Il Comitato Tagliamento Libero in relazione ai “bla bla” della riunione di lunedì scorso della IV Commissione del Consiglio Regionale
Lunedì scorso (04/11) siamo stati invitati come comitato Tagliamento Libero per avere illustrato il “documento preliminare all’avvio della progettazione, “al fine” come cita il documento del segretario generale “superare il campanilismo territoriale, “ribadire la necessità della compartecipazione dei territori”, “garantire minore impatto” e “maggiore sicurezza”, si apre così la nota stampa inviata dal Comitato che prosegue: “Il nostro movimento, nato per tutelare un ecosistema fluviale unico e per lottare per un territorio più giusto, ha accettato di partecipare non di certo per contribuire a legittimare un incontro che fin dalla data scelta e dalle sue premesse appare fazioso e ambiguo. E sicuramente non di certo perché avevamo bisogno di spiegazioni riguardo a una delibera, quella 530 del 17 aprile 2024, che conosciamo oramai a memoria.
L’ora delle presentazioni è passata da tempo, o per meglio dire non è mai iniziata in quanto a oggi nessun incontro pubblico è stato organizzato dalla Giunta nei territori che verrebbero coinvolti dalle Opere previste. Abbiamo accettato per contribuire a dare voce alla popolazione rivierasca e a tutte le persone che hanno a cuore il Tagliamento. Voce che è di vitale importanza che venisse riportata in questa aula dato il totale disprezzo e umiliazioni a cui le comunità friulane sono state sottoposte in questi mesi. Ultima delle quali la discriminazione operata da Questura e Regione verso gli esponenti del comitato Tagliamento Libero a cui, al di fuori della persona audita, è stato vietato di accedere all’aula. Comportamento ancora più grave visto che è stato messo in essere da chi dovrebbe garantire una corretta e trasparente informazione fin da prima della scelta dell’opera da progettare. Lunedì mattina si sono proferite tante parole. Centinaia di frasi sono rimbalzate tra le pareti del Consiglio regionale. Molti interventi, in particolare dei rappresentanti politici si sono soffermati ripetutamente sulle morti che un’alluvione potrebbe causare, altri come quelli dei rappresentanti della comunità scientifica sono stati lucidi e chiari. Si è parlato di tanto, si sono tirati di nuovo in ballo l’urgenza di fare qualcosa, il pericolo imminente e infine i morti dell’alluvione del ’66 e addirittura quelli di Valencia, sfruttati come fossero marionette da utilizzare come si preferisce. Si è continuato ad alimentare uno scontro tra le comunità della bassa friulana e il medio Friuli. Un odio che ha senso di esistere solo per chi vuole sfruttarlo per imporre opere, come già sottolineato più volte dagli esponenti della comunità accademica, inefficaci e insensate. Nessun bla bla può negare le semplici e chiare cause che stanno dietro a ogni alluvione, soprattutto di questi giorni:
1. Consumo e cementificazione di suolo
2. Tagli alla spesa pubblica in generale e quindi anche alla salvaguardia del territorio
3. Riscaldamento globale e cambiamento climatico, dovuti all’economia fossile
E nessun titolo sui giornali, nessuna ennesima invenzione utilizzata per raccogliere consensi nelle zone a rischio possono negare che le azioni di questa Giunta Regionale, e di chi amministra questo paese, non vadano minimamente a intaccare queste cause. I tagli alla spesa pubblica continuano, così come la cementificazione di suolo, mentre l’economia fossile domina minimamente coinvolta da programmi di transizione climatica lenti, parziali e socialmente ingiusti. Parallelamente si studiano decreti legge mirati a rendere qualsiasi protesta impossibile da mettere in pratica. E in questo contesto globale di crisi climatica, situazione difficilissima da gestire e affrontare, l’unica risposta che è stata proposta è un’ennesima Grande Opera Inutile, buona solo ad alimentare interessi economici e a peggiorare la crisi che stiamo già vivendo. Un’opera che fin dalla sua concezione nasce in un contesto di