Il clima non può aspettare: anche SNPA aderisce al Global strike for future
Il grido d’allarme di un’adolescente ha scosso i Governi di tutto il mondo: i Fridaysforfuture nascono infatti dalla protesta della sedicenne Greta Thunberg che a Stoccolma, in occasione della COP24, andò a sedersi ogni giorno davanti al Parlamento durante l’orario scolastico, per chiedere al governo svedese che si rispettassero i limiti delle emissioni di carbonio sanciti nell’accordo di Parigi sul cambiamento climatico sottoscritto nel 2015.
Il 15 marzo è la giornata dello sciopero mondiale per il futuro; sono 198 i Paesi che dovrebbero aderire all’iniziativa Global Strike for Future, giornata in cui scenderanno in piazza non solo i giovani, ma tutti quelli che sentono il bisogno di sollecitare i Governi di tutto il mondo ad agire più decisamente per contrastare i cambiamenti climatici, la sfida di questo millennio. Il Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA), insieme ad altri Enti di Ricerca ed associazioni ambientaliste, aderisce a questa grande manifestazione di sensibilizzazione a livello mondiale verso le problematiche legate al clima, mettendo a disposizione dati, informazioni e attività che come Sistema si stanno portando avanti sui cambiamenti climatici.
Il Sistema pubblica, con cadenza annuale, il rapporto “Gli indicatori del clima in Italia”. Gli studi condotti hanno evidenziato come in Italia il 2018 è stato, ad oggi, l’anno più caldo di tutta la serie storica di dati controllati ed elaborati, cioè almeno dal 1961: +1,77 °C rispetto al valore normale di riferimento 1961-1990, +1,15°C rispetto al rispetto al valore normale di riferimento 1981-2010; questa base trentennale viene utilizzata dai servizi meteorologici e idrologici nazionali per valutare le medie a lungo termine e la variabilità inter-annuale dei principali parametri climatici, quali temperatura, precipitazioni e vento, che sono importanti per gli ambiti sensibili al clima come la gestione delle risorse idriche, energia, agricoltura e salute.
In base a studi che ricostruiscono il clima in un passato più remoto, si può affermare che in Italia il 2018 risulta essere l’anno più caldo da almeno 2 secoli circa. In un chiaro segnale dei continui cambiamenti climatici a lungo termine associati alle concentrazioni record di gas serra nell’atmosfera, a scala globale gli anni 2015, 2016, 2017 e 2018 sono stati confermati dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO) come i quattro più caldi mai registrati.
Il 2018 si classifica come il quarto anno più caldo mai registrato. L’anno 2016 rimane l’anno più caldo mai registrato (1,2 ° C al di sopra del dato di base preindustriale).
Tornando al clima in Italia, nel mese di ottobre dello scorso anno, l’Italia è stata teatro di una serie di eventi meteorologici estremi che hanno determinato gravi conseguenze per la popolazione, l’ambiente e il territorio del nostro Paese. Le piogge sono cadute abbondantemente su quasi tutto il territorio nazionale, con tempi e intensità diverse nelle varie regioni. Le precipitazioni cumulate giornaliere più elevate sono state registrate nelle zone prealpine, con valori di oltre 400 mm in Friuli Venezia Giulia e di oltre 300 mm in Liguria, Veneto e Lombardia. A scala globale, l’inizio del 2019 è stato caratterizzato da condizioni meteorologiche di grande impatto in molte parti del mondo, tra cui il freddo in Nord America, il calore record, incendi e piogge in Australia, temperature record e precipitazioni in alcune parti del Sud America e forti nevicate sulle Alpi e sull’Himalaya.
Siccità e precipitazioni. Uno dei 16 indicatori dell’edizione 2018 del Rapporto Ambiente SNPA, presentato in occasione della Prima Conferenza Nazionale del Sistema per la Protezione dell’Ambiente lo scorso 27 febbraio, illustra la situazione relativa alla siccità; nel 2017 l’apporto di precipitazione sulla scala temporale di 12 mesi, è stato nettamente inferiore alla media climatologica (periodo di riferimento 1948-2016) e sono stati osservati deficit di precipitazione sull’intero territorio nazionale.
Clima e meteo: Una sintesi di dati e informazioni meteo climatiche sugli ultimi eventi del clima in Italia è stata trasmessa dall’ISPRA alla WMO, che cura la redazione del “WMO Annual Statement on the Status of the Global Climate in 2018”. L’ISPRA svolge la funzione focal point nazionale per la realizzazione e trasmissione regolare al Regional Climate Centre della Regione VI (Europa) della WMO di dati e prodotti relativi allo stato e alle variazioni del clima in Italia.
Con l’obiettivo di riorganizzare e consolidare i servizi di meteorologia climatica nel nostro Paese, con la legge di bilancio 2018, ad istituire l’Agenzia nazionale per la meteorologia e la climatologia (ItaliaMeteo) e, congiuntamente, un Comitato nazionale di indirizzo che ha il compito di proporre lo statuto dell’Agenzia e di individuare le migliori modalità di razionalizzazione e riconduzione ad unità del sistema meteorologico italiano, in cui operano anche componenti del SNPA e che fornisce da anni servizi di meteorologia operativa, sia a livello territoriale che nazionale.
L’Agenzia ItaliaMeteo e il Comitato di indirizzo per la meteorologia e la climatologia rappresentano un’opportunità preziosa e indifferibile per mettere a sistema, valorizzare, condividere e coordinare tutte le attività di meteorologia e climatologia operative in essere o da completare, in un’ottica e con le finalità di un servizio pubblico rivolto a tutti.
Gli ecosistemi vegetali e in particolare le foreste e i suoli agricoli sono un elemento chiave nelle strategie di mitigazione e di adattamento ai cambiamenti climatici. Rispetto alle strategie di mitigazione (riduzione delle emissioni di gas-serra), va segnalato prima di tutto che dalla distruzione delle foreste (10 milioni di ettari nel 2018) e più in generale dalla conversione da forme naturali e semi-naturali di uso del suolo a forme artificiali, si liberano in atmosfera circa 4,5 miliardi di tonnellate di CO2, che si aggiungono ai 37,1 miliardi di tonnellate di CO2 derivanti dalla combustione di carbone, petrolio e gas e dalla produzione di cemento. In questo senso, le misure di protezione per evitare la distruzione delle foreste hanno il duplice vantaggio di proteggere la biodiversità ed evitare l’emissione di enormi masse di gas-serra.
Inoltre, la vegetazione ha la capacità di assorbire CO2 attraverso la fotosintesi clorofilliana e, quindi, di sottrarla dall’atmosfera. La CO2 sequestrata viene quindi fissata per periodi che vanno da pochi mesi a molto decenni nelle foglie, nei rami, nel tronco, nella lettiera e nel suolo. In Italia la capacità fissativa delle foreste è pari a circa 35 milioni di tonnellate di CO2, in grado di compensare l’8% del totale delle emissioni nazionali (428 milioni di tonnellate di CO2).
Infine va ricordato il ruolo fondamentale che la conservazione e il ripristino di habitat naturali, quali aree umide e dune costiere, hanno nelle strategie di adattamento ai cambiamenti climatici e agli effetti degli eventi estremi, come dimostrano molti casi di successo.