Intelligenza artefatta
Non è mai elegante sostenere “io lo avevo detto”, ma un dato di fatto rimane tale. Al di là di questo, a titolo personale, credo sinceramente che non fosse necessario un grande acume o un fiuto da segugio per capire che quanto avvenuto il 7 Ottobre non potesse rappresentare quell’enorme falla nel sistema di sicurezza israeliano che tutti si erano affrettati a sottolineare. Figuriamoci se i vari servizi civili o militari di Tel Aviv si sarebbero potuti far sfuggire quanto Hamas da tempo stava tramando; perché è altrettanto chiaro che un’operazione del genere non si sarebbe potuta mettere in piedi in poco tempo e aveva bisogno di un’organizzazione dettagliata e precisa, nonché di mezzi e di un numero di persone le cui mosse non potevano risultare normali a qualsiasi osservatore ed alla rete di informatori che Israele ha sempre avuto nella Striscia. Ora, nientemeno che il NYT (New York Times) sostiene di avere avuto accesso a documenti che provano con chiarezza che l’intelligence israeliana era al corrente di quanto si stava mettendo in piedi almeno da un anno. L’autorevolezza di quel quotidiano che sicuramente è in grado di ricevere informazioni e veline dalle alte sfere, dimostra senza troppi dubbi che la notizia, peraltro non smentita dagli organi israeliani, può essere considerata vera.
E fino a qui, pare siano tutti d’accordo; c’è però un dettaglio che ancora non convince e mi riferisco alla rilassatezza con cui i servizi, i quadri militari nonché il governo hanno trattato la faccenda ritenendo quelle importanti informazioni poco attendibili. Un Paese che vive nella continua paranoia di essere sotto attacco, non si capisce per quale motivo avrebbe dovuto sottodimensionare una notizia del genere per poi farsi trovare impreparato di fronte all’operazione di Hamas. Hamas che in teoria sarebbe il peggior nemico dello Stato ebraico, ma che in realtà è sempre stato tollerato se non addirittura foraggiato da Israele in modo da creare un motivo di tensione, separare politicamente la Striscia di Gaza dalla West Bank e di creare i presupposti per le varie invasioni che negli ultimi vent’anni hanno puntualmente colpito e reso la popolazione di Gaza sempre più prigioniera delle decisioni e delle volontà di Tel Aviv.
Tenendo conto della qualità dei vari personaggi che ricoprono i vari ministeri, dell’influenza che la cricca dei coloni (degnamente rappresentati nel governo) esercita sul governo e che il presidente del consiglio è un tipaccio che appena metterà il naso fuori dalla sua carica con ogni probabilità dovrà affrontare la giustizia e auspicabilmente finire in galera, non si può escludere che quanto successo il 7 Ottobre poteva anche rappresentare un buon alibi per mettere fine al “problema palestinese”. Nella West Bank fanatici coloni avrebbero avuto via libera ricevendo (come successo) armi direttamente dal “loro” ministro Ben Gvir naturalmente per difendersi dai contadini palestinesi, approfittando della situazione per moltiplicare i raid contro la popolazione locale e per continuare ad impossessarsi delle loro terre cacciandoli dai loro villaggi. Con le buone, o preferibilmente con le cattive. Magari qualcuno potrebbe approfittare per spiegare alla Meloni cosa significhi veramente sostituzione etnica”, ma questo è altro discorso.
Che Gaza rappresentasse un problema che prima o poi Israele avrebbe voluto affrontare è altrettanto evidente e dunque quale migliore occasione per appellarsi al massacro di Hamas ed organizzare una bella spedizione punitiva che risolvesse una volta per tutte la spinosa questione? Ecco, per questi motivi io sono tuttora piuttosto convinto che quanto emerso in questi giorni in maniera ufficiale sia un’interpretazione parziale di quanto in realtà successo o lasciato succedere.
Ciò che sta accadendo in questi quasi due mesi di violenza inaudita, di macelli sistematici, di distruzione metodica delle città, delle infrastrutture, degli ospedali, delle scuole, e in ultimo dei presunti rifugi in cui centinaia di migliaia di persone sono state ammucchiate in condizioni disumane, cacciandole dalle loro (ex) case, scuole, ospedali, tenendole senza acqua, cibo, elettricità, ripari che in questa stagione sarebbero indispensabili, non può che portare ad una unica soluzione. Una nuova Nakba, una nova cacciata dalle loro proprietà disperdendo la gente in terre desertiche senza un futuro. Il meccanismo sarebbe perfetto.
C’è nell’azione di Israele un cinismo estremo che non è altro che la conseguenza di quanto fino ad oggi è stato abituato a fare nella totale indifferenza di chi avrebbe potuto porre un limite alla prepotenza di quello Stato, ma che mai si è mosso e su cui cade buona parte della responsabilità di quanto sta accadendo.
