Giornate del Cinema Muto 42a edizione. Prima mondiale dello straordinario ritrovamento del primo lungometraggio girato in Amazzonia

Alle Giornate del Cinema Muto in corso al Teatro Verdi di Pordenone, spicca nel programma di lunedì 9 ottobre e si vedrà alle ore 21, una delle opere più controverse, Merry-Go-Round (Donne viennesi, US 1923), di un personaggio leggendario della storia di Hollywood e del cinema, Erich von Stroheim. Nato a Vienna e trapiantato negli Stati Uniti poco più che ventenne, costruì la sua fama presentandosi come l’ultimo rappresentante della nobiltà imperiale mitteleuropea, affermando anche di aver servito nella cavalleria con i gradi di ufficiale. In realtà le sue origini erano della piccola borghesia e i suoi primi passi nel mondo del cinema furono come semplice comparsa, anche nel capolavoro di D.W. Griffith Nascita di una Nazione. Con l’ingresso degli Stati Uniti nella prima guerra mondiale, von Stroheim ebbe occasione di dar vita al prototipo del tedesco cattivo e dell’aristocratico prepotente e perfido; “l’uomo che amerete odiare” era lo slogan con cui venivano pubblicizzati i suoi film. La sua vita fu all’insegna del gigantismo e dell’eccesso, anche nella volontà di imporre una sua idea di cinema al di fuori di ogni controllo che non fosse quello dello stesso autore. Per questo motivo fu la bestia nera dell’industria di Hollywood e non riuscì quasi mai a realizzare del tutto i suoi progetti. E se la stima di tanti illustri colleghi non venne mai meno, bisogna pure dire che i suoi film, forse per l’aura di scandalo che aleggiava sul regista, ebbero spesso grande successo di pubblico. Come nel caso di Merry-Go-Round, che racchiude in sé tutti gli elementi che costituiscono il “caso Stroheim”: l’idea di rappresentare una città e un mondo al tramonto con un’attenzione maniacale a ogni dettaglio, e la totale incompatibilità con le esigenze della produzione. Fu così che dopo sei settimane dall’inizio delle riprese, Irving Thalberg prese la decisione di licenziare Stroheim e di affidare la regia a Rupert Julian che si attenne il più possibile fedele al copione tenendo però presente le esigenze del budget. La storia d’amore di Merry-Go-Round tra un nobile e una ragazza di umili origini che si svolge nella Vienna del 1914 è il ritratto di un mondo e di un’epoca al tramonto, ma è allo stesso tempo il fantasma di un film possibile perché non potremo mai sapere cosa sarebbe stato se Stroheim fosse riuscito a realizzare il suo sogno. La copia che viene presentata è un restauro Blackhawk Films in collaborazione con Lobster Films, Filmarchiv Austria, Det Danske Filminstitut, realizzato con il sostegno della Sunrise Foundation for Education and the Arts.

La giornata di lunedì è all’insegna di personaggi “larger than life”. Parlando infatti di Pierre Loti (1850-1923) scrittore, ufficiale di marina, viaggiatore, diplomatico, sportivo, membro dell’Académie Francaise, è difficile comprendere come sia stato possibile vivere tante e diverse esperienze in una sola vita. Pierre Loti visitò 29 paesi, partecipò a 31 operazioni militari navali, pubblicò 61 libri la maggior parte dei quali intrisi di esotismo. In occasione del centenario della morte, le Giornate rendono omaggio alla sua figura con un programma (inizio oggi alle 17.45) che evoca l’universo di Loti sia con le immagini dei luoghi che amò sia con alcuni cortometraggi di finzione ispirati alla sua opera narrativa. Si vedranno, tra l’altro, le immagini dei funerali della grande attrice francese Sarah Bernhardt, sua carissima amica, che morì nello stesso anno di Pierre Loti.

Da segnalare, alle ore 12, il film italiano La madre, del 1917, di Giuseppe Sterni, recentemente ritrovato e restaurato dall’Eye Filmmuseum di Amsterdam, che ci dà occasione di ammirare l’arte di Italia Vitaliani (1866-1938), parente di Eleonora Duse, non all’altezza della sua celebrità ma di non minore talento. Dopo decenni di attività teatrale che la videro anche assumere il ruolo di capocomica (responsabile della direzione artistica e dell’amministrazione) ebbe saltuarie frequentazioni con il cinema e La madre è l’ultimo film di rilievo in cui recitò. Dopo continuò a dedicarsi al teatro e soprattutto all’insegnamento e gli ultimi anni trascorsi a Milano visse sola e dimenticata.

La proiezione del film è preceduta da un delizioso cortometraggio promozionale in cui vediamo il regista che riceve nel suo studio Italia Vitaliani e le mostra il copione.

