“La dignità non ha età: come riconoscere l’autonomia dei minori”. Primo evento formativo del Nucleo Etico per la Pratica Clinica del Burlo
Garantire la dignità e, per quanto possibile, l’autonomia dei minori che si trovano a dover affrontare percorsi di cura più o meno complessi e impegnativi, coniugandola con il rispetto della responsabilità genitoriale è una delle sfide etiche più attuali con le quali il mondo medico si trova a doversi confrontare. Il tema è stato al centro del primo evento formativo organizzato dalla nuova dirigenza del Nucleo Etico per la Pratica Clinica (Nepc) dell’Irccs Materno Infantile “Burlo Garofolo” con il patrocinio dell’Unesco. Ha aperto l’incontro, il direttore generale del Burlo, Stefano Dorbolò che nel suo intervento ha sottolineato il fatto che «tutti noi nel corso della vita siamo chiamati a fare scelte e quando facciamo una scelta scegliamo una strada che ha delle ricadute sul nostro futuro. L’obiettivo di questo convegno – ha proseguito – è provare a porre una riflessione quando la scelta riguarda la salute e più in particolare quando la scelta riguarda la salute di piccole creature. Quando cioè questa scelta, già difficile di per sé, si trova anche pesantemente condizionata da una complessissima configurazione organizzativa, tecnica e giuridica ancorata a processi, protocolli clinici e regole molte volte rigidissime. E dentro questa giungla organizzativa camminano i professionisti, i piccoli pazienti e le loro famiglie con tra le mani qualche volta la fragilissima e delicatissima esistenza di una persona e un grande punto di domanda sulla decisione da prendere e sul suo futuro. All’interno della cornice dell’imponderabile – ha continuato Dorbolò – abbiamo però il dovere di provare a dare contenuti e punti di riferimento per chi ha il difficile compito di decidere. Ritengo, dunque, molto importante focalizzare l’attenzione sulla persona minore d’età, sulla sua dignità, la sua autonomia e i suoi diritti e al contempo sulla responsabilità genitoriale e sul concetto di bioetica, chiarendo anche il ruolo del nostro Nucleo Etico per la Pratica Clinica che vuole essere di supporto nella ricerca della migliore direzione da trovare. Nel dare una chiave di lettura, nel dare un orientamento, nell’indicare una possibile strada alle scelte delicatissime che dobbiamo operare in certe situazioni. Cercando – ha proseguito – il Direttore Generale dell’Irccs triestino – di promuovere il confronto con i professionisti, l’ascolto dei pazienti e per quanto possibile la condivisione delle decisioni». Continuando e cogliendo l’occasione della presenza all’incontro dei vertici regionali, Dorbolò ha, quindi, proposto, «per dare un senso al ruolo del Burlo come riferimento in area materno infantile», la candidatura del Nucleo Etico per la Pratica Clinica del Burlo «quale riferimento regionale per il supporto che può dare anche agli altri ospedali regionali per le tematiche di bioetica in questo ambito. Credo – ha concluso – che i professionisti che ne fanno parte abbiano tutte le competenze e le conoscenze per poter supportare questa risposta a un bisogno sempre più sentito del nostro Servizio Sanitario». Successivamente il Direttore della Cattedra di Bioetica e diritti umani dell’Unesco, decano della facoltà di Bioetica dell’ateneo pontificio Regina Apostolorum di Roma, professor Alberto Garcia Gomez ha portato i suoi saluti e sottolineato la validità dell’incontro ribadendo l’importanza di rivolgersi alla popolazione in generale per sensibilizzarla sulle tematiche bioetiche, richiamando tre tematiche fondamentali quali quella della dignità della persona in generale, quella della dignità della persona minore vista come persona con diritti e necessità specifiche e quella del criterio di giustizia laddove il criterio giuridico del “a ciascuno il suo” fa intendere che anche la persona minore deve veder rispettati i propri diritti in un’ottica di perequazione e di equità nell’accesso alle cure ovunque nasca e si trovi. È, quindi, intervenuta la dottoressa Gianna Zamaro, direttore centrale della Direzione centrale salute, politiche sociali e disabilità della Regione Friuli Venezia Giulia che ha portato i saluti della Regione sottolineando l’importanza dell’iniziativa formativa organizzata dal Nepc. «Il tema degli adolescenti e della loro posizione rispetto alle malattie – ha spiegato, quindi, Paola Ponton, presidente del Nepc del Burlo nella sua relazione – sta assumendo sempre maggior rilevanza. Assistiamo, infatti, a una trasformazione culturale e anche lessicale del concetto di minore, tant’è che oggi si parla di persona minore d’età e non più di minorenni, minori o bambini e si afferma sempre più l’idea del coinvolgimento delle persone minori d’età nel percorso di cura, ovviamente in modo adeguato all’età, alle competenze, alla situazione clinica, ma in un progressivo coinvolgimento del minore d’età, pensato come una persona con la sua identità e con il diritto di avere le informazioni adeguate per maturare processi decisionali condivisi con i genitori. Per questo motivo abbiamo ritenuto opportuno – ha chiarito – scegliere questo argomento per il primo corso formativo organizzato dal nostro insediamento nel luglio scorso, mettendo insieme una serie di interventi, testimonianze e riflessioni bioetiche e lavori di gruppo che simulano un dibattito all’interno di un comitato di bioetica. Uno dei mandati principali dei Nepc – ha concluso – è quello legato alla formazione dei membri del comitato stesso, dei colleghi, ma anche della cittadinanza e degli interlocutori sociali e civili. Ci auguriamo che questo appuntamento diventi annuale e ci permetta, di anno in anno, di affrontare temi di interesse generale». Nel corso dell’incontro ha, infine, portato la sua testimonianza, Bianca, una ragazza affetta da fibrosi cistica che, arrivata in Italia all’età di tre anni, dopo essere stata in cura a Roma, dall’età di 16 anni è seguita al Burlo. «Il mio percorso di cura al Burlo – ha affermato Bianca, oggi quasi ventenne – fin dall’inizio si è sviluppato con una grande attenzione del personale medico e infermieristico alle esigenze e aspettative mie e degli altri pazienti. Sfortunatamente – ha aggiunto – io sono stata un paziente con bisogno di check up e di terapie in endovena abbastanza frequenti e, quindi, sono entrata in contatto anche con il reparto di degenza in pediatria e anche in quel caso ho avuto un trattamento molto buono. Il personale è sempre venuto incontro sia a me, sia ai miei genitori e le terapie mi hanno sempre permesso di uscire dal reparto “come nuova”. L’esperienza generale, dunque, è sempre stata molto positiva e mi ha garantito progressivamente un grande salto nella qualità della vita. Per quanto riguarda nello specifico la cura – ha proseguito Bianca – fin da piccola sono sempre stata molto coinvolta e arrivata al Burlo, essendo già più grande, sono stata coinvolta maggiormente anche nelle decisioni sulle terapie. Mi veniva, infatti, sempre chiesto se mi trovavo bene con una data terapia, se volevo provarne altre e in ogni momento il personale mi veniva incontro e cercava di facilitarmi al massimo la vita. Il cambiamento negli anni per me è stato molto positivo e mi sento un’altra persona. Come pazienti sottoposti a una terapia continuativa – ha concluso – si vivono molti alti e bassi ed è importantissimo sentirsi ascoltati, aver la libertà di dialogare con il personale medico esprimendo la propria opinione anche su metodi di cura e l’efficacia delle terapie».