In libreria in questi giorni il nuovo volume del Centro Gasparini “La X MAS al Confine Orientale”

Esce in questi giorni un nuovo volume del Centro Gasparini, il numero 83 della collana editoriale dell’istituto: “La X Mas al confine orientale” di Luciano Patat. Il volume è stato realizzato con il contributo dei comuni di Gradisca e Ronchi, dell’Anpi regionale e della Fondazione “Valmi Puntin”.
L’autore ricostruisce la presenza della X Mas nelle nostre zone attraverso i documenti della Repubblica sociale italiana e quelli degli occupanti tedeschi, conservati negli archivi di stato e in quelli della marina e dell’esercito. Documenti integrati dalle sentenze dei processi celebrati nel dopoguerra. E’ un libro importante perché anche nel caso delle azioni della X Mas così come per altre pagine del nostro Novecento, una memoria parziale, legata al nazionalismo italiano, l’ideologia dominante tra gli effettivi di questa formazione militare, ha preso il posto che spetterebbe alla ricostruzione storica.
Documenti fascisti e nazisti rivelano che i militi che arrivano al Confine Orientale non sono i guastatori addestrati a compiere colpi di mano nei porti nemici che avevano suscitato l’ammirazione degli alleati come dei tedeschi. Sono invece volontari arrivati spesso da reparti della RSI da cui hanno disertato, attratti da una paga molto superiore e da una serie di privilegi concordati direttamente con i tedeschi dal principe Borghese.
Militarmente impreparati al confronto con le truppe alleate finiscono con il venire utilizzati in funzione antipartigiana rendendosi colpevoli di crimini efferati contro i partigiani e la popolazione civile anche nel pordenonese e nel trevigiano.
Nel nostro territorio sono paradossalmente i tedeschi a frenarne la violenza per calcolo politico ma ugualmente si lasciano alle spalle una lunga serie di ruberie e violenze gratuite soprattutto ai danni della popolazione di lingua slovena. Nella lotta contro le formazioni partigiane evidenziano la propria insufficiente preparazione militare e vengono duramente sconfitti.
Politicamente scomoda per il costante conflitto con i collaborazionisti sloveni e militarmente inadeguata, la milizia privata del principe Borghese viene presto allontanata dal Litorale Adriatico dalle stesse autorità tedesche. Rimangono i “peggiori”, i torturatori e gli assassini di Palmanova e altre piccole bande a cui si affidano i compiti più “sporchi”. I processi del dopoguerra vedono gli imputati, quasi tutti riconosciuti colpevoli di omicidi e torture, scontare realmente solo pochi anni di carcere. Il lavoro di Luciano Patat ha quindi anche il significato di un riconoscimento morale, parziale quanto tardivo, alle vittime e ai loro famigliari ma soprattutto è un libro che vuole costringere a riflettere e contribuire ad impedire che una pagina di storia dolorosa venga nascosta o falsificata.

 

