lo dimostra anche il fatto che diversi quartieri di Tripoli sono rimasti senza corrente elettrica. Una brutta situazione che rischia di vanificare gli sforzi internazionali dato che le elezioni, che dovrebbero traghettare la Libia fuori dal caos a dieci anni dalla caduta di Muammar Gheddafi, già appese a un filo dopo che sabato scorso a due settimane dal voto l’Alta Commissione elettorale libica (Hnec) aveva annunciato il rinvio sine die della pubblicazione della lista definitiva dei candidati presidenziali spiegando di dover ancora “adottare una serie di misure”, ma bloccando di fatto anche la già breve campagna elettorale. Sembra dunque sempre più improbabile che alla vigilia di Natale si svolga la sfida fra il generale Khalifa Haftar, il figlio del colonnello Seif al Islam Gheddafi e lo stesso premier Dbeibah. Una corsa potenzialmente allargata al presidente del parlamento di Tobruk Aqila Saleh, all’ex ministro dell’Interno Fathi Bashagha e al già vicepremier Ahmed Maitig. Il voto potrebbe quindi slittare al 2022 o forse, come detto sine die, che potrebbe voler dire “sine mai”.