Fedriga pimpante e perentorio ma i dubbi su quanto il Fvg conta a Roma permangono
Il 12 febbraio si è svolto il dibattito in Consiglio Regionale sui rapporti finanziari con lo Stato per il triennio 2019-2021 nel corso del quale il Presidente Fedriga ha descritto l’andamento della trattativa.
Sulle cifre pare che l’accordo sia concluso. Grande euforia su un dato sbandierato come clamoroso: 834 milioni di Euro da dare in meno allo Stato nel 2019-2021 rispetto alla Serracchiani negli anni 2014-2016. La cosa fa un po’ sorridere chi conosce i numeri, perché grosso modo finanziariamente nel 2014 l’Italia ricordava la Caporetto militare del 2017, Ma un tweet è sempre necessario per comunicare con il popolo.
Ad ogni modo una misera tabella è stata consegnata ai consiglieri e probabilmente non subirà variazioni. Si possono trarre considerazioni anche se i numeri sono sempre difficili da interpretare: entusiasmo da stadio della maggioranza (“non pensavamo di poter ottenere tanto”) e letture critiche o disincantate dalle opposizioni.
Nell’insieme si tratta di un alleggerimento dei prelievi statali dalle entrate di compartecipazione grazie al non rinnovo per il 2019-2021 di norme finanziarie precedenti per 144 milioni di euro all’anno. Fedriga rivendica il merito all’attuale maggioranza ma la cosa era anche prevista dal governo Gentiloni-Padoan (finanziaria per il 2018-2020). Inoltre sembrerebbe garantito un taglio di 120 milioni di euro annuali per il 2020-2021, praticamente proseguendo su quanto iniziato nel 2015 grazie ai patti Serracchiani-Padoan il cui effetto finiva nel 2019.
Un po’ di fumo riguarda le effettive modalità di gestione di queste disponibilità, in termini di spesa corrente o di investimenti. Ma se le cifre (come richiederà la Regione nell’ambito della trattativa) non potranno essere appesantite da estemporanei ulteriori prelievi da parte dello Stato in questi tre anni, un po’ di ossigeno dovrebbe esserci.
Utili ed interessanti appaiono alcune richieste che Fedriga ha dichiarato quali irrinunciabili da parte della Regione impegnandosi a ricorrere alla Corte Costituzionale in caso di reticenza dell’interlocutore:
la sottoscrizione da parte del Governo del vincolo a non modificare i conti previsti nell’accordo del triennio, come base a ricondurre nel tempo le erogazioni del FVG al livello ben inferiore delle altre Regioni a statuto speciale;
la ridiscussione delle compartecipazioni erariali modificate un anno fa dall’emendamento Morando, ritornando ai 9,1/10 per l’IVA e rinunciando ad altro su una base di parità contabile;
la attribuzione alla Regione della potestà di stabilire le imposizioni fiscali immobiliari a favore dei Comuni, e quindi permettendo uno spazio reale di autonomia comunale.
Fin qui luci ed ombre, un po’ di propaganda, ma tutto sommato una routine positiva a cui è mancato un coinvolgimento di approfondimento reale del Consiglio Regionale su molti aspetti anche tecnici non riconducibili a pura alchimia politica.
C’è tuttavia un macigno che pesa negli attuali rapporti tra Stato e Regione e che Fedriga ha sollevato senza trarne le debite conseguenze.
Sulla base evidentemente di un calcolo tecnico della struttura dell’amministrazione, è stata affermata una situazione di valenza politica estrema. Negli anni dal 2011 al 2018 il FVG ha mediamente versato allo stato il doppio rispetto alle altre Regioni a Statuto speciale: Fedriga ha parlato del 15% delle entrate del bilancio regionale rispetto al 7,5%.
Questa “bomba” va tradotta in numeri. Con riferimento ai dati forniti annualmente dalla Corte dei Conti in sede di giudizio di parificazione del bilancio regionale la Regione ha contribuito agli obiettivi di finanza pubblica tra il 2011 e il 2018 per oltre 7 miliardi, e quindi rispetto alla media delle altre Regioni speciali ha versato 3,5 miliardi di euro in più.
Va capita la motivazione E se non esiste, se non relativa alla semplice accettazione da parte della Regione, tale vicenda non può chiusa essere qui ma va aperta una partita di ristoro visto il prezzo sociale pagato dalle popolazione del FVG, in termini di PIL, di scomparsa di imprese produttive, di disoccupazione e di perdita di competitività.
Dei 7 miliardi versati, una parte è andata teoricamente per la riduzione del debito pubblico; in realtà, poiché questo non è diminuito, è servita a finanziare politiche statali. Ma 2,4 miliardi, sempre ricavati dai dati della Corte dei Conti, provenienti da meccanismi di riduzione della spesa in relazione al “fiscal compact”, sono stati “accantonati” in capitoli fantasma del bilancio statale derivati dalla previsione (Tremonti 2009) mai attuata del federalismo fiscale.
Si tratta di un deposito o di un furto bello e buono? Non solo per un minimo di senso di giustizia ma è per una necessità oggettiva di sopravvivenza che Fedriga deve rivendicare almeno parte di questi soldi. Se c’è una discontinuità con le Giunte che hanno governato il F-VG nei passati dieci anni, è su questa partita che va dimostrata.
Giorgio Cavallo