Da Trieste in giù in attesa dell’eversione prossima ventura
Nè fuochisti del Lloyd in sciopero, nè assalitori del Kulturni Dom. I portuali di Trieste hanno conquistato la scena come i loro predecessori di un secolo fa. Ma, per ora, fortunatamente, più che ad una tragedia mi sembra di assistere ad un rilancio del Festival dell’Operetta. Con Puzzer e D’Agostino che duettano per contendersi i favori della bella del porto. Il pubblico non manca e negli intervalli tra gli atti ci si può rifocillare.
Ma il vero interesse diventa alzare lo sguardo su quello che è il campo di contesa nell’Italia intera e capirne i riflessi sulla trasformazione in atto del rapporto tra stato e cittadini.
Non è certo facile interpretare in chiave politica gli avvenimenti degli ultimi due anni contrassegnati non solo dalla pandemia di Covid ma anche dal definirsi di fenomeni come il cambiamento climatico, l’evoluzione dei rapporti geopolitici, le correzioni delle politiche economiche, il crescente peso delle migrazioni.
Per quanto riguarda la situazione italiana l’avvento di Draghi ha sancito un nuovo modello di stato giudicato da molti ben al di là della previsione costituzionale. L’odiata rigidità finanziaria europea è diventata il punto di ritrovo di una banda di Keynesiani scialacquoni e l’incubo del debito pubblico sembra scomparso. Nessuno ha il coraggio di contrastare concetti come sostenibilità e resilienza se non dietro le spalle. FdI è in prima fila per combattere “fascismo ed eversione”. La nazione ha celebrato con gioia l’anno eccezionale dello sport italiano. Stiamo superando la pandemia di Covid con alcune delle migliori statistiche mondiali.
Proprio peccato per questa banda di ingrati che infestano le piazze con manifestazioni “no green pass”.
Premetto la mia convinzione di pluri-vaccinato sulla base di valutazioni stocastiche di difesa della mia vita e per fare il mio dovere di cittadino per salvare l’economia. Allo stesso tempo l’esperienza mi insegna che per il rispetto della Costituzione vale sempre la massima di Boskov “rigore è quando arbitro fischia”, e quindi sul significato di libertà sono in attesa di sapere cosa ne pensa la Corte; che peraltro non usa la VAR e non vive nell’iperuranio ma sa spesso adattarsi all’evoluzione delle prevalenze culturali, sociali ed economiche.
La dimensione dell’attrattore “no green pass” è tale per cui vale la pena di cercare di capire cosa bolle nella mente degli aderenti soprattutto in una proiezione futura. Non mi interessa mettere ordine nelle motivazioni che portano nella attuale direzione: una prima disamina degli attori mi fa pensare ad un “sistema dinamico caotico”, tipo quelli che hanno fatto la fortuna del Nobel Giorgio Parisi. In tali sistemi, talvolta, stati energetici e dinamiche occasionali e diversificate concentrano gli oggetti in una particolare area del sistema stesso e descriverne l’evoluzione non è per nulla facile.
Cosa può succedere in futuro? Intanto si valuti la dimensione. Al 20% circa di no vax bisogna aggiungere almeno un ulteriore 10% di soggetti che “obtorto collo” hanno dovuto accettare una decisione che non garbava per nulla. Così come non si può fare a meno di accostare questo dato allo stabilizzarsi di un rifiuto dei momenti elettorali, tra il 40 e il 50%, espressione di un disagio passivo probabilmente solamente coincidente in parte con quello oggi attivo del mondo “no green pass”.
E’, a quanto mi consta, la prima volta che in Italia un movimento spontaneo oggettivamente caotico si organizza per occupare le piazze e radicalizzarsi sempre più nell’imperversare delle polemiche. Certo, ci saranno estremisti di professione, neo fascisti, centri sociali, anarchici insurrezionalisti, tifoserie organizzate, ma, ad una lettura suffragata da un esame minimo dei social, c’è soprattutto in giro una voglia generalizzata di menar le mani e di trovare un qualche nemico da sopprimere. In barba ad una qualsiasi dialettica civile di una democrazia liberale.
Cento anni fa in una atmosfera comparabile si affermò il fascismo. Imitatori non mancano ma non credo che la storia possa riproporsi in maniera simile, se non in forme di autoritarismo e di centralizzazione del potere le cui tendenze sono già in atto.
Le cause di questo stato d’animo pervasivo della società sono molteplici ed i sociologi possono sbizzarrirsi a ricercarle, ma nel complesso mi pare che ci si presenti un desiderio solo in parte represso di “eversione” che nessuno status quo può permettersi di trascurare e nemmeno deprecare. E’ possibile che la fase “no vax – no green pass” si sciolga come neve al sole ma gli effetti culturali e sociali permarranno pronti a riapparire in nuove occasioni.
Il conflitto non si può sopprimere con un continuo richiamo al diritto alla violenza unicamente da parte del potere ufficialmente costituito camuffato da “law and order”. Sarebbe compito della politica interpretarlo ed organizzarlo nelle forme democratiche che la seconda metà del secolo scorso ha insegnato. Ma ho forti dubbi che quanto ci passa oggi il convento sia in grado di farlo. E forse nemmeno ne ha voglia. Giorgio Cavallo