Giornata mondiale delle zone umide: Legambiente in visita all’Isola della Cona, anche per parlare di cambiamento climatico
A celebrare la Giornata mondiale delle Zone umide, istituita il 2 febbraio a Ramsar (Turchia) nel 1971, oltre trenta persone, aderendo all’invito del Circolo “Ignazio Zanutto” di Legambiente Monfalcone, si sono ritrovate alla Riserva Naturale della Foce dell’Isonzo dove, guidati dall’ornitologo Paolo Utmar, hanno potuto ammirare questo prezioso ambiente naturali, ricco di biodiversità, ma anche rendersi conto delle trasformazioni in atto, dovute alla crisi climatica che si riverbera sull’avifauna, sulla vegetazione e sulla stessa struttura idrogeologica della foce.
L’innalzamento del mare, infatti, sta erodendo le barene, cosa molto evidente nella Laguna di Marano e Grado (che si sta avviando verso un processo di “marinizzazione”) ma anche in questa delicata area: congiuntamente al consumo di suolo e alla distruzione degli ambienti naturali alle spalle della laguna, tutto ciò compromette irreversibilmente le aree adatte alla nidificazione di molte specie di uccelli. Molte specie nordiche non vengono più a svernare alle nostre latitudini, perché le temperature invernali non sono più così rigide e solo alcuni esemplari si sobbarcano la fatica di oltrepassare le Alpi. Sono aumentate invece, le specie che un tempo si fermavano a latitudini inferiori, come l’ibis sacro e l’avocetta (e i fenicotteri in Val Cavanata): il risultato è che è aumentato il numero di specie osservabili in inverno, circa 250, ma è diminuito il numero degli individui svernanti. Dall’osservatorio della Marinetta abbiamo potuto ammirare volpoche, mestoloni, alzavole, aironi, svassi, cormorani, il falco di palude e molte altre specie.
Anche la vegetazione risente della nuova condizione climatica: prospera l’alloro e alcune specie alloctone, come l’amorpha fruticosa, che non devono più sopportare i rigidi inverni di un tempo.
Un’ottima notizia riguarda i mammiferi: oltre ai rari gatti selvatici e sciacalli, ai comuni caprioli e volpi, agli invasivi nutrie e cinghiali, sembra sia in arrivo anche la lontra, sparita da questi luoghi negli anni ’50.
Un’altra conseguenza dell’innalzamento del mare è la salinizzazione delle aree lagunari, tanto che per mantenere l’apporto di acqua dolce è stato realizzato una condotta con il fiume Isonzo, bypassando l’argine. In periodi di siccità però, come nell’estate del 2022, l’acqua marina risale di parecchi km il fiume, e diventa predominante nel delicato equilibrio idrodinamico della foce.
L’ampliamento della superficie della riserva con l’allagamento di circa 12 ha di terreni ora agricoli, previsto nei prossimi mesi, è un contributo prezioso per la sopravvivenza di questi ecosistemi, a livello mondiale, sempre più minacciati.