Il numero di profughi nel mondo continua ad aumentare, sono milioni ma per il governo Meloni il problema sono le Ong
Secondo l’alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (Unhcr), alla fine del 2021 le persone costrette a lasciare la propria abitazione a causa di persecuzioni, conflitti, violenza, violazioni dei diritti umani o di eventi che disturbano significativamente l’ordine pubblico sono state quasi 90 milioni, per il 41% minori. Di queste, circa il 30% erano rifugiati (per un totale di 27,1 milioni) e il 5% apolidi (4,3 milioni). Mentre la categoria più ampiamente rappresentata era quella degli sfollati interni, ovvero le persone costrette a lasciare la propria abitazione ma che non si spingono oltre i confini del proprio paese. Parliamo in questo caso di oltre 53 milioni di persone (più del 65% del totale).
Le persone in fuga sono in costante aumento
Il 2021 è stato un anno in cui numerose tensioni preesistenti si sono inasprite e in cui sono emersi nuovi conflitti.
È il caso ad esempio del reinsediamento dei talebani in Afghanistan, del conflitto nella regione etiope del Tigray e delle insurrezioni nella regione del Sahel centrale, soprattutto in Burkina Faso. A cui si aggiunge la recente presa di potere da parte dell’esercito in Myanmar e il persistere di conflitti come quello in Venezuela, in Siria, e in varie zone del continente africano (soprattutto Congo, Nigeria, Sud Sudan e Sudan).
Ma non ci sono soltanto i conflitti a costringere le persone a emigrare: la crisi climatica, come abbiamo raccontato in un altro approfondimento, da sola causa più sfollati di tutte le guerre e i conflitti messi insieme – pur rimanendo non ufficialmente riconosciuta a livello legale.
Nel corso dell’ultimo decennio è aumentato il numero di rifugiati (+154%), passati da 10,5 milioni nel 2011 a 21,3 nel 2021. Ancora più marcato l’incremento nel caso degli sfollati interni, passati da 17,7 a 51,3 milioni, (+230%). Più contenuto invece per quanto riguarda gli apolidi (+30%). Nel complesso alla fine del 2021 si contano 89,3 milioni di profughi, il 184% in più rispetto al 2012, quando erano 31,5 milioni.
Il 69% di queste persone proviene da soli 5 paesi. Prima tra tutti la Siria, con quasi 7 milioni di profughi. Seguono il Venezuela con 4,6 milioni, l’Afghanistan (2,7 milioni), il Sud Sudan (2,4) e il Myanmar (1,2). Se rapportati alla popolazione, è sempre la Siria ad avere più rifugiati (27.300 ogni 100mila abitanti), seguita da Sud Sudan (17.200) e Venezuela (13.800).
Per quanto riguarda invece chi ha dovuto lasciare il proprio paese, l’83% risulta essere ospitato in paesi a medio-basso reddito, e nel 72% dei casi ad accogliere gli sfollati sono i paesi limitrofi, illustrativo della tendenza a fare, laddove possibile, spostamenti ridotti.
Ottenere l’asilo continua a essere un processo difficile
Contestualmente all’incremento del numero di rifugiati, sfollati e apolidi, è gradualmente aumentato anche il numero di persone che hanno richiesto l’asilo in altri paesi. Se nel 2012 si trattava di circa 1 milione di persone nel mondo, nel 2021 la cifra è salita ben oltre i 4 milioni – un aumento pari al 450%.
Tuttavia l’esito più frequente delle richieste di asilo è, oggi come 10 anni fa, il rifiuto.
Una quota ancora oggi più elevata rispetto a quella di richieste accolte (34%), nonostante la situazione da questo punto di vista sia migliorata nell’ultimo decennio. Mentre per i restanti casi, il 9% ha avuto come esito la protezione sussidiaria – con cui l’Unhcr indica tutte le forme di protezione che non rientrano nella convenzione del 1951 – e il 21% si è chiuso in altro modo.
Nel corso del decennio si è ridotta la quota di richieste di asilo che sono state rifiutate (passata dal 51% al 37%). Specularmente, è lievemente aumentata quella di richieste accolte (dal 21% al 27%). La protezione sussidiaria è invece rimasta sostanzialmente invariata, attestandosi sempre tra il 7% e il 10%.
Sono quindi oltre 326mila le prime richieste di asilo che nel 2021 sono state respinte. A fronte di meno di 308mila che invece sono state accolte.
Una componente molto importante è quella delle richieste conclusesi in altro modo, ovvero non nel rifiuto ma nemmeno con una qualche forma di protezione. Sempre superiori al 20% della quota totale (tranne nel 2015, quando sono state il 19%), hanno addirittura raggiunto il 41% nel 2016. Si tratta, come spiega l’Unhcr, di casi in cui i richiedenti asilo non si presentano ai colloqui oppure decedono durante il processo, o ancora casi che vengono chiusi per ragioni amministrative. (fonte Unhcr e Aise)