Gino Furlan, nella sua testimonianza contenuta nel DVD “Frammenti di memoria – testimonianze di tre partigiani aquileiesi” – realizzato nel 2017 dalla Sezione dell’ANPI di Aquileia e dalla Fondazione “Valmi Puntin” – riferisce che tra i giovani aquileiesi convocati a Udine col miraggio di essere destinati alla Milizia territoriale, tutti fuggiti, in varie fasi, per raggiungere le bande partigiane operanti nel Collio Friulano e Sloveno, c’era anche il giovane aquileiese Valmi Puntin, nato il 25.4.1925 (nome di battaglia Angelo).
Valmi proviene da una famiglia contadina (coltivatore diretto) di ispirazione antifascista. Suoi genitori sono Angelo e Eufemia Tumburus.
Gastone Andrian precisa nella pubblicazione “Volti, strumenti e documenti di una memoria (DIABASIS, 2004) – vol. II, pag. 31” che Valmi Puntin era inquadrato nel Battaglione d’Assalto Mazzini, di cui fu anche comandante di compagnia.
Valmi prese parte ai combattimenti, nei mesi che precedettero la sua uccisione, a Selva di Tarnova dove i nazisti tedeschi nel dicembre 1944 avevano deciso di sferrare un colpo mortale ai partigiani sloveni del IX Corpus ed alle formazioni dei partigiani garibaldini mediante “l’Operazione Aquila”.
In quell’area i nazisti schierarono il Battaglione Fulmine (spietati volontari italiani della X MAS), le formazioni spagnole (Divisione Azzurra), i Domobranci e Cetnici Yugoslavi, oltre a reparti tedeschi. Le informazioni che ci giungono affermano che Valmi è stato ferito durante gli scontri, fatto prigioniero e quindi ucciso.
L’atto di morte steso il 26.7.1945 dal Corpo Volontari della Libertà, Raggruppamento Divisioni Garibaldine del Friuli, Comando Divisione d’Assalto Garibaldi – Natisone, dichiara che Valmi Puntin, è morto in combattimento a Tarnova il 7.2.1945.
La firma dell’atto è del Commissario politico Vincenzo Marini (Banfi) e del Comandante Mario Fantini (Sasso). Il Cappellano militare don Giulio (Luigi Piccini) attesta il decesso e che la salma è sepolta in località Tarnova. Successivamente i cognati Miro Lepre e Giusto Fogar (membro del CLN di Aquileia) prelevarono il corpo che fu trasferito nel cimitero comunale di Aquileia.
Dalla documentazione raccolta nel 2014 dal pronipote Alessio, e dalle testimonianze avute durante conversazioni con la bisnonna Vilma, sorella di Valmi, emerge che i funerali hanno avuto luogo lunedì 14 maggio 1945, alle ore 17.00, muovendo dalle porte di Aquileia.
Dopo il 25 aprile 1945 la sezione dell’ANPI di Aquileia propone al Comune di intestare una strada a Valmi Puntin (attualmente vicolo Valmi Puntin, che incrocia via Giovanni Minut). Col 1^ gennaio 2008, il patrimonio ideale e materiale proveniente dal PCI di Aquileia confluisce nell’Istituto Civico
Aquileiese denominato “Fondazione Valmi Puntin –Casa del popolo” e la scelta del nome di per sè sottolinea il carattere antifascista dell’organizzazione. Nella Bassa friulana orientale e ad Aquileia durante l’occupazione tedesca si diffonde in particolare la cattiva fama del volontario della X Mas, il triestino Remigio Rebez, in forza nella famigerata Caserma Piave di Palmanova, personaggio tristemente noto per la sua brutale crudeltà.
Rebez tortura civili e partigiani nel centro repressivo di Palmanova e partecipa attivamente a rastrellamenti e azioni repressive contro le famiglie dei partigiani nel territorio della Bassa Friulana, in particolare in seguito alle spiate dei collaborazionisti. La sua presenza, assieme alla banda Ruggero pure operante alla Caserma Piave, è segnalata nello scontro con caduti avuto nei casolari contadini della frazione Ronchi oggi in Comune di Terzo di Aquileia. I crimini compiuti dal sergente Rebez e degli altri repressori e torturatori nei territori della Bassa Friulana e all’interno della caserma Piave di Palmanova, emergono con forza nelle testimonianze dei partigiani e nel ricordo degli abitanti più anziani. Ora che le testimonianze dirette per ragioni temporali sono sempre meno numerose, per le istituzioni, per le associazioni, per le scuole, per i centri di ricerca rimane il compito di far conoscere a chi ha avuto la fortuna di nascere in una stagione di pace, la tragica storia avvenuta nel nostro territorio nel corso dei primi 50 anni del ‘900. La Fondazione “Valmi Puntin” lieta del lavoro di ricerca del Centro “Leopoldo Gasparini” di Gradisca d’Isonzo, ha deciso convintamente di sostenere lo sforzo editoriale per la pubblicazione del volume La X MAS AL CONFINE ORIENTALE, autore Luciano Patat, ove nella prefazione e nel libro compare la figura del giovane partigiano aquileiese Valmi Puntin.