Che fine ha fatto il biodigestore Net di Udine? Lo chiedono le consigliere regionali Liguori (Civica Fvg) e Capozzi (M5s)

Le consigliere regionali Liguori (CIVICA FVG) e Capozzi (M5S) denunciano le difficoltà delle imprese del verde nel conferire i materiali negli impianti di raccolta.  «Quello che lo scorso maggio temevamo si potesse verificare, soprattutto in provincia di Udine, è purtroppo una realtà: le modifiche volute dal Governo Meloni con il decreto legge Ambiente approvato dal Governo il 10 ottobre scorso che equipara gli sfalci e le potature (derivanti dall’attività di cura e manutenzione del paesaggio e del verde pubblico e privato) ai rifiuti urbani, stanno infatti causando molti problemi a chi deve conferire questi materiali negli impianti di raccolta». A denunciare le difficoltà delle imprese del verde sono le consigliere regionali Simona Liguori (Patto-Civica Fvg) e Rosaria Capozzi (MoVimento 5 Stelle).

«Avevamo già espresso le nostre perplessità dovute all’equiparazione in rifiuti urbani di quelli che erano classificati speciali – ha spiegato le due consigliere – anche per l’evidente difficoltà di smaltimento degli impianti provinciali. Tali difficoltà di conferimento si stanno verificando anche dopo la nuova normativa, tanto che in molti già auspicano modifiche in sede di riconversione del decreto in legge. A maggio, ci chiedevamo che fine avesse fatto l’impianto della Net che doveva esser inaugurato nel 2022 a Udine dall’allora Giunta Fontanini, ma dato che è ancora fermo depositeremo un’interrogazione congiunta in Consiglio Regionale per sapere quando verrà attivato».

«Oggi – hanno concluso le due consigliere – il Governo e la Regione parlano spesso di bioenergie, ma l’impianto voluto dalla Net con un project financing da 42 milioni di euro che doveva produrre 380 mc di biometano l’ ora, benché sia stato autorizzato tre anni e mezzo fa, risulta ancora fermo ai box. In Puglia un impianto simile è già attivo dal 2022, produce gli stessi quantitativi di biometano e compost, smaltisce il doppio dei rifiuti, ma è costato meno della metà, solo 18 milioni. A rimetterci come al solito sono cittadini e imprese, sia per le tasse che pagano per mantenere un impianto ancora fermo, sia per le difficoltà che riscontrano ogni giorno nello smaltire i rifiuti che se non possono essere trattati a Udine devono essere portati altrove».