Ieri lo sciopero nazionale “TIM” contro l’ipotesi spezzatino
Contro le ipotesi di scorporo della rete, per l’unicità dell’Azienda a difesa della tenuta occupazionale delle lavoratrici e dei lavoratori delle aziende del Gruppo TIM. Questo il tema dello sciopero nazionale dell’azienda di telecomunicazione TIM. Si legge in un documento di Cgil Cisl e Uil: “in un Paese dove il settore delle Telecomunicazioni è stato lungamente martoriato a partire dalla scellerata privatizzazione della TELECOM ITALIA, realizzata dallo STATO nel lontano 2000, e nel quale a differenza di altre importanti nazioni europee i primi quattro operatori di telecomunicazioni del Paese sono in mani straniere, non si può far valutare al mercato la solidità del progetto per il Gruppo TIM.
Negli anni pre-pandemia abbiamo evidenziato e recapitato ai Ministeri competenti molteplici documenti con all’interno varie ed importanti proposte sulla RETE e sul settore delle TLC. Da lungo tempo SLC CGIL, FISTEL CISL, UILCOM UIL con le loro Federazioni, in tutti i consessi possibili evidenziano le criticità del settore che pur essendo da tutti considerato strategico per il PAESE, da dieci anni perde ricavi e
marginalità e non ha un chiaro indirizzo politico. Non sarà sfuggito quanto fondamentale sia stata la RETE ed il settore delle TLC durante la fase acuta della pandemia dove circa 60 milioni di italiani hanno comunicato e lavorato grazie a questo comparto. La RETE ed il settore delle TLC sono centrali per portare il PAESE a cogliere gli importanti e sfidanti obiettivi relativi alla digitalizzazione ed innovazione, quelli indicati nel PNRR. Aver superato il memorandum di intesa della fine di agosto 2020 tra TIM e CDP finalizzato alla realizzazione del più ampio progetto di rete unica nazionale (AccessCo) attraverso la fusione tra FiberCop e Open Fiber ha prodotto una nuova impennata della fragilità della Governance di TIM ed allontana le forti prospettive di modernizzazione del Paese. La difesa degli attuali livelli occupazionali ed il loro sviluppo non possono passare dal rimanere in attesa di cosa farà il mercato occorre che la politica tutta prenda una posizione urgente e chiara che preservi le infrastrutture del Paese e gli occupati del settore e i milioni di cittadine e cittadini che utilizzano i nostri servizi.
Ad oggi, a distanza di due mesi, non abbiamo avuto riscontri ufficiali da parte dei componenti del Governo. L’atteggiamento interlocutorio delle Istituzioni ed una decisa accelerazione dell’azienda che stringe i tempi per arrivare al più presto ad un piano industriale, non fanno che aumentare le nostre preoccupazioni ed il disagio degli oltre 42.000 lavoratrici e lavoratori occupati nel Gruppo TIM e degli altrettanti dell’indotto. I tempi sono strettissimi. Il 2 marzo il CDA di TIM potrebbe approvare il nuovo piano industriale che darebbe il via allo smembramento del Gruppo. Nel frattempo tutte le aziende del settore sono pervase da riassetti che potrebbero portare ad un vero e proprio stravolgimento. Sono in gioco, circa 40.000 posti di lavoro nel prossimo anno fra i maggiori player del settore ed il composito mondo degli appalti. TIM è un’azienda strategica, già drasticamente ridimensionata da operazioni finanziarie, che non può e non deve essere definitivamente distrutta. L’Italia, se vuole avere un ruolo continentale nel mercato delle TLC, non può rinunciare ad avere un “campione nazionale” a controllo pubblico. Di questo devono farsi carico le Istituzioni e tutte le forze politiche”.