E di conseguenza, Hamas e i palestinesi, quale tattica e quale alternativa avrebbero potuto adottare in un contesto in cui nessuno, nemmeno i suoi potenziali alleati arabi, si stavano curando minimamente di loro se non quella di una disperata e folle impresa? Inoltre, negli ultimi tempi gli accordi di Ibrahim avevano avvicinato Israele e Emirati, Bahrein, Marocco, Sudan, e in un futuro prossimo avrebbero probabilmente coinvolto anche l’Arabia Saudita e altri attori dell’area ponendo la definitiva pietra sulla questione palestinese. Col senno di poi e viste le conseguenze dell’attacco indiscriminato di Hamas che sta costando un prezzo altissimo alla popolazione civile non solo di Gaza ma anche della Cisgiordania, il dubbio che Israele potesse anche ignorare deliberatamente le informazioni su quella sanguinosa iniziativa, come minimo rimane. Ma ancora, quando mai l’attenzione del mondo si sarebbe altrimenti potuta attivare nei confronti di quella povera gente? È mai possibile che per far sentire la propria voce, un popolo debba passare attraverso ventimila e passa morti e la distruzione di intere città e villaggi? Se ci trovassimo noi nei panni dei palestinesi che da settantacinque anni sono costretti alla cattività e agli umori di chi ha diritto di vita e di morte nei loro confronti, come reagiremmo? Esiste un limite alla sopportazione e prima o poi non se ne può più; Hamas non è altro che la diretta (e provocata) conseguenza delle continue nefandezze che i vari governi israeliani hanno perpetrato sulla pelle dei palestinesi in tre quarti di secolo. È mai possibile non riuscire a capire che la repressione dei diritti anche basilari di qualsiasi popolazione non può che portare a queste conseguenze ed azioni; è successo sempre così o peggio, basterebbe guardarsi attorno. È chiaro che favorire la nascita di un nemico importante fa il gioco di chi impone i propri privilegi per definire terroristica qualsiasi azione di ribellione e auto giustificare la più violenta, cinica e criminale azione di repressione fregandosene di qualsiasi critica nella convinzione e la sicurezza della totale impunità.
La totale mancanza di indipendenza dell’informazione si dimostra nel fatto che mentre le immagini chiarissime che ci arrivano grazie all’operato dei giornalisti locali (non mi piace il termine eroi, ma se proprio lo si deve usare, bene questo si deve adottare per loro e per i circa cinquanta di loro che sono stai assassinati) e di poche reti televisive internazionali ancora attive “sul campo” non dovrebbero lasciare dubbi sulla ferocia e sulla nefandezza dei crimini che Israele sta commettendo nei confronti dei civili palestinesi con la scusa di eliminare Hamas, i media mainstream (praticamente quasi tutti) continuano a descrivere quel macello come un diritto di Israele alla difesa. Al di là del fatto che proclamare l’intenzione di eliminare totalmente Hamas è di per sé una sciocchezza enorme, se solo si vuole definire seriamente la natura di quell’organizzazione. Ma ovviamente non sono solo i media ad apparire opachi e tendenziosi, la politica fa certo la sua porca parte se si considera che il massimo che gli USA sono riusciti ad esprimere di fronte alla mattanza di Gaza è stata la richiesta di limitare un po’ (mica tanto, si intenda) le morti dei civili; la EU si limita a qualche uscita estemporanea di qualche suo rappresentante, ma niente di che possa apparire eccessivo. L’effetto di tali posizioni è palese se, si come si vede, Israele per tutta risposta ha intensificato i bombardamenti provocando un numero di vittime proporzionalmente maggiore rispetto alla fase precedente. Davvero una prova di forza e carattere, complimenti ai nostri rappresentanti. Lasciamo perdere i supposti amici ed alleati arabi o turchi che se prendono qualche posizione di condanna, è solo perché devono in qualche modo tenere a bada i propri cittadini, mentre sottobanco continuano a fare affari con Tel Aviv. Nemmeno da commentare il ruolo del TPI e del suo massimo rappresentante, Karim Khan che recentemente ha incontrato alcuni ministri palestinesi a Ramallah; uno dei ministri intervistato su Al Jazeera e di fronte alla domanda se le dichiarazioni di Khan che promettevano l’apertura di un’indagine potevano essere ritenute in qualche modo credibili, ha risposto solo con un sarcastico e amaro sorrisetto.
Nel frattempo Israele continua a disseminare Gaza di volantini (mescolati a quantità industriali di bombe) in cui si intima alla popolazione di spostarsi verso su per evitare di essere colpiti e massacrati. Peccato che per quanto i palestinesi provino a muoversi verso le cosiddette aree sicure, le bombe li seguano senza pietà. Come andrà a finire non s sa, ma sicuramente quando prima o poi ciò avverrà, ci sarà di che profondamente vergognarsi per non avere realmente impedito questo macello. Si dovrà, anche se probabilmente non accadrà, spiegare a quelle centinaia d migliaia di giovani, soprattutto agli orfani che dovranno crescere senza i genitori e che una volta grandi dovranno rinunciare ad una qualsiasi giustizia ufficiale e che l’aver maturato quella sete di rivalsa per essere stati vittime di tutta quella violenza non potrà sfociare nella giusta rivendicazione dei propri diritti se non a rischio di essere considerati terroristi dopo averlo subito, il terrorismo.
Ed Israele sostiene di volersi liberare una volta per tutte di Hamas…. a chi si rivolgeranno in futuro questi bambini in mancanza di altre speranze?
Docbrino