Non si “annega” solo nel Mediterraneo ma anche nella sabbia del deserto. 12 migranti siriani di origine curda sono morti di sete in Algeria dopo essersi persi

Non si “annega” solo nel Mediterraneo ma anche nella sabbia del deserto.   Un gruppo di migranti e due algerini che facevano da guide si sono persi nel deserto, in condizioni climatiche  estreme  e senza acqua. Così in 12 migranti siriani provenienti dalla regione curda del Rojava, nord-est della Siria, e due autisti algerini sono morti mentre cercavano di raggiungere l’Europa dopo che le loro auto probabilmente finito il carburante si sono fermate nel deserto algerino. Sono tutti morti di sete a causa del caldo torrido. L’Associazione umanitaria di ricerca e salvataggio algerina, che ha prestato il primo soccorso, ha annunciato che i veicoli a quattro ruote motrici sono stati ritrovati nella zona di Hassi-Belfort, con accanto alcuni corpi. L’associazione ha riferito anche che le sue squadre, recatesi sul posto, hanno rinvenuto i corpi di 12 persone di nazionalità siriana, nonché i corpi di due cittadini algerini. L’associazione ha indicato che la principale causa di morte di queste persone è stata la sete. I corpi sono stati trasferiti alla camera mortuaria dell’ospedale Burj Omar Idris.  Da quanto si è potuto ricostruire le auto si sono perse nel deserto martedì scorso e i corpi sono stati ritrovati venerdì dopo ore di ricerche, vicino al confine libico, mentre altri 5 siriani, che forse hanno cercato aiuto allontanandosi dei veicoli  risultano ancora dispersi. Il viaggio delle vittime era iniziato martedì dalla Libia verso l’Algeria, per poi essere ritrovate morte, dopo essersi smarrite nel deserto. L’Associazione algerina di ricerca e salvataggio, in un comunicato pubblicato su una piattaforma di social media, ha dichiarato che i migranti sono morti dopo essersi persi nel deserto nella provincia di Illizi, al confine con la Libia (circa 1.800 chilometri a sud-est della capitale Algeri), rilevando che l’età dei defunti variava tra i 10 ed i 57 anni; tutti maschi.

Il portavoce dell’Associazione nello stato di Tamangset, Tohamy Ibrahim, ha affermato che la loro Associazione effettua ogni anno centinaia di ricerche di persone disperse nel deserto a causa delle difficoltà della regione, siano essi residenti della regione o stranieri. Ha anche sottolineato che il fermo  delle auto in mezzo ad un deserto arido, le alte temperature e la mancanza di acqua soo certamente le principali cause di morte, in sostanza non ci sono evidenze di azioni violente.

Bassam Farroukh, membro dell’Organizzazione internazionale per i diritti umani e membro della comunità siriana, incaricato dall’ambasciata siriana in Algeria di seguire le procedure relative alla sepoltura e al trasporto dei corpi dei cittadini deceduti, ha confermato che i siriani morti nel deserto algerino sono entrati irregolarmente nel Paese, provenienti dalla Libia. Farroukh ha anche rivelato che le dichiarazioni delle famiglie delle vittime confermano che le persone coinvolte risiedevano in territorio libico, e che alcuni di loro vi risiedevano regolarmente, e vi sono giunti da diversi paesi come la Turchia e il Libano.

L’esperto di sicurezza algerino Ahmed Mizab ha affrontato, in un’intervista sulla stampa locale, le peculiarità della regione, viste le circostanze politiche instabili in cui si trova lo Stato della Libia e i crescenti fenomeni di migrazione irregolare e contrabbando, sostenendo che questo viaggio finito tragicamente non è avvenuto per caso, ma fa parte di un progetto di migrazione verso l’Europa gestito da organizzazioni di trafficanti di esseri umani. Ha sottolineato che questi episodi di attraversamento delle frontiere non sono ammessi e punibili dalla legge. “Avventurarsi in questi luoghi – ha detto – è pericoloso per i non esperti; possono essere attraversati solo da chi conosce la natura dei percorsi nelle dure condizioni delle zone desertiche e delle alte temperature”.

Fonte: stampa algerina online e social media. Foto dell’Associazione umanitaria di ricerca e salvataggio algerina.