Ispezione ministeriale, per Riccardi è solo una questione di “clima”. Forse è vittima di “autoinganno” e ci crede davvero
Chi ha avuto l’occasione di ascoltare gli interventi dell’assessore alla salute del Fvg Riccardo Riccardi sa bene come difficilmente la sua oratoria sia dimessa, in genere è aggressivo, polemico e con una ironia pungente difficilmente elegante. Ovviamente queste sono valutazioni soggettive e quindi fallibili. A qualcuno probabilmente piacerà il suo modo ruvido di intendere i rapporti sindacali, il suo modo padronale di intendere il suo incarico politico, immedesimandosi nell’istituzione o meglio pretendere da sottoposti e perfino oppositori che l’immedesimazione venga riconosciuta e osannata. Ovviamente tali comportamenti ed atteggiamenti gli hanno molto spesso provocato le antipatie di molti e non solo da parte degli avversari. Ma in realtà alcuni successi nel popolo di yes-man di cui ama attorniarsi, spesso pronti ad immolarsi, lo devono aver convinto della sua semi-onnipotenza. Quanto invece andato in scena oggi nel corso della discussione sulla in consiglio regionale, almeno nella breve parte relativa alla vicenda delle ispezioni ministeriali, mostra, a nostra sensazione, un Riccardi reticente nei contenuti ma dimesso nei toni, quasi sofferente. Sinceramente ci preoccupa. Forse è consapevole che la sua autodifesa questa volta è molto carente tanto da portarlo a raccontare più di una favoletta, come se gli interlocutori davanti a se, non avessero letto il testo degli ispettori ministeriali. Lui invece ne ha dato una libera, liberissima, interpretazione, che nella sua testa è evidentemente quella autentica, concentrata addirittura in una unica parola, a suo dire il vero fulcro di tutta la vicenda. Riccardi infatti si è soffermato sulla parola “clima” ma interpretandola in maniera ampia e totalizzante e non relativa a fatti specifici come la semplice lettura del testo ministeriali dimostra in maniera lampante. Preoccupa che quello che ha detto è completamente slegato dalla realtà di quel testo, tanto che avrebbe potuto parlare con la medesima efficacia e non attinenza al tema, del clima come elemento meteorologico. Le sue parole su pioggia, veneto e temperature, sarebbero state ugualmente astruse rispetto alla realtà della discussione ministeriale. Ma vediamo cosa ha effettivamente e testualmente detto Riccardi: “Non voglio parlare del rapporto ministeriale, ci sarà modo di farlo fino in fondo perché qui ognuno pensa di avere la sua ragione c’è una cosa che del rapporto non si è detta il rapporto parla di clima, di clima quando va negli ospedali se la responsabilità politica è di fare parlare i professionisti e questi baruffano, perché lo dice la relazione degli ispettori e non io, io credo che ognuno di noi abbia la quota parte da dedicare a questo il tema del clima non è tema banale soprattutto quando si parla di rimozioni, di gente che per due anni taglia nastri sappiamo tutti che la prima ora della giornata dobbiamo andare a leggere cosa dicono di te e non credo che questo aiuti il clima non voglio dilungarmi su questo perché sicuramente avremo modo di tornarci”. Insomma quanto accaduto e registrato dagli ispettori lo vede estraneo a prescindere, è tutta colpa dei professionisti che baruffano. Ma cosa ha scatenato nel verbale di tre pagine l’ira funesta del “Pelide” Riccardi? Il paragrafo incriminato è l’ultimo e dice testualmente: “Infine, si suggerisce di rivedere le azioni atte al miglioramento del clima organizzativo per entrambi i Presidi e la revisione dei protocolli di rischio alla luce delle modifiche nella gestione dei posti letto di terapia intensiva e sub-intensiva per entrambi gli Ospedali con attività di revisione periodica, fatta con gli operatori sanitari, di quanto previsto della L. 24/2017 sulla valutazione del rischio”.
Insomma dato che gli ispettori suggeriscono “di rivedere le azioni atte al miglioramento del clima” Riccardi ha dedotto che il vero problema, non fossero i dati farlocchi o le altre criticità emerse, nei paragrafi precedenti fin dalle prime righe, ma fosse il rapporto fra “professionisti che baruffano”. Insomma l’assessore e vice di Fedriga, è andato fuori tema in un patetico tentativo di “scarica barile”. Ma c’è un dubbio che serpeggia, se Riccardi, magari per stanchezza, ha fatto quella lettura del testo offuscato da una sorta di analfabetismo funzionale di ritorno? Noi non ci crediamo. Qualcuno invece suggerisce, maliziosamente, che vi sarebbero nell’assessore segnali pericolosi, con comportamenti di astrazione dalla realtà documentale o in odore di inconsapevole mitomania. Mitomania intesa come manifestazione psicopatologica caratterizzata dal ricorrente bisogno di distorcere la realtà, elaborando intenzionalmente scenari fittizi poco probabili allo scopo di proteggersi dal giudizio altrui accrescendo nel contempo la propria autostima. Anche se noi non siamo certo esperti di questa delicata materia, ma solo osservatori e al massimo talvolta ironici cazzeggiatori, riteniamo questa tesi sia da respingere. Quello del mitomane secondo noi non è il profilo giusto per Riccardi che potrebbe rientrare invece nella cosiddetta e più sottile sindrome dell’autoinganno. Insomma chi soffre di questa criticità caratteriale che si lega spesso al potere, ne è inconsapevole. E’ un ballista seriale, ma quasi a sua insaputa. Vi è infatti una differenza tra la bugia raccontata con lucida consapevolezza e l’autoinganno. Nella prima, la persona, è consapevole di non dire la verità. Nell’autoinganno, invece, dopo un caotico ingorgo mentale, si accetta come verità una realtà comoda e risolutiva anche se è falsa. Ma l’autoinganno a sua volta si divide in funzionale, che si osserva in situazioni nelle quali la persona mente a se stessa cercando di convincersi che la sua decisione è quella giusta, e consolatorio, fattore che offre una protezione all’autostima e all’ego. Ci fa credere insomma che niente di quello che succede sia colpa nostra, di essere vittime della situazione e che per far quadrare il puzzle tutto sia lecito. Un profilo che sembra calzante con il nostro assessore, ma che crediamo sia soprattutto conseguenza del gran lavoro cui è sottoposto per il suo ruolo nella salute e nella Protezione civile. Una cosa infatti non si può rimproverare a Riccardi, e cioè di non essere un presenzialista gran lavoratore anche se al momento giusto quando le cose si mettono male sfugge come una anguilla. Ma ovviamente è sulla qualità del suo lavoro, sulla sua idea di sanità padronale che si dovrebbe discutere, ma non certo con lui, convinto com’è di non sbagliare mai e che quando malauguratamente ciò avviene, si tratta di questioni meteorologiche, pardon di clima.
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