profonda opacità politica ed amministrativa; ambiguità che è andata di pari passo con l’arroganza e assenza di condivisione con cui questa Giunta Regionale ha provato ad argomentare una scelta indifendibile. Gli esponenti della comunità accademica hanno fatto dettagliati interventi sull’importanza unica dell’ecosistema Tagliamento. Numerose sono state anche le spiegazioni sui perché dell’inadeguatezza dell’unica opera presa in considerazione e che hanno fornito alternative migliori e meno impattanti. Come comitato abbiamo sottolineato che il ponte diga sul Tagliamento si inserisce su un territorio, quello friulano, fortemente sfruttato e a rischio. Una terra che ha bisogno di tutto fuorché di grandi opere finanziate dal capitale privato. Progetti che vanno a deviare fondi pubblici dalla salvaguardia e tutela del territorio. Gli esempi sono molteplici anche solo guardando l’anno appena passato: gli echi della battaglia vinta contro l’acciaieria risuonano ancora nell’aula del Consiglio Regionale, come quella contro l’inceneritore di Spilimbergo. Mentre altre come quelle contro l’inceneritore della Bioman a Maniago, l’ovovia a Trieste, il poligono di CAO Malnisio sono ancora in corso. Tutte queste vertenze hanno in comune l’appoggio incondizionato della politica di governo e il blocco imprenditoriale solidale a se stesso. Di fronte a queste azioni alle comunità e alla popolazione non resta che un’alternativa: Fermare le Grandi Opere Inutili, opporsi alla speculazione e alle mire delle Grandi Multinazionali e costruire un’alternativa che può essere fatta solo di comunità resistenti e solidali. Lo dobbiamo a tutte le persone che non abbiamo avuto e non avremo la possibilità di conoscere assassinate dall’inazione politica di fronte alla crisi climatica. Lo dobbiamo alla storia delle nostre terre, ai 1917 morti e ai 1300 dispersi di Erto, Casso e Longarone ammazzati dalla cupidigia della Sade e dalla complicità dello Stato. Lo dobbiamo a tutti i morti dei territori alluvionati italiani e di Valencia, morti di Stato della crisi climatica. Mai più. Dal Vajont in poi si sono sempre ripetute queste due parole. Mai più. Mai più mettere interessi capitalistici e privati di fronte al futuro del territorio; mai più svendere la vita delle persone per speculazione. Parole giuste e necessarie ma che troppo spesso si sono ridotte a formule aride da pronunciare di commemorazione in commemorazione mentre la cementificazione e lo sfruttamento indiscriminato delle comunità rimanevano la regola per tutto il resto dell’anno. In Aula è stata formulata una promessa da parte del comitato, una promessa rivolta alle personalità politiche presenti in questa sala e non solo, ai dirigenti della Regione, ai tecnici che lavoreranno ai futuri progetti e soprattutto a chi investe e specula sulle Grandi Opere Inutili:
“Sarà nostro vitale compito che il mai più non sia più una formula vuota ma la legge che ci accompagna. Ci siamo e ci saremo ogni volta che una Grande Opera Inutile e devastante minaccerà il territorio”. Il Tagliamento non è solo un patrimonio ecofluviale unico, uno degli ultimi fiumi liberi ma è la nostra casa.
Ha plasmato i nostri territori, fa parte della nostra cultura e ci ha reso le comunità che siamo. Garantire la tutela del sistema ecofluviale del Tagliamento non solo è possibile ma è anche l’unico modo per fornire il maggior livello di sicurezza possibile alle popolazioni a rischio. È ora di smettere di illudere con false sicurezze le popolazioni della bassa, false sicurezze date da soluzioni condannate dalla comunità scientifica e accademica. Iniziare un percorso realmente partecipato è necessario e quanto più urgente. La responsabilità sull’ignorare questo bisogno richiamato dagli amministratori e dai comitati è chiaro sia politica. Una responsabilità che ricade sulla Giunta Regionale”. Il comunicato termina con un “ammonimento”. “Non si vende una terra dove cammina un popolo. La Giunta FVG dovrà ricordarlo se deciderà di proseguire su questa strada”.