Il film che precede, alle ore 10, e che fa parte della retrospettiva dedicata a Harry Piel, è Das Teufelsauge (L’occhio del diavolo, DE 1914) interpretato da Ludwig Trautmann, perfetto nelle scene d’azione di cui è pieno il film. Il titolo fa riferimento a un preziosissimo diamante del cui furto è accusato un agente diplomatico interpretato da Trautmann. “C’è da chiedersi se una persona in carne e ossa possa realmente compiere balzi e scalate così audaci, rischiando la vita in ogni momento” scriveva la stampa dell’epoca. Ma era proprio questa lo stile di Piel, da regista e poi anche da attore, tanto da essere denominato il Douglas Fairbanks europeo. Per non farsi mancare nulla, in questo film mette in scena una delle sue famose esplosioni facendo saltare in aria l’edificio di una fabbrica con la dinamite.

La retrospettiva dedicata ai film sulla Ruritania propone alle 16 The Only Thing (US 1925) di Jack Conway. È la storia di una bellissima principessa nordica costretta a sposare il re, basso e di carnagione scura, di una nazione balcanica. Il razzismo implicito della trama viene fortunatamente mitigato dall’umorismo di Elinor Glyn, la famosa scrittrice che firma la sceneggiatura, e dalle splendide scenografie di Cedric Gibbons.

Spazio anche alla rassegna sullo slapstick europeo che, a partire dalle 14.30 propone tre titoli fra cui Rêves de Clowns (FR 1924), l’unico lungometraggio conosciuto interpretato dal famoso trio dei clown francesi di origine italiana, Les Fratellini. È un importante documento storico interamente girato nel Cirque d’Hiver di Parigi di cui Les Fratellini erano direttori artistici. All’epoca erano all’apice del successo, beniamini anche dell’ambiente intellettuale francese.

AMAZONAS, MAIOR RIO DO MUNDO

LO STRAORDINARIO RITROVAMENTO DEL PRIMO LUNGOMETRAGGIO GIRATO IN AMAZZONIA PRESENTATO IN PRIMA MONDIALE 

Il cambiamento climatico è indubbiamente una delle questioni fondamentali del nostro tempo e l’importanza della sopravvivenza di certi ecosistemi è essenziale per la salute della Terra. Uno di questi è l’Amazzonia, la più grande foresta pluviale del mondo che si estende tra Brasile, Perù e Colombia, dal valore inestimabile per la vita del pianeta e dimora di popolazioni antiche divise in centinaia di tribù.

Il film che le Giornate del Cinema Muto di Pordenone presentano in prima mondiale martedì 10 ottobre (ore 14.30) al Teatro VerdiAmazonas, maior rio do mundo, è il primo lungometraggio girato in Amazzonia, uno straordinario documento che già nel 1918 metteva in evidenza l’enorme ricchezza naturalistica e le risorse di quest’area che si estende per quasi sette milioni di chilometri quadrati.

La storia di questo film è di per sé un’avventura. A lungo considerato perduto, è stato ritrovato nei primi mesi di quest’anno al Národní filmový archive, la Cineteca di Praga. “Dopo una visita in quell’archivio – racconta il direttore delle Giornate del Cinema Muto Jay Weissberg – i curatori mi hanno inviato il link per visionare un film che era stato catalogato come Wonders of the Amazon [Meraviglie dell’Amazzonia], una produzione americana del 1925. Appena ho iniziato la visione mi sono reso conto che il film risaliva ad anni precedenti e che non poteva essere una produzione americana. Dopo qualche ricerca ho avuto la netta sensazione che si trattasse dell’opera leggendaria di Silvino Santos.”

Santos era un portoghese che si era trasferito sin da giovane in Brasile ed è stato uno dei pionieri del cinema brasiliano. Lo studioso di Belém Sávio Stoco gli aveva dedicato la tesi e, contattato da Weissberg, confermò che si trattava proprio del film di Santos, rivelandone anche le travagliate vicissitudini. Il negativo era stato trafugato e portato in Europa dal socio del regista il quale, attribuendosi la paternità del documentario e cambiandone il titolo, aveva stipulato all’insaputa dell’autore accordi per commercializzarlo nel vecchio continente, dove fu proiettato a partire dal 1921. Nel 1925 arrivò anche in Cecoslovacchia ma dal 1931 se ne persero le tracce.

Ora finalmente il film è tornato alla luce. Se indubbiamente Amazonas, maior rio do mundo ha bellissime immagini del fiume, delle città di Belém e di Manaus e del popolo Huitoto (a cui appartengono, fra l’altro, i quattro bambini sopravvissuti da soli nella giungla, di cui qualche mese fa ha parlato tutto il mondo), allo stesso tempo sottolinea le enormi potenzialità di sfruttamento industriale, configurando un futuro che oggi si presenta drammatico.

Il film sarà successivamente presentato al Ji.hlava International Documentary Film Festival nella Repubblica Ceca e in Brasile.